giovedì 30 giugno 2011

ESCLUSIVA "IL MATTINO" / INTERVISTA A PUPETTA MARESCA

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 25 giugno 2011)

La commozione è stata forte, fin quasi a farla sentir male. Perché incontrare sul set di una fiction televisiva l’attrice che sta interpretando la tua vita può provocare spaesamento e far soffrire. Soprattutto se quella vita, come nel caso di Pupetta Maresca (qui, in una foto d'epoca), è stata segnata irrimediabilmente dalla violenza. Il set in questione è quello romano lungo la via Cassia, dove il regista Luciano Odorisio ha appena iniziato a girare Pupetta, la ragazza con la pistola: quattro puntate che andranno in onda l’anno prossimo su Canale 5 e che vanno da comporre, fin da adesso, una tra le fiction più attese della nuova stagione catodica.
Ieri mattina, in una pausa delle riprese, c’è stato l’atteso incontro tra la protagonista Manuela Arcuri e la vera Assunta Maresca, da sempre nota come Pupetta, una donna che a modo suo ha fatto epoca, fin dall’omicidio del killer di suo marito (il camorrista Pasquale Simonetti detto Pascalone ‘e Nola), compiuto a metà anni Cinquanta, quando era poco più che ventenne e incinta di sei mesi; per passare, poi, attraverso la condanna a diciotto anni di carcere; la grazia concessale nel 1965; la storia tormentata con l’altro boss Umberto Ammaturo; la clamorosa conferenza stampa del 1982 nella quale sfidò, in piena guerra di camorra tra Nuova famiglia e Nuova camorra organizzata, il boss rivale Raffaele Cutolo; la sentenza del 1986, nella quale la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli la indicò ufficialmente come appartenente alla camorra e affiliata alla Nuova famiglia, ordinandone la confisca dei beni. “Rievocare tutte queste cose – racconta Pupetta Maresca – mi fa soffrire molto ancora oggi. Anche per questo, durante la visita sul set mi sono quasi sentita male e mi sono commossa. Vedere un’altra persona ricostruire certi episodi e interpretare la mia vita è stata un’esperienza forte”.
Pupetta Maresca è stata coinvolta nella lavorazione fin dall’inizio. “Mi hanno fatto leggere la storia – spiega – e ho chiesto di modificarla in alcuni punti che mi sembravano troppo romanzati. Ho cercato di far capire innanzitutto ai produttori, al regista e alla Arcuri chi era la vera Pupetta, al di là dell’immagine pubblica che mi è stata costruita addosso. Perché io penso di essere stata anche infangata e spero che questa fiction possa contribuire a far capire alla gente chi sono stata veramente”. La materia, però, è delicata e controversa, poiché quando si portano all’interno di opere romanzate figure reali legate alla malavita si rischia, in qualche modo, di giustificarle. “Ma è lo stesso rischio – sottolinea la protagonista Manuela Arcuri – presente in tutti i lavori di questo tipo. Noi, comunque, vogliamo raccontare la Pupetta figlia e sorella sottomessa, finita in collegio per lo spirito ribelle; e poi la donna per quei tempi eccezionale per vigore e determinazione: non una donna di boss, ma lei stessa un capo, un personaggio senza dubbio affascinante, seppure nel male”.
Ma cosa pensa la vera Pupetta Maresca dell’attrice che la impersona sul piccolo schermo? “Per quanto riguarda la somiglianza fisica, lei è più alta di com’ero io. Comunque, si tratta di un’attrice già affermata, che sta lavorando bene e che credo riuscirà a ottenere un buon risultato. Anche perché è diretta da un regista esperto”. “Pupetta – aggiunge, quasi a risponderle, Manuela Arcuri – è una donna forte, una leonessa, che mi ha detto “chi mi tocca mi trova”. Lei tiene a questa fiction perché in qualche modo pensa che possa riscattarla, far capire che le sue azioni furono dettate da un prepotente desiderio di vendetta”. La parola definitiva, però, è proprio di Pupetta: “Io – conclude – sono una donna abbastanza primitiva e che ho una certa età. Dunque, senza entrare in discorsi troppo complicati spero semplicemente che questo progetto televisivo mi possa far sentire bene. Infatti, vorrei davvero che la gente riuscisse a capire io chi sono stata…”.
Prodotta dalla Ares di Alberto Tarallo e sceneggiata da Teodosio Losito, Pupetta, la ragazza con la pistola presenta nel cast anche Tony Musante, Stefano Dionisi, Barbara De Rossi, Guia Ielo, Luigi De Filippo, Eva Grimaldi, Gabriele Morra, Christopher Meireles, Stephan Kaefar, Sergio Arcuri. Sempre su Canale 5, però, il mondo della camorra sarà al centro anche dell’altra fiction Il clan dei camorristi, diretta da Alberto Angelini e prodotta dalla Taodue di Pietro Valsecchi.

mercoledì 29 giugno 2011

NAPOLI ARAB STYLE: FUSIONE DI SUONI E CULTURE

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 24 giugno 2011)

