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Il fascino solare di Julia Roberts si dimostra più forte persino del violento acquazzone che s’è scatenato ieri pomeriggio su Napoli, durante le riprese in città del kolossal hollywoodiano Eat, pray, love, scritto e diretto da Ryan Murphy a partire da un romanzo di Elizabeth Gilbert, prodotto dalla Sony e dalla società di Brad Pitt.
Il nubifragio ha ritardato il piano di lavorazione di un’ora e mezza e fatto cancellare una scena prevista all'esterno della storica pizzeria Da Michele. Appena tornato il sereno, però, la diva Julia (qui sopra, nell'immagine pressphoto) ha potuto nuovamente calarsi nel ventre di Partenope e raccogliere, tra un ciak e l’altro, il caldissimo abbraccio dei tanti napoletani che volevano vedere da vicino la star di Pretty woman.
La giornata napoletana di Julia - nel film donna in crisi esistenziale che decide di ritrovare se stessa grazie a un viaggio intorno al mondo - inizia di buon’ora, alle 8 del mattino, con la sessione di riprese nella pizzeria di Forcella. L’attrice, radiosa e sorridente come al solito, si prepara all’interno di un parrucchiere adiacente e poi interpreta una lunga sequenza nei panni di una turista alle prese con una fumante pizza margherita. All’esterno, oltre trecento fan assiepati sono in sua attesa e lei, una volta terminate le riprese, si concederà ai flash di fotocamere e telefonini, salutando la folla e ricambiandone il calore.
L’area è completamente chiusa al traffico e l’organizzazione regge bene, coordinata dalla Film Commission della Regione Campania e dal service CineRapa. "Tra le 165 comparse selezionate - spiega il location manager Franco Rapa - abbiamo coinvolto tante persone del quartiere. Ma tutti ci hanno dato la loro disponibilità, partendo da quanti ci hanno accolto nelle loro case per le sequenze da girare nei vicoli". Il direttore della Film Commission regionale, Maurizio Gemma, sottolinea "l’importanza di un set tanto imponente in pieno centro cittadino: il perfetto funzionamento della macchina organizzativa locale è un segnale lanciato alle produzioni internazionali interessate a girare in uno scenario straordinario com’è quello dei Decumani".
Subito dopo la fine dell’acquazzone pomeridiano, il set (qui sopra, ancora in una immagine pressphoto) si sposta all’imbocco di via dei Tribunali, vicino all’Archivio storico del Banco di Napoli, dove viene girata la sequenza di una passeggiata della Roberts nel più oleografico degli ambienti napoletani: il vicolo con i panni colorati stesi tra due palazzi, col carrettino delle granite al limone, i motorini zigzaganti e il vociare dei passanti. Robert Richardson, direttore della fotografia due volte premio Oscar (per JFK e The Aviator) se la vede con un continuo cambio di intensità e tonalità della luce, determinato dall’alternarsi di nuvole e sole accecante, ma vince la sfida dall’alto del suo imponente dolly - la gru sulla quale è montata la macchina da presa - variando angoli e focali con sicurezza e velocità, per il piacere del regista Ryan Murphy (autore della serie di culto Nip/Tuck). Al termine della complicata sequenza, Julia si gira all’improvviso verso i tantissimi fan assiepati dietro le transenne e si concede un nuovo bagno di folla.
Dopo la veloce ripresa di una soggettiva dell’attrice verso un balcone dal quale una bambina deve farle un gestaccio per esigenze di copione, il set si sposta velocemente all’interno del Pio Monte della Misericordia, dall’altro lato di via dei Tribunali. E qui viene realizzata una sequenza più introspettiva, con l’attrice che fissa, con grande intensità, il capolavoro di Caravaggio Le Sette opere di misericordia, illuminato dall’alto, con appositi palloni a elio, per aumentare gli effetti drammatici voluti dal regista. Anche all’esterno della cappella, come nei pressi dell’adiacente Hotel Caravaggio servito da base per la diva, sono in tanti ad attendere ancora. Ma, dopo un ultimo saluto e l’ennesimo sorriso radioso, Julia è già pronta per essere trasportata in aeroporto, mentre tecnici e maestranze provvedono a smontare il set e restituire alla città il suo aspetto quotidiano.
Ciao Napoli, da domani le riprese di Eat, pray, love proseguiranno in India e poi in Indonesia. Nel cast anche Javier Bardem, Billy Crudup, Richard Jenkins e Luca Argentero, l’attore italiano del momento.
