lunedì 14 novembre 2011

CI VORRANNO ANNI PER RIPRENDERSI DAL BERLUSCONISMO

Di Francesco Merlo
(La Repubblica - 13 novembre 2011)

È la normalità, la tanto attesa normalità, che ha reso storica la lunga giornata di ieri anche se ci vorrebbe un governo Monti delle anime e dei sentimenti e dei valori per liberare l'Italia dal berlusconismo. Nessuno dunque si illuda che sia davvero scaduto il tempo. Certo, alla Camera lo hanno giubilato, gli hanno fatto un applauso da sipario: è così che si chiude e si dimentica, con l'applauso più forte e più fragoroso che è sempre il definitivo.
Poi Napolitano è riuscito a dare solennità anche all'addio di Berlusconi che sino all'altro ieri si era comportato da genio dell'impunità inventando le dimissioni a rate. Che lui nascondesse una fregatura sotto forma di sorpresa è stato il brivido di ieri, e difatti, inconsapevolmente, nessuno si è lasciato troppo andare e la festa, sino all'annuncio ufficiale delle dimissioni, più che sobria è stata cauta. Di sicuro Berlusconi non ha avuto il lieto fine. Entrato in scena cantando "My Way" ne è uscito con lo Zarathustra che premia "il folgorante destino di chi tramonta".Dunque non c'è stato il 25 luglio, non la fuga dei Savoia né la fine della Dc, né tanto meno la tragedia craxiana, nessuno ha mangiato mortadella in Parlamento come avvenne quando cadde Prodi, non c'è stato neppure l'addio ai monti di Renzo anche se nessuno sa cosa farà Berlusconi, se rimarrà in Italia o invece andrà in uno dei degli ospedali che dice di avere regalato nei luoghi del Terzo Mondo. Tutti parlano, probabilmente a vanvera, di una trattativa parallela e coperta sui processi, di un salvacondotto e di un'amnistia che non hanno mai riguardato in Italia reati come la corruzione e lo sfruttamento della prostituzione. In un Paese normale la rimozione di un capo non produce mai sconquassi e siamo sicuri che il pedaggio che paghiamo alla normalità non sarà l'enorme anormalità di un pasticcio giuridico.
È comunque certo che, anche se Berlusconi si rifugiasse ad Antigua, per molto tempo rimarrà tra noi come categoria dello spirito. Ecco perché ci vorrebbe una banca centrale della civiltà per commissariare il Paese dove Berlusconi "ha tolto l'aureola a tutte le attività fino a quel momento rispettate e piamente considerate. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo di scienza in salariati da lui dipendenti".
Dunque neppure nello storico giorno in cui è stato accompagnato fuori con il suo grumo di rancore invincibile e lo sguardo per sempre livido, è stato possibile accorarsi e simpatizzare. Non c'è da intonare il requiem di Mozart o di Brahms per l'uomo più ricco d'Italia che ha comprato metà del Parlamento e ha ordinato di approvare almeno 25 leggi ad personam. E ha terremotato lo Stato infilandovi dentro la Lega antistatale e secessionista. E mentre i suoi ministri leghisti attaccavano la bandiera e l'unità dello Stato, Berlusconi organizzava la piazza contro i tribunali di Stato, la Corte costituzionale, il capo dello Stato. Anche il federalismo non ha preso, come negli Usa e in Germania, la forma dello Stato ma dell'attacco al cuore dello Stato. Avevamo avuto di tutto nella storia: mai lo statista che lavorava per demolire lo Stato. Quanto tempo ci vorrà per rilegittimare i servitori dello Stato, dai magistrati ai partiti politici, dagli insegnanti ai bidelli ai poliziotti senza soldi e con le volanti a secco?
E quante generazioni ci vorranno per restituire un po' di valore all'università, alla scuola e alla cultura che Berlusconi ha depresso e umiliato: contro i maestri, contro gli insegnanti, contro tutti i dipendenti pubblici considerati la base elettorale del centrosinistra, e contro la scuola pubblica, contro il liceo classico visto come fucina di comunisti. E ha degradato la più grande casa editrice del Paese a strumento di propaganda (escono in questi giorni i saggi di Alfano, Sacconi, Bondi, Lupi...). Ha corrotto una grande quantità di giornalisti come mai era avvenuto. Ha definitivamente distrutto la Rai affidata ad una gang di male intenzionati che hanno manipolato, cacciato via i dissidenti, lavorando in combutta con i concorrenti di Mediaset. E con i suoi giornali e le sue televisioni ha sfigurato il giornalismo di destra che aveva avuto campioni del calibro di Longanesi e Montanelli. Con lui la faziosità militante è diventata macchina del fango. Testate storiche sono state ridotte a rotocalchi agiografici. E ha smoderato i moderati, ha liberato i mascalzoni dando dignità allo spavaldo malandrino, ai Previti e ai Verdini, ai pregiudicati, e c'è un po' di Lavitola, di Lele Mora e di Tarantini in tutti quelli che gli stanno intorno, anche se ora li chiama traditori. Berlusconi, che fu il primo a circondarsi di creativi, di geniacci come Freccero e Gori ha umiliato la modernità dei nuovi mestieri, della sua stessa comitiva, l'idea di squadra che all'esordio schierava a simbolo Lucio Colletti e alla fine ha schierato a capibranco Tarantini, Ponzellini, Anemone, Bisignani, Papa, Scajola, Bertolaso, Dell'Utri, Verdini, Romani, Cosentino. Eroi dei giornali di destra sono stati Igor Marini e Pio Pompa. I campioni dell'informazione berlusconiana in tv sono Vespa, Fede e Minzolini. Persino il lessico è diventato molto più volgare, il berlusconismo ha introdotto nelle istituzioni lo slang lavitolese, malavitoso e sbruffone. E'stato il governo del dito medio e del turpiloquio, è aumentato lo 'spread' tra la lingua italiana e la buona educazione.
E la corruzione è diventata sacco di Stato e basta pensare agli appalti per la ricostruzione dell'Aquila, assegnati tra le risate della cricca. Berlusconi ha dissolto "tutti i tradizionali e irrigiditi rapporti sociali, con il loro corollario di credenze e venerati pregiudizi. E tutto ciò che era solido e stabile è stato scosso, tutto ciò che era sacro è stato profanato". Persino la bestemmia è diventata simonia spicciola, ufficialmente perdonata dalla Chiesa in cambio di privilegi, scuole e mense. Toccò, nientemeno, a monsignor Rino Fisichella spiegare che, sì, la legge di Dio è legge di Dio, ma "in alcuni casi, occorre "contestualizzare" anche la bestemmia". E quanto ci vorrà per far dimenticare la diplomazia del cucù e delle corna, lo slittamento dal tradizionale atlantismo verso i paesi dell'ex Unione Sovietica, la speciale amicizia con i peggiori satrapi del mondo?
E mai c'era stata una classe dirigente maschile così in arretrato di femmina verrebbe da dire con il linguaggio dell'ex premier: femmina d'alcova, esibita e valutata come una giumenta, con il Tricolore sostituito con quella grottesca statuetta di Priapo in erezione che circolava - ricordate? - nelle notti di Arcore. Persino il mito maschile della donna perduta e nella quale perdersi, persino la malafemmina italiana è stata guastata da Berlusconi, ridotta a ragazza squillo della politica: l'utilitaria, il mutuo, seimila euro, l'appartamentino, un posto di deputato e forse di ministro per lucrare il compenso - "il regalino" - agli italiani. Lo scandalo del berlusconismo non è stato comprare sesso in un mondo dove tutto è in vendita ma nel pagare con pezzi di Stato, nell'uso della prostituzione per formare il personale politico e selezionare la classe dirigente. E non è finita: se la prostituzione ha cambiato la politica, anche la politica ha cambiato la prostituzione. La Maddalena ha perso la densità morale che fu una forza della nostra civiltà, è diventata la scialba ragazzotta rifatta dal chirurgo ed educata dalla mamma-maitresse a darla via a tariffa.
Il berlusconismo è stato l'autobiografia della nazione per dirla con Gobetti, non un accidente della storia. Non basta certo una giornata solennemente normale per liberarcene. C'è bisogno di anni di giornate normali. E per la prima volta non saranno gli storici a mettere in ordine gli archivi di un'epoca. Ci vorranno gli antropologi per classificare il berlusconismo come involuzione della specie italiana, perché anche noi, che siamo stati contro, l'abbiamo avuto addosso: "Non temo il Berlusconi in sé - cantava Gaber - ma il Berlusconi in me".

