martedì 10 gennaio 2012

IL PREGIUDIZIO E LA REDENZIONE

Di Diego Del Pozzo

Oggi, il produttore e regista cinematografico Gaetano Di Vaio, della factory partenopea Figli del Bronx, avrebbe dovuto essere presente nel carcere di Poggioreale alla tappa del Mala Vista Social Tour prevista all’interno dell’istituto di pena partenopeo per la platea dei reclusi comuni: in programma i due atti dello show da lui prodotto, cioè il film Radici di Carlo Luglio con Enzo Gragnaniello e il successivo concerto dello stesso musicista con la sua band. Ieri pomeriggio, però, al momento di ritirare i pass di accesso per l’appuntamento odierno, ai collaboratori di Di Vaio (qui, nella foto, assieme al regista Abel Ferrara) è stato negato proprio quello a lui intestato, senza alcuna motivazione ufficiale. E chi conosca un minimo il turbolento passato remoto del cineasta napoletano - a sua volta recluso a Poggioreale fino al 1998 per reati connessi alla tossicodipendenza, poi trasformatosi negli anni, dopo un duro lavoro su se stesso, in esempio vivente di uomo capace di migliorare la propria vita grazie all’arte e alla cultura - non può far altro che pensar male.
Pregiudizio bello e buono o errore dovuto a eccessiva rigidità? In ogni caso, Di Vaio - autore in prima persona del poetico e dolente documentario Il loro Natale, che ricostruisce la cupa quotidianità delle mogli di chi è recluso proprio a Poggioreale - non ci sta. “Evidentemente, per loro - attacca, amareggiato - resto ancora un pregiudicato. Si prendono, però, l’opera che questo pregiudicato ha prodotto, negandomi il diritto di partecipare. Ma, allora, io che cosa dovrei fare? Negare a loro di utilizzare il mio prodotto? Che, tra l’altro, gli è stato offerto gratuitamente. Mi sembra chiaro che per questa gente conta soltanto il mio antico passato. Io penso, invece, che nel tribunale di sorveglianza di Napoli e nel carcere di Poggioreale dovrebbero essere fieri di ospitare un evento così importante, realizzato da uno che prima faceva la stessa vita degli attuali reclusi. Soprattutto in un luogo come Poggioreale. Forse, anzi, la mia nuova esperienza di vita avrebbe potuto essere interessante per qualche detenuto e magari, chissà, fargli balenare davanti agli occhi, grazie a un esempio concreto, la possibilità di un’alternativa realmente esistente”.
Nelle parole di Gaetano Di Vaio c’è una fortissima amarezza, quasi un senso di tradimento. “Io sto solo portando cultura in carcere - aggiunge - perché non dimentico da dove vengo. E, oggi che ho un minimo di strumenti culturali a disposizione, trovo sacrosanto andare in un luogo come Poggioreale, dove diritti e cultura non esistono. Tra l’altro, in ormai otto anni di attività produttiva, questa cosa mi succede per la prima volta, poiché in questo periodo sono stato spesso all’interno di diverse altre carceri italiane, per proiettare i miei film o partecipare ad altre iniziative socio-culturali, senza alcun problema. Insomma, sono davvero profondamente amareggiato”. A rendere la vicenda ancora più paradossale contribuisce il ricordo della proiezione dello scorso anno del documentario di Di Vaio Il loro Natale nella sede del tribunale di Napoli, dove fu lodato da tutti i rappresentanti istituzionali presenti in sala all’epoca.

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