Il dialogo tra Napoli e le culture popolari del resto del Mezzogiorno e dell’intera area mediterranea è il filo conduttore della rassegna di teatro e musica Orto volante, ideata e diretta da Enzo Di Maio per l’associazione Città mediterranee presso l’Orto botanico di via Foria. A inaugurare la rassegna, questa sera alle 21, sarà il concerto Napoli Arab Style, che vedrà interagire sul palco la cantante e percussionista italo-tunisina M’Barka Ben Taleb – già tra i protagonisti del neapolitan-musical cinematografico Passione di John Turturro – e i PietrArsa di Mimmo Maglionico. Alla serata si unirà anche Patrizio Trampetti, cantante e attore napoletano, già tra i fondatori della storica Nuova compagnia di canto popolare.
Napoli Arab Style è un progetto artistico ideato l’anno scorso da Mimmo Maglionico e Renato Rizzardi, i quali lo hanno costruito sulla fusione tra sonorità della tradizione popolare partenopea e suoni del Maghreb. “Si tratta – spiega Maglionico – di un lavoro di ricerca concepito per porre in reciproca e scambievole relazione storie di popoli e di fratellanza, incastri melodici e sonori che, nel risultato finale, siano in grado di proporre una testimonianza attiva della possibilità di sintesi pacifica tra modalità e stili normalmente destinati a percorsi paralleli se non addirittura antitetici”. A dare ulteriore forza ai tellurici fiati di Mimmo Maglionico e alle voci di Trampetti e M’Barka Ben Taleb vi sarà una big band composta da Marilù Poledro (voce, tammorra), Carmine D’Aniello (voce, tammorre, chitarra battente), Gino Evangelista (chitarra portoghese, oud, mandolino), Giosi Cincotti (tastiere, fisarmonica), Domenico Monda (percussioni), Paolo Termini (chitarra), Antonio Rubino (basso), Arcangelo Nocerino (batteria). Saranno eseguiti brani originali dei PietrArsa strutturati come tammurriate dal sapore mediorientale, canti d’emigrazione e speranza, rielaborazioni world di canti “a fronne”, tarantelle, pizziche, ma anche omaggi a Renato Carosone e Fabrizio De André.
La rassegna Orto volante proseguirà, poi, tra agosto e settembre con altri tre appuntamenti: la favola napoletana in musica di Carlo Faiello …Tra il Sole e la Luna (5 agosto); l’omaggio alla classicità partenopea Di Giacomo-Viviani-Eduardo: ‘800-‘900, teatro musica poesia a cura di Mario Brancaccio, Michele Boné, Massimo Masiello, Giuseppe Di Colandrea, Gigi Savoia, Gianluca Mirra, Patrizia Spinosi, Mimmo Napolitano e Luigi Sigillo (2 settembre); infine Sud Folk Song, il nuovo percorso musicale di Patrizia Spinosi (8 settembre).

lunedì 27 giugno 2011

RUGGERO CAPPUCCIO, TRA LIBRI, TEATRO E CINEMA

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 22 giugno 2011)

Ruggero Cappuccio si conferma artista multimediale per eccellenza, capace di passare con estrema disinvoltura e nessun cedimento in termini qualitativi dalla regia lirica a quella per il teatro di prosa, dalla scrittura per il palcoscenico al romanzo, con possibili puntate future in ambito cinematografico.
Reduce dal Premio Vittorini consegnatogli lunedì sera al teatro greco di Siracusa per il suo romanzo Fuoco su Napoli, l’autore originario di Torre del Greco è alla vigilia delle tournée estive che interesseranno due suoi celebri pièce: ShakespeaRe di Napoli e la sua spiazzante rilettura attualizzata del Don Chisciotte. “Entrambi gli spettacoli – spiega – saranno in giro per l’Italia nei prossimi mesi. Nel caso del “Don Chisciotte”, poi, la tournée culminerà a ottobre con una registrazione che realizzeremo per la messa in onda sulla Rai”. La passione del momento, però, è la regia per la lirica: “Le due regie per L’elisir d’amore e La battaglia di Legnano effettivamente mi hanno dato grandi soddisfazioni. Tra l’altro, con quest’ultimo allestimento – anticipa – torneremo in scena anche il prossimo anno a Trieste e nel 2013 a Barcellona. E, in ogni caso, attualmente sto vagliando anche altre due proposte per nuove prestigiose regie liriche”.
Dietro l’angolo, nel futuro più o meno prossimo di Ruggero Cappuccio, però, fa capolino in qualche modo anche il cinema. D’altra parte, un romanzo come Fuoco su Napoli sembra fatto apposta per produrre un kolossal cinematografico affascinante anche se complesso. “Ho ricevuto alcune richieste interessanti per possibili trasposizioni cinematografiche”, rivela Cappuccio: “Il problema, però, è che nell’attuale congiuntura economica italiana – prosegue – un film ambizioso tratto da Fuoco su Napoli è di difficile realizzazione. Certo, le cose cambierebbero se si riuscisse a mettere in piedi una co-produzione internazionale. Tra l’altro, ritengo che oggi non vi sia in Italia un attore in grado di interpretare il protagonista del libro, lo spregiudicato Diego Ventre. Perciò, la scelta dovrebbe cadere necessariamente su un interprete internazionale”.
Parlare con Cappuccio del suo romanzo dedicato a una Napoli annientata dal fuoco e dalle acque, porta inevitabilmente a soffermarsi sull’attuale momento della città vesuviana: “Mi sembra che stiamo attraversando – conclude – l’ora più lunga. I recenti orientamenti delle persone in materia politica, infatti, dimostrano che lo scetticismo sulla funzione dei partiti ha toccato la sua punta di massima nausea. Decisiva, in tal senso, è stata la forza delle giovani generazioni, oltre che il loro desiderio dirompente di riscatto. Adesso, con l’elezione di Luigi de Magistris a sindaco, è importante che gli enti locali mettano da parte lo schema della faida e della ripicca partitica e si pongano un quesito fondamentale: collaborando miglioreremo la vita dei nostri figli e nipoti, non facendolo la avveleneremo. E figli e nipoti non sono né di destra né di sinistra”.

