mercoledì 13 luglio 2011

INTERVISTA A GERARD BUTLER: "UN FILM CON MUCCINO"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 12 luglio 2011)

Quando sale sul palco dell’Ischia Global Film & Music Fest 2011, che ieri sera lo ha premiato nel corso del gala tenutosi al parco termale Castiglione di Casamicciola, Gerard Butler sfoggia una forma fisica sorprendente persino per lui che, attualmente, è uno tra gli attori più sexy sulla scena internazionale. D’altra parte, se sei reduce dal ruolo di un calciatore di successo e ti accingi a interpretare un mito del surf come Jay Moriarty – in Mavericks di Curtis Hanson, da ottobre il set nel nord della California – è persino banale essere perfettamente allenato. “Ma voglio fare ancora meglio”, racconta Butler poco prima della premiazione ischitana: “Perché, da scozzese grande appassionato di calcio e tifoso sfegatato del Celtic Glasgow, sono stato invitato – aggiunge – a un match benefico da disputarsi contro altri attori sostenitori del Manchester United; e, per questa occasione, voglio farmi trovare pronto”.
Per ora, comunque, Butler ha avuto modo di impersonare un calciatore sul set di Playing the Field, l’attesa prima commedia romantica diretta a Hollywood da Gabriele Muccino, dopo le sue precedenti pellicole drammatiche. Le riprese del film, che sarà distribuito in Italia da Medusa a inizio 2012, sono terminate da qualche settimana a Shreveport in Louisiana, dove il regista romano ha ricostruito la tipica cittadina yankee di provincia, abitata da uomini senza qualità e casalinghe disperate terribilmente simili a quelle dell’omonima serie tv della Abc. “In questo universo asfittico – spiega Butler – arriva il mio personaggio, l’ex campione di calcio George Dryer, che si trasferisce lì per ricucire il rapporto col figlioletto, fin lì sacrificato al successo e alla carriera. Per riavvicinarsi al bambino, infatti, George decide di allenare la locale squadra scolastica. Ben presto, però, diventerà oggetto del desiderio delle mamme dei suoi piccoli allievi, le quali troveranno in lui una via d’uscita da un’esistenza fatta di noia e frustrazioni”.
Di questo film lei non è semplicemente protagonista, ma anche produttore e co-sceneggiatore. Come mai un tale coinvolgimento?
“In effetti, l’idea di partenza è mia, anche se all’inizio il film avrebbe dovuto essere ambientato nel mondo del baseball. Poi, d’accordo con Muccino, ho deciso di utilizzare il calcio come contesto, in quanto meno americano e più globale. Tra l’altro, per la prima volta interpreto un personaggio scozzese come me. E la cosa mi ha reso particolarmente felice”.
Il resto del cast comprende attori e soprattutto attrici molto importanti. Com’è andata sul set?
“Benissimo. Le protagoniste femminili sono star come Catherine Zeta-Jones, Uma Thurman e Jessica Biel. Ed è stato meraviglioso recitare con tutte e tre: Catherine affascinava tutti appena arrivava sul set, con la sua sicurezza e quell’aria di chi ha visto tutto nella vita; con Uma, che è un’attrice di gran classe e raffinatezza, mi sono divertito molto, perché insieme abbiamo le scene più esilaranti e bizzarre; Jessica, infine, ha superato i provini in maniera incredibile, selezionata direttamente da me oltre che dal regista. Non dimenticherei, però, anche la presenza di un grande attore come Dennis Quaid”.
E con Muccino, invece, com’è andata?
“Conosco Gabriele già da molto tempo e apprezzo sinceramente il suo lavoro, che considero di grande qualità. Tra l’altro, ci unisce il fatto di essere entrambi, per così dire, “emigranti di lusso”: lui italiano e io scozzese. Anche per questo, dunque, siamo riusciti a proporre uno sguardo fresco e non usuale sulla realtà americana. L’intesa tra noi è scattata automatica e, anche quando ci siamo scontrati sulle nostre diverse visioni della storia, il confronto è stato sempre costruttivo”.
Più che di calcio, comunque, Playing the Field parla di rapporti interpersonali e, in particolare, familiari. Per entrare meglio nel personaggio, ha attinto anche alle sue esperienze personali?
“A differenza di Gabriele, che essendo papà ha potuto rifarsi a questa sua esperienza reale, io mi sono concentrato sul rapporto tra me e mio padre, visto dal punto di vista di un figlio. Al di là di tutto, però, questo film mi ha fatto capire che cosa mi sono perso finora, avendo superato i quarant’anni senza fare l’esperienza della paternità”.

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