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A cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito Collana visionirock Quaderni di Cinemasud per Mephite edizioni 240 pagine, 12 euro
Il rapporto tra Bruce Springsteen e il cinema è affascinante e complesso. E non può essere ridotto alla presenza del rocker del New Jersey nei film, in veste di attore o autore di brani da colonna sonora, come accade per Elvis, Beatles, Rolling Stones, Dylan o Bowie. Il caso di Springsteen è diverso, persino unico, per la profonda influenza che il patrimonio culturale del cinema americano ha esercitato sulla sua scrittura estremamente “visiva”; ma anche per come egli stesso ha ispirato tanti film e cineasti con “pezzi di immaginario” derivanti dalla sua produzione. Si è di fronte, dunque, a un rapporto fortemente empatico e assolutamente paritario, fatto di un “prendere” dal cinema ma anche di un generoso “dare” all’immaginario popolare americano. Il libro curato da Del Pozzo ed Esposito ne ripercorre le tappe e, con ulteriori approfondimenti (Tricomi e Maiello) e un’ampia analisi iconologica (Morra), ne restituisce la ricchezza e l’assoluta originalità.
"Quanto ha influito il cinema sulla poetica del grande cantautore e musicista? E in che misura Springsteen ha inciso sull'immaginario visivo della fine del Novecento? Il cinema secondo Springsteen analizza, in maniera del tutto inedita e appassionata, il legame tra l'autore di Born to Run e la settima arte. [...] Il testo, corredato da alcune foto in bianco e nero, ricostruisce l'universo concettuale del Boss legato a doppio filo col grande schermo". (Ilaria Urbani, La Repubblica, 21 luglio 2012)
"L’arrivo in Italia di Springsteen ha scatenato anche le case editrici. Detto dei testi commentati di Labianca, almeno altri due titoli vanno ricordati: All The Way Home di Daniele Benvenuti [...] e Il cinema secondo Springsteen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che indaga i diversi intrecci tra la sua musica e l’arte cinematografica". (Piero Negri, La Stampa, 7 giugno 2012)
"Il testo svela in una prospettiva inedita il rapporto tra l’icona della “working class” americana e l’universo di celluloide. La chiave di lettura dei due curatori partenopei, mai sviscerata neanche nella robusta produzione patria dedicata al rocker, è infatti quella di una relazione profondamente empatica, osmotica, tra il cinema (non solo) a stelle e strisce e i racconti del cantore dei “losers”, che come pochi ha saputo e sa narrare in musica e parole l’oscurità, l’emarginazione, la disoccupazione, i corsi e ricorsi delle crisi economiche, la guerra, il sogno americano (o quel che resta)". (Teresa Mancini, LeiWeb.it, 7 giugno 2012)
"C'è grande attesa per il tour di Wrecking Ball di Bruce e della E Street Band, un ritorno salutato anche da un libro sul suo rapporto con il cinema, un amore intenso e proficuo, ricco di scambi, col cantautore pronto a ispirare i suoi testi ai capolavori del grande schermo e il cinema in prima linea per accaparrarsi le canzoni del Boss. Un fenomeno studiato da Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che ne hanno tratto una mostra, conclusasi di recente al Palazzo delle Arti di Napoli, e, appunto, un volume: Il cinema secondo Springsteen, edito da Mephite (nella neonata collana visionirock). L'opera ha il merito di non soffermarsi solo sui contributi da Oscar regalati a numerose colonne sonore, [...] ma di raccontare come il mondo delle immagini abbia invaso, fino dagli albori della carriera, la musica del rocker americano". (Dunya Carcasole, L'Arena - Il Giornale di Vicenza - Bresciaoggi, 7 giugno 2012)
"Testo interessante anche Il cinema secondo Springsteen (euro 12, pp. 240) che Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito hanno curato per Mephite edizioni: vi si indaga il rapporto di mutua reciprocità tra il rocker del New Jersey e l'immaginario cinematografico a stelle e strisce. Perché il vecchio Bruce ha lavorato per il cinema (vi dice niente Streets of Philadelphia?), deve molto al cinema (il suo Tom Joad è lo stesso del Furore di John Ford) e ha influenzato molto cinema (vedi, tra le altre cose, The Wrestler con Mickey Rourke). Inoltre resta una meravigliosa faccia da cinema. Come un po' tutti gli americani con sangue italiano nelle vene". (Francesco Prisco, Ilsole24ore.com, 6 giugno 2012)
"Sono spesso i ribelli senza causa del cinema americano degli anni Cinquanta e Sessanta a ispirare il rock di Bruce Springsteen. Senza dimenticare che il forte impatto di film come Philadelphia o The Wrestler è dovuto anche alle colonne sonore che includono canzoni di Springsteen, che per Philadelphia ha anche vinto un Oscar. Forse, però, se proprio si vuol cercare un punto di riferimento nel rapporto tra il cinema e il rocker del New Jersey, occorre fare un passo indietro fino a Furore di John Ford, anno 1940, per capire come Tom Joad, l'anti-eroe di John Steinbeck alla ricerca di una "terra fertile" e ripagato con paghe da fame (a cui presta il volto Henry Fonda), abbia fortemente influenzato Springsteen, che ha basato proprio su questo film il suo album The Ghost of Tom Joad. Fervidi cultori del rapporto tra immaginario cinematografico e musicale, Del Pozzo ed Esposito non potevano che approfondire il tema curando il volume che dà il titolo alla nuova rassegna, Il cinema secondo Springsteen, da oggi in libreria nella collana visionirock del marchio Quaderni di Cinemasud (edizioni Mephite)". (Nino Marchesano, La Repubblica, 31 maggio 2012)