domenica 26 giugno 2011

CASSANDRA CLARE PARLA DI "SHADOWHUNTERS"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 18 giugno 2011)

C’è una nuova saga urban fantasy destinata a raccogliere l’eredità di quelle celeberrime ma ormai concluse di Harry Potter e Twilight. Arriva anch’essa dagli Stati Uniti ed è stata concepita nel 2004 dalla scrittrice Cassandra Clare: si tratta di The Mortal Instruments, che Mondadori sta pubblicando con successo in Italia dal 2007 con un altro titolo inglese, Shadowhunters, per rendere più esplicito il riferimento ai giovani protagonisti dei vari volumi, cacciatori e cacciatrici di malvagie creature soprannaturali, a partire dalla protagonista femminile Clary Fray.
Per proseguire sulla strada aperta da J. K. Rowling e Stephenie Meyer, però, a Cassandra Clare (qui nella foto) mancava finora la gioia di una trasposizione cinematografica dei suoi libri. Ma l’anno prossimo il primo film di Shadowhunters sarà sugli schermi di tutto il mondo. “Sto vivendo quest’attesa – racconta – con emozione e curiosità. Da qualche settimana sono stati scelti i due protagonisti, per i ruoli principali di Clary Fray e Jace Wayland: si tratta di Lily Collins, la figlia del grande Phil, e di Jamie Campbell Bower, già presente nei film di Harry Potter e Twilight. Per gli altri ruoli, invece, il casting è ancora in corso, perché le riprese inizieranno a fine anno. Il regista sarà Scott Stewart, già autore di horror come Legion e Priest. Il film sarà la trasposizione del primo romanzo della serie, Città di ossa. Poi, man mano, toccherà agli altri. Per me, comunque, la cosa più importante è che non sia tradito il carattere dei personaggi”.
La trentottenne autrice ne parla con grande entusiasmo, in un momento di pausa del mini-tour italiano – tre tappe, alla convention di Twilight di Casoria, a Pietrasanta per Anteprime e a Roma – legato all’uscita (la scorsa settimana, sempre per Mondadori) di un nuovo libro che fa da prequel alla saga originale: Shadowhunters – Le origini. L’angelo (474 pagine, 17 euro). “Il segreto del successo della saga? Forse il riuscito inserimento – spiega – di elementi fantasy in un contesto realistico come quello della New York contemporanea nella trilogia originale o della Londra vittoriana nel prequel appena pubblicato in Italia. Poi, credo che l’intera saga possa essere considerata un’ottima metafora del passaggio dall’adolescenza alla vita adulta”. E pensare che tutto è nato da un tatuaggio: “Me lo mostrò un’amica. Raffigurava una runa molto misteriosa ed evocativa, simile a quelle dei guerrieri celtici. E mi fece subito venire in mente l’immagine di una ragazza guerriera in lotta contro demoni e altre creature soprannaturali: così nacque Clary”. La scrittrice, però, preferisce altri due personaggi della saga: “Simon, il miglior amico di Clary, è quello nel quale mi immedesimo, perché reagisce al pericolo come farei io. Il più divertente da scrivere, però, è senz’altro l’eccentrico stregone di Brooklyn, Magnus Bane”.
A ottobre, Mondadori pubblicherà il quarto volume della trilogia originale, La città degli angeli caduti, mentre per il quinto Cassandra Clare fa una promessa: “Mi sono talmente innamorata dell’Italia che ho deciso di ambientare qui parte di quel libro”. E chissà, allora, che non spunti fuori anche uno shadowhunter tutto italiano.

venerdì 24 giugno 2011

SUSANNE BIER E I CIAK ITALIANI DEL NUOVO FILM

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 17 giugno 2011)

