Il tuo libro è, innanzitutto, la storia di una passione profonda. Da qui, immagino, la voglia di raccontare quarant'anni di fumetto italiano come se si trattasse di un vero e proprio viaggio sentimentale, invece che una classica storia. In che modo, dunque, hai sviluppato un'idea di partenza decisamente originale?
"Il progetto nasce da lontano, nel senso che non si tratta di un volume con ambizioni enciclopediche, bensì come testimonianza di un'urgenza non più rimandabile. E cioè che il fumetto, al pari di tante altre forme di espressione artistica (dal cinema, alla pittura, alla fotografia), non è soltanto una forma di intrattenimento, ma è un mezzo di comunicazione ricco anche di contenuti culturali e comunicativi, dei quali anche il mondo della cultura mainstream deve finalmente prendere atto. Ovviamente "l'attacco" non è diretto (non si tratta di un pamphlet o di un grido di dolore), ma attraverso le mille connessioni con l'evoluzione della società presentate nel libro, appare chiaro come la Comunicazione per Immagini si candidi ad essere specchio fedele anche dei cambiamenti sociali e di costume"...
Quali criteri hai utilizzato, oltre al naturale gusto personale, per decidere gli autori da approfondire e quelli che, invece, potevano essere lasciati più in disparte o esclusi?
"Il volume corre su due binari: da una parte la raccolta di oltre seicento dichiarazioni dei cosiddetti "Personaggi & Interpreti" divise cronologicamente o per temi, estratte in massima parte dalle innumerevoli interviste da me effettuate nel corso degli anni. Integrate, dall'altra, dalle annotazioni di uno come me, che da appassionato lettore come tanti (nella Napoli degli anni Sessanta), si è trovato a dirigere un festival come Lucca Comics & Games quasi senza rendersene conto. Credo che molte mie sensazioni siano analoghe a quelle provate da tanti lettori di fumetti, e spero che in esse si possano riconoscere. Al massimo l'unica differenza è che io sono andato a guardare cosa c'era dietro le quinte. Naturalmente, la scelta degli autori coinvolti è frutto dal classico mix di ragione e sentimento".
Nel libro prendono letteralmente vita tanti personaggi storici della tradizione fumettistica italiana. Quali sono i tuoi preferiti e perché?
"Oggi come oggi, troverei difficile parlare di personaggi preferiti, perché avendoli spesso analizzati secondo criteri non emozionali, alla fine quasi non riesco più a focalizzare il valore che hanno avuto per me. Mi intriga soprattutto il clima che le loro storie riescono a creare, e in questo Hugo Pratt resta l'indiscusso maestro. Corto Maltese, il ciclo della frontiera (Wheeling e Ticonderoga) e quello celtico rimangono pietre miliari nel campo dei miei affetti fumettistici. A Pratt, mi sono effettivamente "dato" come con nessun altro. Nella sua scia inserisco Dino Battaglia e Attilio Micheluzzi, mentre tra i contemporanei Gipi è quello che forse mi ha dato di più".
In più di trent'anni di frequentazione professionale del panorama fumettistico italiano e internazionale hai avuto modo di attraversare diverse stagioni artistiche e produttive. Quale credi che sia, oggi, il ruolo del fumetto in Italia, considerando anche il grande passato di una scuola tra le più importanti al mondo?
"Una realtà come quella di Lucca Comics & Games costituisce un osservatorio privilegiato per decifrare lo stato delle cose o dove sta andando il mondo della Comunicazione per Immagini italiana. Sono solito ripartire le stagioni del Fumetto italiano in tre segmenti: quello un po' ingenuo e provinciale del dopoguerra (che però ha prodotto eroi epocali come ad esempio Tex Willer); quella rivoluzionaria nelle forme e nei contenuti che va dagli anni Sessanta ai primi Ottanta; e quella postmoderna e post tutto degli anni Ottanta fino ai primissimi Novanta. La quarta irripetibile stagione, invece, non è ancora arrivata, soprattutto perché mancano i grandi narratori, mentre gli editori non rischiano, non investono. Soprattutto sui giovani. Abbiamo grandi disegnatori (che infatti lavorano moltissimo con l'estero), ma una graphic novel italiana di alto livello non l'abbiamo ancora vista".
Come studioso del settore, ma anche come direttore della più importante e frequentata manifestazione specializzata italiana, riesci a individuare un futuro per l'arte del fumetto, magari con intrecci sempre più stretti con le nuove tecnologie? Insomma, cosa dobbiamo aspettarci da qui a qualche anno?
"La tecnologia è sempre un mezzo e mai un fine. Nel senso che la rete, la realtà virtuale, la potenza degli hardware e la complessità dei software difficilmente incidono sui contenuti dei fumetti. Di certo lo fanno sulla forma e nella facilità di diffusione tramite il web, e in questa ottica un fumetto sviluppato tra cronaca e storia svolgerebbe una funzione importante e giustificherebbe una sua diffusione anche "nel resto del mondo", cioè di quello non fumettistico. L'integrazione culturale è in definitiva l'obiettivo, perché il Fumetto è uno di quegli elementi trasversali che percorrono la cultura giovanile (e non solo), così come la musica, la letteratura, il cinema, l'impegno (o il disimpegno). Non a caso, quando parlo di "Lucca", lo definisco un festival di cultura giovanile tout court. E non parlo di "ggiovani" come luogo comune, ma di autori ancora privi di quelle sovrastrutture che spesso tarpano la creatività e mortificano l'apertura mentale".
In conclusione, da napoletano e al tempo stesso da collaboratore storico della Sergio Bonelli Editore, ti farà piacere sapere che la tua città ha dedicato una mostra al più grande editore specializzato italiano (nella foto qui sopra, Genovese assieme a Sergio Bonelli), in una prestigiosa sede museale come il PAN. Durante il tuo soggiorno a Napoli troverai il tempo di visitare la mostra? E cosa pensi dei tanti "fermenti" fumettistici presenti oggi in città?
"Della mostra realizzata dagli amici di Napoli Comicon non posso essere che entusiasta. E lo sono ancora di più per il fatto che ha avuto un grande spazio anche sui media generalisti, esemplificando quella necessità di upgrade che ho più volte sottolineato. Quindi me la godrò con grande soddisfazione. Anzi, dato che Claudio Curcio, direttore della manifestazione napoletana, interverrà alla presentazione del libro, mi ha promesso una visita guidata prima dell'incontro. Napoli è una città vitale ed è naturale che anche il movimento fumettistico (ma sarebbe meglio definirlo artistico) giovanile sia ricco di fermenti di estremo interesse. Il fatto che in città esista una realtà come quella del Comicon, che mi sembra faccia molto per la valorizzazione dei nuovi talenti, è senz'altro un'occasione privilegiata di visibilità e prospettive future".
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