sabato 16 ottobre 2010

L'ORIGINALE INTRECCIO TRA COMICS E FILOSOFIA

Di Diego Del Pozzo

Nel 1908, il filosofo Georges Sorel scriveva quanto segue: "Credo che se Nietzsche non fosse stato così preso dalle sue reminiscenze di professore di filologia, si sarebbe accorto che il superuomo esiste per davvero, e che attualmente è incarnato dalla potenza degli Stati Uniti". Ben settantasette anni più tardi, nel 1985, Alan Moore scrive il suo capolavoro Watchmen, nel quale crea il personaggio del Dottor Manhattan - in pratica, un essere onnipotente al servizio della politica imperialista degli Stati Uniti d'America immersi in piena "Guerra Fredda" con l'Unione Sovietica - che, nelle tavole del fumetto, viene presentato dallo speaker di un telegiornale con le seguenti parole "Il superuomo esiste, ed è americano!".
Basterebbe questo accostamento per far capire quanto possano essere profondi e fecondi i legami tra una disciplina apparentemente seriosa come la filosofia e un mezzo espressivo decisamente pop (nel senso di popular) come i comics di supereroi. Un'ottima dimostrazione di tutto ciò arriva da una bella collana di libri edita negli Stati Uniti e intitolata And Philosophy. Si tratta di una raccolta di saggi decisamente interessante edita da Blackwell e curata da William Irwin, che è anche docente di filosofia presso il Black's College in Pennsylvania e che ne sottolinea il senso: "La filosofia - spiega Irwin - comincia con Socrate nelle strade di Atene, quando si sforzava di parlare nella lingua del popolo, adoperando analogie con l'agricoltura e citando la mitologia più spicciola. Con questa collana non vogliamo certamente mettere Superman sullo stesso piano di Omero e Dante, ma raggiungere l'obiettivo, semplice e ambizioso al tempo stesso, di far avvicinare e interessare la gente alla filosofia, parlando loro subito in termini familiari attraverso personaggi e situazioni presi dalla cultura pop".
Dando un'occhiata all'elenco dei titoli inclusi nella collana si capisce immediatamente il "taglio" che il curatore ha voluto privilegiare, rifacendosi alle tendenze più recenti dei Cultural Studies: si va, infatti, da I Simpson e la filosofia e South Park e la filosofia (entrambi tradotti anche in Italia, da Isbn Edizioni) a Lost and Philosophy, 24 and Philosophy, Batman and Philosophy, Spiderman and Philosophy, X-Men and Philosophy, Watchmen and Philosophy, Harry Potter and Philosophy e altri ancora. D'altra parte, lo ha teorizzato più volte anche il grande Stan Lee ripensando a quando, in pieni anni Sessanta, creava uno dopo l'altro i suoi celeberrimi "supereroi con superproblemi" per la rampante Marvel Comics di allora: "Anche se erano storie d'azione a fumetti, ho pensato che poteva essere interessante per i lettori avere una terza dimensione, che ho sempre cercato di introdurre in forma sottile, iniettandovi un po' di filosofia. Qualcosa su cui riflettere, mentre si legge". E di riflessioni da fare tra le pagine dei comic books supereroistici, in effetti, ve ne sono a bizzeffe. Limitandoci, infatti, semplicemente ai grossi calibri della "Casa delle Idee" e della "Distinta Concorrenza" può essere interessante e indicativo, spulciando tra le pagine dei volumi americani dedicati a Spiderman e Batman, approfondire le suggestioni offerte dalle questioni etiche che potremmo definire primarie, perché su di loro si fondano i caratteri stessi dei due amatissimi personaggi: nel primo caso, dunque, chiedersi se Peter Parker sia moralmente obbligato a fare il supereroe, cioè se da grandi poteri derivano davvero grandi responsabilità; nel secondo caso, invece, interrogarsi sul perché Batman, nonostante l'irrecuperabile crudeltà dell'arcinemico, non decida di uccidere il Joker e liberare per sempre il mondo dalla sua minaccia (che c'entri qualcosa l'etica kantiana?).
I due libri sul rapporto tra Spiderman e Batman e la filosofia sono pieni di altri spunti interessanti, così come quello sugli X-Men. Ma questa collana s'inserisce in un contesto più ampio, almeno Oltreoceano. Negli Stati Uniti, infatti, sono tanti, ormai, gli esempi di cattedre universitarie di filosofia che si servono proprio delle suggestioni provenienti dai supereroi e da altri personaggi della popular culture per rendere le questioni teoriche più accessibili e appetibili a studenti cresciuti assieme a quegli stessi personaggi. In maniera estremamente pragmatica, per esempio, il professor Christopher Bartel dell'Appalachian State University in North Carolina descrive il suo corso - dedicato agli intrecci tra filosofia, letteratura, cinema e fumetti - come "un fantastico strumento di reclutamento", in seguito al quale, poi, moltissimi studenti avrebbero deciso di proseguire con la specializzazione in filosofia. Lo stesso Bartel, inoltre, è salito di recente agli onori delle cronache per aver suggerito ai propri studenti Watchmen come libro di testo, in particolar modo per illustrare le teorie del determinismo e del libero arbitrio attraverso il personaggio del Dottor Manhattan.
Insomma, chi considera ancora i fumetti di supereroi come letture buone soltanto per adolescenti farebbe meglio a prenderla con… filosofia.

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