Sono terminate da qualche giorno le riprese in Costiera sorrentina della nuova regia di Susanne Bier, l’autrice danese che quest’anno ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero col suo cupo e drammatico In un mondo migliore. Per la sua escursione campana, però, la regista e sceneggiatrice di Copenhagen ha compiuto una sterzata decisa, privilegiando i toni della commedia romantica, scegliendo un titolo dagli echi beatlesiani come All You Need is Love e, per il ruolo di protagonista, un divo internazionale come l’ex 007 Pierce Brosnan.
I ciak in Costiera sono stati realizzati nel corso di tre settimane di lavorazione, da metà maggio al 10 giugno, all’interno di numerose location selezionate assieme alla Film Commission Regione Campania e molto importanti nell’economia narrativa del film: primo tra tutti, il Chiostro monumentale di San Francesco a Sorrento, dove la Bier (qui nella foto) ha ambientato la sequenza piuttosto articolata del matrimonio durante il quale il personaggio di Brosnan, un uomo d’affari appassionato di limoni, incontra la protagonista femminile, una vedova malata di cancro interpretata dall’attrice danese Trine Dyrholm. E danese è anche il resto del cast, che include Christiane Schaumburg-Müller, Paprika Steen, Molly Egelind, Kim Bodnia e Sebastian Jessen. Tra le altre sequenze significative girate in Costiera spicca quella ambientata all’interno del lussureggiante limoneto di villa Il Pizzo, un’antica residenza privata che affaccia sul mare di Sant’Agnello. Ulteriori riprese sono state effettuate al porto di Sorrento, lungo la strada che collega Meta con Positano e in pieno centro di Amalfi; mentre in questi giorni la Bier sta completando il film nella sua Copenhagen.
Prodotto da Vibeke Windelov, ex collaboratrice del discusso guru del cinema danese Lars Von Trier, All You Need is Love è una co-produzione internazionale firmata dalle sussidiarie di Zentropa (la casa di produzione di Von Trier) in Svezia e Germania, dal centro regionale svedese Film i Väst, dalle italiane Lumière & Co e Teodora Film e dalle francesi Slot Machine e Liberator Productions. In Danimarca, uscirà il 30 agosto del prossimo anno, distribuito dal colosso scandinavo Nordisk Film, che ne curerà anche le vendite all’estero attraverso la sua sussidiaria TrustNordisk. Il budget complessivo della pellicola è pari a 5.5 milioni di euro, pari a 41 milioni di corone danesi. All You Need is Love è il quindicesimo film diretto da Susanne Bier, la quale non ha scelto per caso un titolo che rimanda in maniera tanto esplicita ai Beatles.
La passione per la musica pop, infatti, è una costante della sua produzione, fin dall’esordio del 1989 Songlines, una raccolta di videoclip degli Alphaville, la band tedesca che furoreggiava negli anni Ottanta con la hit Big in Japan. Dopo aver pagato anche lei, come tutto il cinema danese contemporaneo, il suo tributo al manifesto “Dogma” di Lars Von Trier con Open Hearts del 2002, la regista di Copenhagen è entrata di diritto nel ristretto novero degli autori europei più interessanti, grazie a film drammatici venduti in tutto il mondo come Non desiderare la donna d’altri (2004), Dopo il matrimonio (2006), Noi due sconosciuti (2007), fino all’apoteosi di In un mondo migliore. Adesso, per il suo ritorno alla commedia dopo undici anni (dai tempi del quasi musical Una volta nella vita del 2000), Susanne Bier ha scelto di ripartire dagli incantevoli scenari della Costiera sorrentina, che le hanno ispirato la vena più leggera del nuovo film.
Tra l’altro, sia lei che il protagonista Pierce Brosnan (il quale ha girato la costa con la sua barca attraccata al molo di Amalfi) hanno approfittato del set campano per godersi qualche giorno di relax tra sole e mare prima di ripartire per la ben più fredda Danimarca.

mercoledì 22 giugno 2011

SUCCESSO PER LA CONVENTION ITALIANA DI "TWILIGHT"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 12 giugno 2011)

