giovedì 25 maggio 2017

LA BONELLI LANCIA "MERCURIO LOI"!


Di Diego Del Pozzo

Dopo tanta attesa, è appena arrivata nelle edicole italiane la prima serie regolare mensile della Sergio Bonelli Editore interamente ambientata in Italia. Si tratta di “Mercurio Loi”, creata e scritta da uno sceneggiatore molto amato dagli appassionati come Alessandro Bilotta assieme al disegnatore Matteo Mosca. Proprio Bilotta la presenta oggi a Napoli, in mattinata durante un seminario alla Scuola Internazionale di Comics e nel pomeriggio presso la fumetteria Star Shop.
Un'immagine da "Mercurio Loi" n.° 1
Ambientata nella Roma del 1825-1826 governata dal Papa con la severità di un monarca, la serie ha come protagonista un professore di storia stravagante ed estroso, gentiluomo brillante e ironico, un po’ dandy e un po’ flâneur ante litteram, coinvolto mese dopo mese in vicende misteriose, macchinazioni diaboliche, società segrete e leggende che risalgono alla notte dei tempi. Circa un mese fa, durante Napoli Comicon, la Bonelli ha presentato un volume cartonato a colori di grande formato (128 pagine, 25 euro) con la ristampa della prima avventura di Mercurio Loi, già pubblicata due anni fa in bianco e nero all’interno della serie antologica “Le storie”. Da martedì (23 maggio), invece, è in edicola il primo numero della serie regolare, intitolato “Roma dei pazzi”. Tutte le copertine sono di Manuele Fior, autore di fama internazionale per la prima volta alle prese col mondo Bonelli.
Ho intervistato il creatore della serie, Alessandro Bilotta, proprio in occasione del Comicon, per un servizio pubblicato in quei giorni dal quotidiano “Il Mattino”. Questa qui di seguito, però, è la versione integrale della nostra conversazione.
Alessandro, come ti è venuta in mente una serie a fumetti ambientata nella Roma dello Stato Pontificio?
“Volevo collocare “Mercurio Loi” in un periodo storico non contemporaneo, ma che fosse misterioso e suggestivo. E, senza andare troppo indietro nei secoli, la Roma dei primi decenni dell’Ottocento m’è sembrata perfetta, col papa re quasi tiranno, ossessionato dai cospiratori, sempre pronto ad autorizzare tagli di teste, anche per crimini banali, come la prostituzione. A quei tempi, l’ordine era mantenuto attraverso il coprifuoco, segnalato con un colpo di cannone da Castel Sant’Angelo. Ma questo clima oscuro e un po’ inquietante si scontrava costantemente col carattere tipico dei romani, di sufficienza e assoluta diffidenza nei confronti di qualsiasi dittatore”.
Che tipo di ricerche hai fatto, per ricostruire il mondo di “Mercurio Loi”?
“Sono dovuto andare direttamente alle fonti storiche, consultando molti materiali in archivi e biblioteche, perché mi sono reso conto che nella cultura popolare quest’epoca è quasi del tutto assente. Ci sono “Il marchese del Grillo” di Monicelli o i film di Luigi Magni ambientati in quel periodo, ma soltanto “Nell’anno del signore” si svolge proprio nel 1825. Quest’assenza, però, è stata anche un po’ la mia fortuna, perché così ho potuto creare qualcosa di nuovo, con grande rigore storico anche nei dettagli degli abiti e dei luoghi”.
Alessandro Bilotta
Quali saranno, dunque, le atmosfere caratteristiche della serie?
“Di grande realismo storico, come detto, ma ovviamente avventurose e anche un po’ sopra le righe, con un pizzico di surreale e metaforico e qualche riflessione filosofica. La mia idea di partenza era addirittura quella di creare una serie quasi supereroica, con cattivi molto cattivi, misteri, cospirazioni, personaggi mascherati, sette segrete. I veri personaggi storici resteranno sullo sfondo, in modo da evitare di essere troppo didascalico”.
Ma chi è il tuo Mercurio Loi?
