giovedì 5 maggio 2011

UN OTTIMO FILM INEDITO: "PANDEMIA" DI LUCIO FIORENTINO

Di Diego Del Pozzo

Ci sono film che non riescono a raggiungere un proprio pubblico, nonostante siano stati realizzati con passione e onestà e non abbiano nulla da invidiare, dal punto di vista estetico, a pellicole che, invece, una distribuzione non sempre attenta non esita a far uscire nei cinema, spesso in decine di copie non sempre pienamente giustificate. E quello dei film realizzati e abbandonati a se stessi è un malcostume molto diffuso nel sempre più asfittico panorama produttivo del cinema italiano.
Un caso emblematico, da menzionare per il coraggio della confezione e per l'originalità del tema trattato, è certamente quello di Pandemia, lungometraggio d'esordio del quarantaduenne cineasta indipendente partenopeo Lucio Fiorentino; che, a quasi tre anni dall'ultimo ciak battuto sui set cilentani, lo presenta in anteprima nazionale stasera al multicinema Modernissimo di Napoli, assieme al cast quasi al completo. Pandemia, interamente girato nel Cilento interno ai confini tra Campania e Basilicata, in particolare nel borgo quasi disabitato di Romagnano al Monte e a Castelluccio Cosentino nei pressi di Sicignano degli Alburni, racconta gli ultimi giorni del mondo così come lo conosciamo, un'apocalisse prossima ventura che scrive la parola fine sul genere umano sterminato da piogge infette.
Fiorentino affronta l'impegnativa materia narrativa con mano sicura, sguardo registico colto e consapevole, arricchito da riferimenti letterari ad autori come Salvatore Niffoi, José Saramago e James Ballard, ma anche cinematografici a un gigante della settima arte come Andreij Tarkovskij. La confezione è arricchita dalla bella fotografia di Alessandro Abate, dal montaggio di Jacopo Quadri e dalle musiche di Riccardo Veno. "All'inizio, avevo alcune immagini - racconta l'autore - di uomini che vagavano in una natura forte e selvaggia con la quale non hanno più nessun contatto. Poi, è arrivata la suggestione che fossero circondati da qualcosa di enorme ma in apparenza nascosto: uomini che vivessero una vita svuotata di senso, senza tempo e in giornate uguali a se stesse, come in una lunga attesa. Lentamente, quindi, è maturata in me l'idea che questi personaggi fossero dei sopravvissuti a un'enorme catastrofe arrivata con la pioggia e in attesa delle nuove piogge e, forse, della fine definitiva. Insomma, tranne che per la pioggia, almeno per ora non contaminata, i miei personaggi sono ciò che siamo noi: sopravvissuti quotidiani in attesa della fine".
Nel cast, composto da attori prevalentemente di provenienza teatrale, come i protagonisti Marco Foschi, Alice Palazzi e Massimo Foschi, ma anche Tommaso Ragno, Francesco Bolo Rossini, Barbara Valmorin, Chiara Baffi, Giovanni Calcagno, Salvatore Caruso, Michelangelo Dalisi, Annibale Pavone e Adamo Naimoli, spiccano le presenze della musa fassbinderiana Hanna Schygulla (in un inquietante cameo) e di Veronica De Laurentiis, figlia del compianto Dino e di Silvana Mangano, qui al suo primo film italiano. "Tutti i loro personaggi - aggiunge Fiorentino - sono inseriti in uno scenario naturale rarefatto e quasi sospeso, fatto di silenzi e di ritmo diradato. Con questi accorgimenti, e puntando innanzitutto sulle loro interiorità, ho provato a ovviare al budget bassissimo, inferiore ai 500mila euro, che avevo a disposizione. La scelta di girare in Cilento, poi, è nata dalla mia esigenza di una natura poco addomesticata e che, ad appena un passo da casa mia, mi riuscisse a calare all'interno di un immaginario lontano e senza tempo. In fase iniziale, quindi, mi sono ritirato in quei luoghi, la cui forza ancestrale scatenava in me di notte paure profonde e di giorno la fantasia. E proprio lì ho scritto la struttura di base della storia che, poi, con l'apporto di Paolo Miorandi e Alessandro Scippa è diventata la sceneggiatura. Ho cercato, però, di restare fedele alla mia visione originaria, fatta di silenzio, poche parole, scarso plot drammaturgico, atmosfere rarefatte, tempi dilatati. Volevo, infatti, che lo spettatore - conclude Lucio Fiorentino - più che guardare questi uomini in movimento tra le cose ultime, vivesse profondamente e nelle sue stesse viscere l'esperienza della sospensione dal tempo".

Ps: Un'altra versione di questo articolo è stata pubblicata sul quotidiano Il Mattino in edicola oggi (chi volesse leggerla può cliccare sull'immagine riprodotta all'interno del testo).

Nessun commento:

Posta un commento