I vampiri sono tra noi. Per la precisione a Casoria, dov’è in corso di svolgimento fino a stasera, nei locali del Centro Congressi Hotel Futura, la seconda convention italiana dedicata all’universo di Twilight, la saga-fenomeno letteraria e poi cinematografica partorita dalla fantasia della scrittrice statunitense Stephenie Meyer. Ospiti d’onore della Twilight Ita Con 2 sono i tre giovani attori Charlie Bewley, Bill Tangradi e Guri Weinberg (qui sotto, nella foto), reduci dal set canadese del nuovo capitolo filmico della saga, quel Breaking Dawn che uscirà nei cinema di tutto il mondo diviso in due capitoli, il 18 novembre di quest’anno e il 16 novembre del prossimo, per porre fine alle avventure orrorifiche e romantiche del vampiro Edward e della sua compagna umana Bella, interpretati dai divi Robert Pattinson e Kristen Stewart.
Accolti dall’entusiasmo incontenibile delle quasi 500 fans (tra di loro pochi maschietti) iscritte alla tre giorni di Casoria, gli attori ospiti non si risparmiano, concedendosi volentieri a sessioni fotografiche e di autografi, incontri pubblici, lezioni di recitazione, cene comuni, ballo vampiresco in costume e tante altre attività a tema. Tra i tre, il più ammirato è l’inglese Charlie Bewley, l’unico già presente nei film precedenti, dove interpreta Demetri, uno dei vampiri a guardia dei Volturi. Esordiranno nella Twilight Saga con Breaking Dawn, infatti, sia l’italo-americano Bill Tangradi, di origini partenopee, sia Guri Weinberg: il primo interpretando Randall, un vampiro nomade alleato della famiglia Cullen; il secondo, invece, l’antichissimo vampiro rumeno Stefan. “Per il mio ruolo nel nuovo film – racconta il “napoletano” Tangradi – ho dovuto fare parecchia palestra, per irrobustire il fisico; e, naturalmente, ho letto con grande attenzione il romanzo della Meyer, per entrare meglio nel personaggio. Il fatto che l’autrice dei romanzi fosse con noi sul set, poi, ci ha decisamente agevolato. E chi era già nei film precedenti mi ha molto aiutare a inserirmi, tanto che alla fine delle riprese realizzate a Baton Rouge eravamo diventati quasi una scolaresca in gita”.
A far decidere a Tangradi di partecipare alla convention di Casoria (della quale è stata ospite anche la scrittrice Cassandra Clare, autrice dell’altra saga urban-fantasy di successo Shadowhunters, edita in Italia da Mondadori), è stata anche la voglia di riscoprire le proprie origini familiari. “Mio nonno – rivela – è nato a Napoli, nel borgo di Santa Lucia. Ma io non ero mai stato prima in Italia. Per fortuna, in questi giorni ho avuto modo di girare un po’ per la città, che ho trovato meravigliosa. L’altra sera abbiamo mangiato una pizza in un locale in riva al mare e, quando i nostri accompagnatori mi hanno fatto notare che i miei luoghi d’origine erano dietro l’angolo, ho provato un’emozione indescrivibile”. Fa eco a Bill Tangradi anche Guri Weinberg, a sua volta conquistato da Napoli: “Mi piacerebbe molto girare un film in questa città. Anzi, se vi fosse un’industria cinematografica paragonabile a quella di Hollywood, ci verrei addirittura a vivere. Anche perché il calore dei fans italiani è davvero straordinario”.
Ed effettivamente basta fare un giro nei corridoi dell’Hotel Futura per rendersi conto del coinvolgimento totale di coloro che partecipano alla convention. A sorprendere è anche la composizione anagrafica della platea, di età compresa tra i 13 e i 65 anni; e la loro provenienza, oltre che da tutta Italia anche da Francia, Germania, Inghilterra, Danimarca, Svizzera, Grecia e Russia, a conferma dell’appeal globale del fenomeno. La saga ideata da Stephenie Meyer, infatti, ha venduto oltre 120 milioni di copie in più di 50 Paesi. In Italia, i quattro romanzi Twilight, New Moon, Eclipse e Breaking Dawn sono editi da Fazi (più di quattro milioni di copie vendute). Nel 2008, il primo libro è diventato un film, distribuito in Italia da Eagle Pictures e a sua volta campione d’incassi, come i successivi. Il legame con i fans italiani si è rinsaldato durante le riprese del secondo film, New Moon, girato per buona parte a Montepulciano. I due capitoli cinematografici conclusivi che comporranno Breaking Dawn sono particolarmente attesi perché mostreranno il matrimonio tra il vampiro Edward di Robert Pattinson e l’umana Bella di Kristen Stewart, la loro prima notte di nozze, la gravidanza travagliata della prima figlia e la grande battaglia finale con i Volturi, la dinastia regale vampiresca che nei romanzi ha sede proprio in Italia, a Volterra.

domenica 12 giugno 2011

INTERVISTA A CLAUDIA CARDINALE

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 11 giugno 2011)