“Si tratta di un personaggio piuttosto originale per quelli che sono gli standard bonelliani, a partire dall’aspetto fisico, tutt’altro che perfetto. Mercurio, infatti, l’ho costruito proprio a partire dai suoi difetti fisici, dandogli un’aria furba e sinistramente ambigua, manifestazione della sua indole. Per lui, professore di storia all’università, conta molto tutto ciò che è sfida di intelligenza e cultura, da affrontare però sempre con un’ironia molto marcata, che spesso sa trasformare in arma per ottenere ciò che vuole. Accanto a lui agisce Ottone, un suo allievo in odore di carboneria, molto più che una semplice spalla, quanto piuttosto l’altra faccia di un’unica medaglia”.
Com’è composto lo staff della serie?
“Per il momento, ai testi ci sono soltanto io. Poi, in futuro, capirò se avrò la necessità di farmi affiancare da altri sceneggiatori. Matteo Mosca è il creatore grafico del personaggio e l’autore delle prime storie. Si tratta del disegnatore col quale ho lavorato di più nella mia vita e, dunque, m’è sembrato subito la scelta più logica. Oltre a lui, ho coinvolto altri ottimi disegnatori bonelliani come, per esempio, Sergio Gerasi o Andrea Borgioli. Il copertinista regolare della serie, invece, è Manuele Fior, un artista molto apprezzato in Italia e all’estero, il cui tratto surreale è perfetto per la capacità di abbinare concretezza di un disegno ben strutturato scenograficamente e suggestioni irreali”.
Al Comicon di quest’anno, eri anche candidato al tuo terzo Premio Micheluzzi per la sceneggiatura di “La macchina umana”, un numero recente di “Dylan Dog” amatissimo dai lettori…
“A quella storia tengo davvero molto, perché la considero il mio manifesto sul personaggio, il modo nel quale io lo vedo oggi. Per me, infatti, Dylan dovrebbe sempre mantenere vive le sue caratteristiche più esistenziali e quello sguardo verso l’angoscia e l’orrore più claustrofobico, magari legato alla contemporaneità. Di case infestate e serial killer abbiamo scritto abbastanza. A me, invece, interessa un approccio più filosofico al personaggio e al suo mondo, che poi fondamentalmente è il nostro”.
Un approccio che utilizzi anche nel tuo apprezzatissimo ciclo de “Il pianeta dei morti”...
“Sì, assolutamente. Anche nelle storie de “Il pianeta dei morti”, il franchise di Dylan che porto avanti da qualche anno sugli appositi speciali annuali, con ambientazione in un futuro post-apocalittico nel quale l’umanità è ridotta a zombie, m’interrogo in realtà sul nostro presente e sulle angosce dell’animo umano. Tra l’altro, il decadimento fisico del protagonista, i suoi sensi di colpa e la metafora zombie mi permettono di approfondire molto bene questi temi. E anche i lettori sembrano apprezzare questo approccio, dato che il grande successo del ciclo sta facendo ragionare la Bonelli sulla possibilità di cambiarne la periodicità, da annuale a semestrale”.
L’appuntamento annuale del Comicon serve anche per fare il punto della situazione sullo stato di salute del fumetto in Italia. Tu che ne pensi?
“Bisogna distinguere i piani. Dal punto di vista editoriale, la situazione mi sembra abbastanza chiara, con un’unica grande azienda, la Bonelli, che pubblica ogni mese migliaia di pagine di fumetto inedite e ha una sua struttura industriale di un certo livello. Non a caso, tutti gli autori italiani cercano di allacciare rapporti con questa casa editrice, dato che le altre realtà sono molto più piccole e meno strutturate anche economicamente. Per il resto, gli altri grossi editori italiani sono soprattutto traduttori di materiali esteri, principalmente dagli Stati Uniti e dal Giappone. Dal punto di vista creativo, invece, oggi c’è davvero tantissimo, con molti artisti di alto livello, come non se ne vedevano da anni. Forse, dal mio punto di vista, mi piacerebbe confrontarmi con più sceneggiatori dalle forti ambizioni narrative. Ne vedo troppo pochi e questo un po’ mi dispiace”. 

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