martedì 9 giugno 2009

UN LIBRO RICORDA FABIO MANISCALCO

Di Diego Del Pozzo


In tempo di guerra non vengono distrutti soltanto i corpi e le anime degli uomini. A essere devastate sono pure le vestigia delle loro culture e, quindi, la memoria del loro passato. Da questa amara consapevolezza ha preso le mosse l'intera parabola professionale ed esistenziale di Fabio Maniscalco, lo studioso napoletano scomparso il primo febbraio del 2008 a soli quarantatre anni e al quale un gruppo di amici e sodali ha voluto dedicare il bel volume fotografico Civiltà in trincea. Omaggio a Fabio Maniscalco, pubblicato dalle edizioni Arte'm.
Esperto archeologo, Maniscalco ha dedicato la sua intera vita - come ricorda un commosso Raffaele Porta, nella prefazione che apre il libro - "al rispetto e all’attuazione reale delle disposizioni della Convenzione dell'Aja (1954) sulla tutela del patrimonio storico ed artistico, prodigandosi senza risparmio a preservare le civiltà devastate di Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania, Medioriente, Algeria, Nigeria, Afghanistan, Iraq dagli scempi della guerra e del fanatismo". Maniscalco, infatti, ha preso parte, con lo straordinario entusiasmo che sempre lo caratterizzava, a numerosi progetti per la protezione dei beni culturali nelle zone di guerra, fin dagli anni Novanta vissuti in prima linea sul fronte balcanico lacerato da un conflitto che egli stesso considerava assurdo nelle premesse e nelle conseguenze.
Proprio lì, in Bosnia, ha avuto modo di lavorare per sei mesi come ufficiale di complemento, facendo valere le competenze di esperto archeologo e dedicandosi a un prezioso monitoraggio dei beni culturali nelle zone bombardate, lavoro che ha prodotto anche un utilissimo volume dedicato a Sarajevo. Stessa passione e abnegazione Maniscalco ha saputo mettere anche nelle successive esplorazioni in Palestina, dove è riuscito ad andare ben oltre le divisioni politiche tra due popoli in conflitto perenne, per porre personalmente lo Scudo Blu (che simboleggia la protezione internazionale sotto l'egida dell'Onu) su tanti monumenti di Ramallah e Betlemme.
Sì, perché tratto caratteristico della personalità di Maniscalco è sempre stata la capacità di abbinare la raffinatezza e acutezza dello studioso di chiara fama (docente all'Orientale, alla Seconda Università di Napoli, presso l'Accademia delle Scienze di Albania e in numerosi altri organismi italiani e internazionali) al piglio deciso dell'uomo d'azione, pronto a correre sui luoghi più tormentati del pianeta - particolarmente rilevante, per esempio, è il suo lavoro in Kosovo - per provare a salvarne almeno la memoria e la cultura.
Il cuore del volume a lui dedicato è rappresentato dalle tante foto che Maniscalco stesso ha scattato nei luoghi dove ha avuto modo di operare. E dove, è il caso dei Balcani, è rimasto esposto, purtroppo, all'uranio impoverito e agli altri armamenti tossici causa del male crudele che lo ha prematuramente portato via. Di lui resta indelebile, però, l'impegno a favore della tolleranza e della cultura, ben testimoniato dalla richiesta di candidarlo al Premio Nobel per la Pace da parte di un'ottantina di autorità, istituzioni e singoli studiosi italiani e stranieri.