L’impegno come ambasciatrice dell’Unesco e le sue campagne civili a favore delle donne e contro l’Aids hanno reso più ricca la quotidianità di Claudia Cardinale che, però, parallelamente continua a lavorare al cinema e in teatro a ritmi serratissimi. La sua presenza a Napoli, dove ieri sera ha ritirato il Premio Civicrazia 2011 nella galleria Al Blu di Prussia di via Filangieri, offre una preziosa occasione per tuffarsi nel passato e nel presente ancora intenso di un’attrice e diva di fama mondiale che – nata in Tunisia da famiglia di origini siciliane – ha saputo assurgere a emblema stesso della femminilità mediterranea, ulteriormente sublimata dall’arte dei grandi cineasti con i quali ha lavorato in carriera: da Monicelli a Fellini, da Visconti a Bolognini, da Pietrangeli a Leone, da Maselli a Comencini e tanti altri ancora.
Ieri sera a Napoli è stato premiato l’impegno civile di Claudia Cardinale nel corso degli anni. La cosa le farà certamente piacere…
“Molto, perché sono convinta che gli artisti abbiano il dovere di essere generosi con chi è meno fortunato. Noi, infatti, possiamo dare voce a coloro che non ce l’hanno, come nel caso delle mie battaglie a favore dei diritti delle donne, che mi hanno fatto conoscere situazioni agghiaccianti: per esempio, in Cisgiordania ho incontrato in segreto, perché vive nascosta, una donna che è stata letteralmente bruciata viva dai propri parenti, dopo essere rimasta incinta. Anche se siamo nel Terzo millennio, dunque, le donne hanno ancora bisogno di tutto l’aiuto possibile”.
L’impegno civile, però, non le fa trascurare il suo lavoro di attrice, ancora molto intenso. Quali sono i suoi impegni attuali?
“Ho appena finito di girare tre film, tutti con registi esordienti: in Tunisia, Il filo di Mehdi Ben Attia sul tema dell’omosessualità; in Turchia, Diventare italiana con la signora Enrica di Ali Ilhan; a New York, Joy de V. di Nadia Szold. Inoltre, ho recitato in Un balcon sur la mer di Nicole Garcia e in Father, il nuovo film del mio compagno Pasquale Squitieri. Per quanto riguarda il teatro, invece, ho appena ricevuto tre copioni di nuovi spettacoli da mettere in scena a Parigi, ma non ho ancora avuto il tempo di leggerli”.
Come mai questa sua predilezione per i registi esordienti?
“Perché provo molta rabbia per le difficoltà attuali del cinema, soprattutto in Italia. Purtroppo, non ci sono più i grandi produttori di una volta e i finanziamenti pubblici sono sempre di meno. Perciò, cerco di aiutare come posso i giovani registi”.
Il suo giudizio sul cinema italiano di oggi, insomma, non sembra positivo.
“I talenti ci sono. Ma, negli anni Sessanta, il cinema italiano era visto in tutto il mondo e, in tal modo, ha potuto influenzare le generazioni successive di autori, come riconosciuto da “giganti” come Scorsese o Coppola. Credo che uno dei problemi sia il crollo delle co-produzioni internazionali. In ogni caso, oggi anche per me a Parigi è difficile restare aggiornata sulla scena italiana contemporanea, perché i nostri film all’estero non arrivano”.
Ai suoi tempi, la situazione era completamente diversa. Tra i tanti grandi autori con i quali ha lavorato chi ricorda con più affetto?
“Il Monicelli de I soliti ignoti è stato il primo: mi ha insegnato tanto, anche perché ero spaurita e non parlavo nemmeno bene l’italiano. Con lui sono rimasta in contatto quasi fino alla sua scomparsa. Poi, però, come posso non citare il Fellini di 8 ½, film nel quale ero la musa per antonomasia? O il Bolognini de La viaccia? O, naturalmente, il Visconti di un capolavoro come Il Gattopardo? Insomma, ho avuto il privilegio di lavorare nel momento d’oro del cinema italiano, con grandi autori e in film spesso tratti da grandi romanzi”.
A Napoli, città del suo compagno Pasquale Squitieri, manca da parecchio tempo. Come ha trovato la città?
“Per me è sempre meravigliosa, perché qui ho conosciuto Pasquale nel 1973, sul set de I guappi. Amo molto questa città, il suo cibo e, soprattutto, la sua musica straordinaria. Anche per questo, in questi anni, le immagini dei rifiuti onnipresenti in strada mi hanno addolorato molto, anche perché ho potuto toccare con mano, a Parigi, la pubblicità negativa che ne è derivata per la città”.

lunedì 6 giugno 2011

NEL NUOVO FILM, ABEL FERRARA SULLE TRACCE DI SUO NONNO

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 4 giugno 2011)

