sabato 5 febbraio 2011

I TAVIANI GIRERANNO UN DOCUMENTARIO DENTRO REBIBBIA

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 5 febbraio 2010)

Il loro nuovo film, ambientato tra i detenuti del carcere di Rebibbia, sarà un documentario narrativo col quale due maestri del cinema italiano come Paolo e Vittorio Taviani si ricollegheranno idealmente alle origini della densa filmografia, cioè a quei lavori documentaristici (come San Miniato luglio '44) realizzati negli anni Cinquanta e, purtroppo, andati quasi tutti perduti nel corso dei decenni. Stavolta, però, in ossequio alla predisposizione dei due fratelli per un cinema profondamente narrativo, la loro nuova regia, intitolata Progetto Rebibbia, miscelerà finzione e realtà. "Inizieremo a girare il mese prossimo - conferma Paolo Taviani - e costruiremo il film come una docu-fiction. Riprenderemo, infatti, i laboratori teatrali realizzati dentro Rebibbia dal regista Fabio Cavalli, autore di interessantissime versioni di classici shakespeariani interpretate dai detenuti. Seguiremo le loro prove e la messa in scena finale del Giulio Cesare, ma anche le vite dei detenuti nelle loro celle. Ci interrogheremo, in particolare, sul contrasto tra la libertà assoluta dell'attore e la costrizione di chi deve vivere recluso".
Di Progetto Rebibbia Paolo Taviani parla a margine dell'incontro organizzato a Napoli dall'Università "Federico II" nell'ambito della rassegna Visioni e revisioni del Risorgimento nel cinema italiano (1905-2010), a cura degli storici Marcella Marmo e Massimo Cattaneo. Poco prima, il regista introduce la proiezione di Allonsanfan (1974), rispondendo alle sollecitazioni dello storico del cinema Vincenzo Esposito e di Luigi Mascilli Migliorini, soprattutto a proposito del rapporto tra passato e presente quando si realizzano film di argomento storico. "Io e Vittorio - racconta Paolo - abbiamo sempre rifiutato di fare i semplici "illustratori" e, così, ogni volta che ci siamo rifatti a un periodo storico o a un testo letterario, lo abbiamo sempre utilizzato per parlare di noi stessi e del nostro presente. Per esempio, proprio Allonsanfan, ambientato durante gli anni del primissimo Risorgimento e della Restaurazione, ci servì per dire la nostra sulla realtà italiana post-sessantottina e sulle inquietudini e speranze infrante presenti nella cultura di sinistra all'inizio degli anni Settanta. All'epoca, tra l'altro, restammo davvero scioccati dall'accoglienza controversa che il film ricevette in Italia, dove tanti giovani militanti, che di lì a poco però fecero la scelta della lotta armata, ci contestarono in maniera anche violenta al termine delle proiezioni".
L'impegno civile ha caratterizzato il cinema di Paolo e Vittorio Taviani fino ai giorni nostri. "E, da questo punto di vista, il documentario narrativo su Rebibbia - aggiunge Paolo - rappresenta un ulteriore capitolo della nostra ricerca di libertà. Peccato, però, che oggi il cinema italiano abbia così pochi mezzi a disposizione, perché talenti interessanti in giro ce ne sono: basti pensare a Sorrentino e Garrone. Ma lo Stato, a differenza di quanto succede in nazioni come la Francia, non investe nei giovani autori, a prescindere dai loro risultati commerciali e pensando a una crescita futura. Io, comunque, nonostante tutto resto un anti-pessimista".

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