A vincere le resistenze dell'attrice, lontana da veri e propri ruoli da una quindicina di anni, è stato principalmente il regista Giacomo Campiotti. "Ha insistito moltissimo - racconta Edwige - così come i delegati Rai. D'altra parte, io non avevo mai recitato in un film settecentesco e questo ruolo era talmente bello e importante da farmi cadere in tentazione. Caterina "la grande", infatti, è stata un'imperatrice di notevoli forza e temperamento: e anche nel romanzo di Puskin è un personaggio breve ma incisivo. Così, alla fine ho accettato. E sono certa che in televisione questa versione de La figlia del capitano sarà una vera sorpresa".
Il ritorno in scena di Edwige Fenech farà la gioia dei tantissimi suoi fans di diverse generazioni, che la seguono fin da quando, poco più che diciannovenne, esordì nel 1968 in Samoa, regina della giungla di Guido Malatesta. Da allora, l'attrice di origini franco-algerine ha inanellato decine di successi commerciali, principalmente nei generi del giallo erotico e della commedia cosiddetta "scollacciata" che ha dominato i botteghini italiani degli anni Settanta. Al primo filone appartengono titoli ormai "mitici" come 5 bambole per la luna d'agosto (1970) di Mario Bava e la trilogia composta da Lo strano vizio della signora Wardh (1971), Tutti i colori del buio (1972) e Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) di Sergio Martino, fratello del produttore Luciano, per oltre dieci anni compagno dell'attrice (che, in seguito, vivrà una lunga relazione, circa sedici anni, con Luca Cordero di Montezemolo). Proprio questi film, tra l'altro, hanno fatto entrare la Fenech tra i miti di celluloide di Quentin Tarantino, che non a caso, dopo averla conosciuta qualche anno fa, la convince ad accettare un cameo nell'horror-splatter Hostel II da lui prodotto e diretto dall'amico Eli Roth. Tornando agli anni Settanta, però, la definitiva consacrazione di Edwige Fenech come icona erotica, oltre che come attrice di punta dell'industria cinematografica italiana del periodo, avviene con le tante commedie sexy che interpreta nel corso di quell'intenso decennio: da titoli "cult" come Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda (1972) o Giovannona Coscialunga disonorata con onore (1973) fino all'infinita serie di poliziotte, commissarie, insegnanti, dottoresse, pretore (nel 1976, proprio in La pretora di Lucio Fulci mostra il suo primo nudo integrale: qui, nelle foto, tre scene del film) che spiritosamente caratterizzano quella produzione bollata come di "Serie B" ma capace, invece, di segnare un'epoca e di dare notevole linfa all'industria cinematografica nazionale. In tutti questi film, comunque, Edwige Fenech riesce a mostrare, accanto all'indubbia avvenenza e al notevole sex appeal, anche buone qualità recitative, innato senso dell'umorismo e naturale capacità di padroneggiare i tempi comici.
Dopo le commedie meno scollacciate interpretate nella prima metà degli anni Ottanta (accanto ai vari Pozzetto, Montesano, Sordi, Celentano, Banfi), l'ultimo ruolo vero di Edwige Fenech al cinema risale al 1984, accanto a Jerry Calà e Christian De Sica in Vacanze in America dei fratelli Vanzina. In seguito, recita, ricevendo notevoli consensi anche di critica, nelle due miniserie catodiche Il coraggio di Anna e Delitti privati, da lei stessa prodotte all'inizio degli anni Novanta. "In quell'occasione, scrissero - ricorda l'attrice-produttrice - che avevo dovuto produrmi da sola per dimostrare di essere una brava interprete. Così, ho detto grazie e da quel momento non ho più recitato". Adesso, però, la tentazione di interpretare Caterina II di Russia era troppo grande. E, chissà, anche se lei dice che "è troppo presto per parlarne", questo potrebbe essere soltanto il primo ruolo di una seconda carriera da attrice, dopo i fasti degli anni Settanta-Ottanta e i successi di quella da produttrice.
Nessun commento:
Posta un commento