Due anni dopo Napoli Napoli Napoli, Abel Ferrara torna a girare un nuovo film in Campania. Sono iniziate da un paio di giorni a Sarno, infatti, le riprese della pellicola che il grande regista italo-americano, autore di capolavori oscuri come Fratelli e Il cattivo tenente, dedicherà al tema dell’emigrazione dall’Italia meridionale verso gli Stati Uniti, con particolare riferimento alla storia di suo nonno, Abele Ferrara, che all’inizio del Novecento emigrò da Sarno alla volta di New York. “Partendo dalle mie radici familiari – spiega il regista – racconterò una storia universale com’è l’emigrazione, fenomeno che caratterizza tutti i Sud del mondo”.
Il nuovo film, scritto da Ferrara assieme a Maurizio Braucci, sarà un mix di fiction e documentario e sarà firmato produttivamente da Gaetano Di Vaio della factory partenopea Figli del Bronx, col sostegno del Forum delle Culture e il supporto logistico della Film Commission Regione Campania. Nella produzione, però, dovrebbe entrare a breve anche Maria Raffaella Faggiano, che proprio assieme a Figli del Bronx ha già co-prodotto la docu-fiction Sara sarà di Peppe Lanzetta. “In questa prima fase di lavorazione – spiega il produttore Di Vaio – ci dedicheremo alla parte documentaristica. Per un paio di settimane, dunque, gireremo in esterno soprattutto a Sarno e realizzeremo una serie di video-interviste ad alcuni parenti di Abel che vivono qui. Questi materiali saranno accompagnati anche da filmati d’archivio, fotografie e lettere originali del nonno del regista. Poi, da fine agosto, inizieremo a girare la storia di finzione, che sarà interpretata da un paio di attori napoletani ancora da selezionare”.
In questi giorni, Abel Ferrara è stato ospite del Sarno Film Festival, neonato concorso per cortometraggi che s’è concluso ieri sera nella cittadina salernitana con l’attribuzione del premio intitolato al regista italo-americano al corto Stato privato di Luigi Marmo. Nel corso della serata finale della manifestazione a Ferrara è stata anche conferita la cittadinanza onoraria sarnese. “Io credo molto nei legami di sangue e nell’appartenenza familiare”, sottolinea il cineasta di The Addiction. “Così, ho deciso – aggiunge – di seguire a ritroso la traccia delle mie origini e di ripartire da Sarno per seguire il viaggio di mio nonno fino a Napoli, dove lui andò a piedi per poi imbarcarsi per gli Stati Uniti. La mia vuol essere un’operazione culturale legata all’identità e alla memoria di questi luoghi”.
E, in quanto operazione squisitamente culturale, il direttore della Film Commission campana, Maurizio Gemma, auspica un coinvolgimento diretto della Regione Campania a sostegno del film: “Da parte nostra, appoggeremo con convinzione una eventuale richiesta di contributi da parte del Comune di Sarno, perché non capita tutti i giorni che un regista celebrato come Ferrara, il quale ad agosto sarà premiato a Locarno col Pardo d’Oro alla carriera, decida di dedicare tanta energia a un progetto così intimamente radicato nel nostro territorio”. Abel Ferrara, tra l’altro, collega idealmente il suo nuovo film – ancora senza un titolo ufficiale – a un altro futuro progetto cinematografico annunciato nei mesi scorsi e dedicato a Pier Paolo Pasolini: “Nella mia mente – conclude – c’è un collegamento forte tra il film su mio nonno e quello su Pasolini. Questo collegamento è dato dal comune contesto rurale e dalla tutela delle radici e della memoria che è alla base di entrambi. E anche dal rapporto tra tradizione e modernità in ambiti come, per esempio, quello linguistico. Proprio mio nonno Abele, infatti, per tutta la sua vita americana, pur vivendo in un contesto metropolitano come quello newyorkese, non ha mai parlato correttamente né in inglese né in italiano, ma ha sempre usato soltanto il dialetto della terra d’origine”.

sabato 4 giugno 2011

ABEL FERRARA PARLA DELLA "SUA" NAPOLI

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 4 giugno 2011)

Ad Abel Ferrara Napoli è evidentemente rimasta dentro, tanto che il regista italo-americano di capolavori maledetti come Il cattivo tenente e The Addiction non esita a includerla tra i suoi luoghi dell’anima. L’occasione per un ritorno in Campania, da dove mancava da gennaio, è offerta dall’inizio della lavorazione del suo atteso nuovo film, prodotto dalla factory partenopea Figli del Bronx: un mix di fiction e documentario, ancora senza titolo ufficiale, dedicato al tema dell’emigrazione e, in particolare, alla figura di suo nonno, Abele Ferrara, che all’inizio del Novecento partì da Sarno, nel Salernitano, alla volta degli Stati Uniti, dove si fece una nuova vita a New York, nel Bronx.
Ma, Ferrara, come ha trovato la città a sei mesi dal suo più recente soggiorno?
“Purtroppo, sempre nelle stesse condizioni. Eppure, ricordo bene che all’inizio dell’anno il premier Berlusconi aveva promesso di liberarla dalla spazzatura in pochi giorni. Invece, oggi è tutto ancora come allora. Vuol dire che continueremo tutti ad aspettare fiduciosi…”.
Scherzi a parte, però, nel frattempo Napoli ha da pochi giorni un nuovo sindaco, Luigi de Magistris. Lei, attraverso i suoi amici napoletani, ha avuto modo di conoscerlo?
“Ho partecipato, qualche mese fa, a un’iniziativa organizzata in suo sostegno e mi ha fatto una buona impressione. Comunque, mi sembra estremamente positivo il fatto che il nuovo sindaco sia giovane e dinamico. Ma, alla prova dei fatti, dovrà dimostrarsi giovane nella testa, prim’ancora che nel fisico. In ogni caso, Napoli continua ad affascinarmi anche perché qui ognuno crede di poter essere il sindaco della città. Basti pensare che, a volte, anch’io mi sento così”.
I problemi che il nuovo sindaco dovrà affrontare sono tanti. Ha sentito, per esempio, del turista americano morto qualche giorno fa, in seguito alle ferite riportate durante un tentativo di rapina?
“Sì, ho sentito che alcuni balordi avevano provato a rubargli il Rolex e lui ha tentato di difendersi. E ho trovato molto triste il fatto che si sia arrivati a considerare più prezioso un orologio che la vita di un essere umano. Purtroppo, i modelli consumistici che ci trasmettono i mass media vanno proprio in questa direzione: magari non ho un lavoro, ma devo avere il mio orologio lussuoso da cinquemila euro, anche a costo di calpestare un innocente”.
Ma lei, che nei suoi film ha spesso riflettuto su argomenti come la violenza o il crimine, crede che la situazione napoletana presenti proprie caratteristiche peculiari?
“Assolutamente no. Anzi, sono convinto che Napoli non sia più o meno violenta di tante altre metropoli italiane e internazionali: questi episodi, infatti, accadono anche a Roma, a New York o a Los Angeles. Per sdrammatizzare, mi verrebbe da dire che a Napoli come a South L.A., nei quartieri meridionali della “Città degli angeli”, sia il troppo sole e l’eccessivo calore a causare queste esplosioni di violenza. Ma, ovviamente, nella realtà non è così”.
Dopo aver girato in città il suo precedente documentario Napoli, Napoli, Napoli, ha deciso di tornare all’ombra del Vesuvio anche per il nuovo film dedicato alla storia di suo nonno. Il legame con questa terra, insomma, resta più saldo che mai…
“Perché è proprio qui che ci sono le mie radici. La mia famiglia viene da Sarno e da Napoli: negli Stati Uniti loro hanno vissuto per poco più di un secolo, mentre qui hanno trascorso migliaia di anni. Napoli, dunque, fa parte del mio vissuto ed è un’emozione profonda che si trasmette di generazione in generazione, di padre in figlio”.

