Attivi da oltre un decennio e titolari di sei dischi in studio, The Black Heart Procession sono ormai entrati nell'Olimpo della scena indipendente internazionale, depositari indiscussi di un suono che si colloca tra il folk maledetto e crepuscolare dei crooner più classici (da Nick Cave a Leonard Cohen, da Tom Waits a Mark Lanegan agli Smog) e lo slowcore tipico di band come Low e Codeine. La voce di Pall Jenkins e il sibilo della sega elettrificata che lui stesso suona con un archetto, gli accordi di piano radi, profondi e circolari di Tobias Nathaniel, la precisione marziale di una impeccabile sezione ritmica, gli innesti di tromba e tastiere, i rintocchi dei campanacci, un immaginario che attinge splendidamente alle pagine di William Faulkner, Harper Lee e Cormac McCarthy (e del southern gothic tutto) per raccontare storie di amori finiti (male), misteri, nefandezze, aspirazioni e sogni di un'America rurale, notturna e impenetrabile sono i molteplici frammenti che compongono l'universo Black Heart Procession.
E dire che in origine i BHP erano un side-project al quale Pall Jenkins e Tobi Nathaniel si dedicavano nei ritagli di tempo e nelle pause dell'attività del gruppo madre, quei Three Mile Pilot che in piena era grunge portavano avanti un sound tagliente, graffiante e imploso, di forte matrice post-punk. Le cose si sarebbero poi rovesciate, con l'attività dei TMP a diradarsi sempre più (salvo un recentissimo ritorno in pista, a quanto pare) e quella dei BHP a intensificarsi in virtù del successo che ha subito accompagnato i loro lavori. In particolare è il trittico di dischi intitolati con semplice progressione numerica - 1, 2 e 3 - usciti tra 1998 e 2000, a far gridare al miracolo critica e pubblico per la capacità di inserirsi nel solco del miglior cantautorato noir, di immergerlo nelle poco rassicuranti acque della new wave britannica (Joy Division su tutti) e di aggiungervi un certo pessimismo blacksabbathiano.
Seguono un paio di album dai titoli letterari che, pur non mancando di presentare i soliti due-tre capolavori, mostrano un leggero calo d'ispirazione. Col ritorno alla titolazione numerica di Six, uscito da pochi mesi su Temporary Residence, è però tornata anche quella e non solo i BHP hanno recuperato i vecchi fans ma ne hanno conquistati di nuovi: Six è, infatti, disco di gran classe e maturità e contiene alcuni tra i loro pezzi più belli di sempre.
Ad aprire le date del tour italiano dei BHP saranno i Grimoon, piccola orchestrina italo-francese, guidata dall'artigiana Solenn Le Marchand, che compone musica per ricavarne immagini e viceversa. I Grimoon eseguono un folk naif e onirico, freak e retrò, spesso eseguito alla maniera dei Calexico, sostituendo il contesto mariachi con quello della chanson. Super 8, cd-dvd pubblicato a marzo, conferma il loro talento come cineasti oltre che come musicisti e si avvale della produzione musicale di Scott Mercado, polistrumentista in tour proprio con i Black Heart Procession.
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