domenica 23 maggio 2010

THE BLACK HEART PROCESSION LIVE IN NAPLES

Sarà il fascino decadente del Lanificio 25 - raro e mirabile esempio, a Napoli, di archeologia industriale riconvertita a usi culturali - a fare da cornice, domani sera alle ore 21, all'attesissimo concerto partenopeo (unica data meridionale) degli americani Black Heart Procession. Con il live della band di San Diego la programmazione concertistica targata Wakeupandream raggiunge quest'anno il suo vertice, nonché uno dei picchi della sua intera esperienza.
Attivi da oltre un decennio e titolari di sei dischi in studio, The Black Heart Procession sono ormai entrati nell'Olimpo della scena indipendente internazionale, depositari indiscussi di un suono che si colloca tra il folk maledetto e crepuscolare dei crooner più classici (da Nick Cave a Leonard Cohen, da Tom Waits a Mark Lanegan agli Smog) e lo slowcore tipico di band come Low e Codeine. La voce di Pall Jenkins e il sibilo della sega elettrificata che lui stesso suona con un archetto, gli accordi di piano radi, profondi e circolari di Tobias Nathaniel, la precisione marziale di una impeccabile sezione ritmica, gli innesti di tromba e tastiere, i rintocchi dei campanacci, un immaginario che attinge splendidamente alle pagine di William Faulkner, Harper Lee e Cormac McCarthy (e del southern gothic tutto) per raccontare storie di amori finiti (male), misteri, nefandezze, aspirazioni e sogni di un'America rurale, notturna e impenetrabile sono i molteplici frammenti che compongono l'universo Black Heart Procession.
E dire che in origine i BHP erano un side-project al quale Pall Jenkins e Tobi Nathaniel si dedicavano nei ritagli di tempo e nelle pause dell'attività del gruppo madre, quei Three Mile Pilot che in piena era grunge portavano avanti un sound tagliente, graffiante e imploso, di forte matrice post-punk. Le cose si sarebbero poi rovesciate, con l'attività dei TMP a diradarsi sempre più (salvo un recentissimo ritorno in pista, a quanto pare) e quella dei BHP a intensificarsi in virtù del successo che ha subito accompagnato i loro lavori. In particolare è il trittico di dischi intitolati con semplice progressione numerica - 1, 2 e 3 - usciti tra 1998 e 2000, a far gridare al miracolo critica e pubblico per la capacità di inserirsi nel solco del miglior cantautorato noir, di immergerlo nelle poco rassicuranti acque della new wave britannica (Joy Division su tutti) e di aggiungervi un certo pessimismo blacksabbathiano.
Seguono un paio di album dai titoli letterari che, pur non mancando di presentare i soliti due-tre capolavori, mostrano un leggero calo d'ispirazione. Col ritorno alla titolazione numerica di Six, uscito da pochi mesi su Temporary Residence, è però tornata anche quella e non solo i BHP hanno recuperato i vecchi fans ma ne hanno conquistati di nuovi: Six è, infatti, disco di gran classe e maturità e contiene alcuni tra i loro pezzi più belli di sempre.
Ad aprire le date del tour italiano dei BHP saranno i Grimoon, piccola orchestrina italo-francese, guidata dall'artigiana Solenn Le Marchand, che compone musica per ricavarne immagini e viceversa. I Grimoon eseguono un folk naif e onirico, freak e retrò, spesso eseguito alla maniera dei Calexico, sostituendo il contesto mariachi con quello della chanson. Super 8, cd-dvd pubblicato a marzo, conferma il loro talento come cineasti oltre che come musicisti e si avvale della produzione musicale di Scott Mercado, polistrumentista in tour proprio con i Black Heart Procession.

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