mercoledì 1 giugno 2011

INTERVISTA A MANUEL DE SICA, IN MEMORIA DI PAPA'

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 1 giugno 2011)

Quella tra Vittorio De Sica e Maria Mercader fu una storia d’amore travolgente, nata nel 1942 sul set del film Un garibaldino al convento, con lui quarantunenne divo affermato e lei venticinquenne attrice spagnola giunta a Cinecittà da Parigi. Quando si conobbero Vittorio era sposato con Giuditta Rissone, ma Maria divenne ben presto la donna della vita, poi sposata anni dopo addirittura due volte: prima a Città del Messico nel 1959 e poi, dopo che la precedente unione fu dichiarata non valida, nel 1968 in Francia, dove la coppia si era trasferita per tre anni assieme ai due figli giunti nel frattempo, Manuel e Christian (nella foto, la famiglia De Sica).
E proprio Manuel De Sica, musicista e presidente dell’associazione Amici di Vittorio De Sica, introdurrà stasera al cinema Filangieri (alle 20.30) la proiezione della versione restaurata del film di Gianni Franciolini Buongiorno, elefante!, del quale i celebri genitori furono protagonisti nel 1952. L’evento, presentato da Giuliana Gargiulo, è organizzato da Annalisa De Paola con Provincia di Napoli, Camera di Commercio e Unione Industriali. “Questa serata napoletana – racconta Manuel – è dedicata in particolare a mia madre, scomparsa a inizio anno. Il film scelto è l’ultimo da lei interpretato, un anno dopo la nascita di Christian, perché poi papà le chiese di dedicarsi a tempo pieno al ruolo di mamma. E, devo dire, in questo lei fu meravigliosa, crescendo me e mio fratello con ogni premura e attenzione”.
Poi, però, anni dopo Maria Mercader tornò a recitare, no?
“Finché mio padre fu vivo, lei rispettò le sue richieste. Poi, rimasta vedova troppo presto nel 1974, con noi figli ormai grandi, riscoprì la sua passione per la recitazione, sia al cinema che al teatro. E, per diversi anni ancora, proseguì in una seconda carriera intensa e di qualità. A lei, sempre stasera, sarà dedicato anche un video inedito realizzato da mio figlio Andrea. Lo proietteremo prima del film”.
Buongiorno, elefante! si differenzia dagli altri capolavori desichiani che lei, negli anni, ha contribuito a restaurare con la sua associazione. Come mai la scelta di questo titolo?
“Dopo aver restaurato tanti capolavori conclamati di mio padre, stavolta ho deciso di rivolgere l’attenzione a una pellicola apparentemente minore, ma che in realtà, secondo me, va considerata come una perla rara del cinema italiano. D’altra parte, Buongiorno, elefante! è scritto da Cesare Zavattini e co-prodotto dalla società di papà. Poi, nonostante la regia firmata da Gianni Franciolini, presenta molti momenti nei quali è evidente come Vittorio De Sica si sia riservato una sorta di direzione artistica, in particolare per quel che riguarda il lavoro con gli attori”.
Grazie al lavoro meritorio dell’associazione Amici di Vittorio De Sica, l’opera cinematografica di suo padre è tra quelle meglio conservate, se guardiamo al periodo classico del cinema italiano.
“Ormai, sono vent’anni che mi concentro sul restauro dei film di mio padre, perché sono convinto che la memoria storica sia fondamentale e che le opere d’arte prodotte in passato debbano essere godute al meglio anche dalle generazioni future. Ed è un peccato che ciò non sia possibile per altri giganti del cinema italiano e mondiale, come Rossellini o Visconti”.
Come di consueto, il restauro del film è accompagnato anche da un volume monografico.
“Anche se stavolta non abbiamo realizzato una pubblicazione dedicata al film, ma distribuiremo a chi sarà con noi al Filangieri un’edizione speciale del libro Maria Mercader. Una catalana a Cinecittà, che Gualtiero De Santi ha pubblicato con l’editore napoletano Liguori. E, a proposito di libri, l’anno prossimo uscirà per Bompiani un mio volume di memorie che s’intitolerà Di figlio in padre e che aggiungerà ulteriori pezzetti di memoria alla memoria che tuteliamo da anni restaurando i capolavori di Vittorio De Sica”.