"Ma nelle pagine di Del Pozzo e Esposito, naturalmente, c’è molto di più, da film sconosciuti a tutti quelli che sono stati "sonorizzati" dalla voce di Bruce o dalle sue canzoni, dalla sua capacità di farsi illuminare dall’immaginario cinematografico americano alla disponibilità a rendere il favore, ispirandolo a sua volta. Autore di canzoni-sceneggiatura, padre di personaggi-workin’ class hero che potrebbero uscire da un lavoro di Bogdanovich, di Scorsese, di Coppola, Bruce è nato per correre come i "beautiful losers" di tanti film, non sempre capolavori. E, in attesa dell’ennesimo tributo di adrenalina e sudore che gli pagheranno i tanti fans campani che non si faranno sfuggire l’occasione di rivederlo con le sue nuove canzoni (e, purtroppo, senza Clarence "Big Man" Clemons), il giochino da cinerockettari è un mare di suoni e visioni in cui è dolce naufragare". (Federico Vacalebre, Il Mattino, 30 maggio 2012)
ROCK AROUND THE SCREEN
Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito (a cura di) Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop Liguori Editore 294 pagine, 24.50 euro
A metà anni Cinquanta, l'avvento del rock 'n' roll segna una svolta epocale nei rapporti tra cinema e musica, con le due "arti giovani" che, da allora, s'intrecciano indissolubilmente e s'influenzano a vicenda. Diverse storie artistiche e produttive, culturali e industriali danno conto di questo affascinante "abbraccio": dai teen-rock movies con e senza Elvis ai grandi raduni che quarant'anni fa decretarono la perdita d'innocenza della "Woodstock Generation", da generi specifici come le rock-operas e i rockumentaries ai film di Dylan, Beatles e Pink Floyd, dalle mutazioni del corpo-rock a quelle della citazione video-filmica, fino alle parole di "cineasti rock" come Julien Temple e Carlo Verdone. Esperti di cinema e musica raccontano in modo originale temi che hanno segnato in profondità lo sviluppo della cultura giovanile del secondo Novecento.
"Musica e immagini che si intrecciano lungo il filo dello sviluppo tecnologico oppure il racconto della società di massa, da ricercare nelle pieghe dell'industria discografica e nel cinema come rappresentazione in presa diretta, ma anche meta-racconto di nuovi miti costruiti su un soggetto sociale nuovo, i giovani [...]. Questo è Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica popa cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito..." (Adriana Pollice, il manifesto, 20 maggio 2010)
"Un'opera brillante e dettagliata, che ha il merito di fissare con buona sintesi alcuni punti fermi e di valorizzare il legame tra note e immagine, così cruciale nella cultura pop" (Donato Zoppo, Jam, Maggio 2010)
"Undici saggi, colti e non pallosi, su cinema e rock. Un altro libro sul tema? Già, ma vale la spesa. Per la scioltezza di linguaggio, la ricchezza dei riferimenti [...]. Una manciata competente di studiosi, cinefili, giornalisti, ispirati da un taglio trasversale, ricostruisce contesti e scenari, senza fermarsi alle curiosità da fan né parlare solo agli iniziati" (Raffaella Giancristofaro, Rolling Stone, Aprile 2010)
"Di monografie sul rapporto tra rock 'n' roll e cinema ne sono già state scritte, ma Rock Around the Screen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito risulta oggi la più completa e attuale. [...] Un libro rigoroso e da non perdere" (Mauro Gervasini, Film Tv, 4 aprile 2010)
"Un libro completo, affascinante ed imperdibile per tutti i grandi appassionati di cinema e della vera musica rock" (Lorenzo Iadicicco, Roma, 7 marzo 2010)
"Un'appassionante raccolta di saggi e interviste che indaga la svolta epocale compiutasi, anche sul grande schermo, con l'avvento del rock 'n' roll" (Teresa Mancini, City, 1 marzo 2010)
"Che rapporto esiste tra rock e cinema? È possibile parlare di uno specifico filmico del rock? Domande che si pongono spesso i cultori di entrambe le arti. E a cui tentano di rispondere gli autori di Rock Around the Screen" (Nino Marchesano, La Repubblica, 10 febbraio 2010)
"Carlo Verdone, uno che di musica se ne intende, dice la sua sul mondo del rock nel libro Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop (di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, edizioni Liguori) in uscita oggi. Da vecchio appassionato è in grado di fare confronti - sarà l'età, ma noi siamo dalla sua..." (Antonio Lodetti, Il Giornale, 2 febbraio 2010)
"Un excursus ampio e stimolante [...]. Del Pozzo e Esposito mettono ordine in una materia magmatica evitando il pericolo della nostalgia, canaglia soprattutto quando si parla di rock" (Federico Vacalebre, Il Mattino, 1 febbraio 2010)