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DA' L'INCARICO A MONTI

Di Giorgio Napolitano
(Il Sole 24 Ore - 14 novembre 2011)

Ho incontrato i Presidenti del Senato e della Camera e i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari per raccogliere le loro opinioni sul modo di affrontare la crisi di governo apertasi con le dimissioni correttamente rassegnatemi dall'onorevole Berlusconi. A tutti ho esposto - riscontrando un clima riflessivo e pacato - il mio convincimento che sia nell'interesse generale del Paese sforzarsi di formare un Governo che possa ottenere il più largo appoggio in Parlamento. Su scelte urgenti di consolidamento della nostra situazione finanziaria e di miglioramento delle prospettive di crescita economica e di equità sociale per il Paese considerato nella sua unità.
L'urgenza di quelle scelte - a partire dalla concretizzazione delle misure già concordate in sede europea - deriva dalla gravità della crisi finanziaria e dei pericoli di regressione economica dinanzi a cui si trovano l'Italia e l'Europa. La particolare fragilità del nostro Paese sta nell'altissimo debito pubblico accumulato nel passato. È un peso che - visto il fortissimo rialzo degli interessi sui nostri Buoni del Tesoro e il ristagnare dell'attività economica - rischia di mettere a dura prova l'impegno dello Stato. È perciò indispensabile recuperare la fiducia degli investitori e delle istituzioni europee, operando senza indugio nel senso richiesto. È una responsabilità che avvertiamo verso l'intera comunità internazionale, a tutela della stabilità della moneta comune e della stessa costruzione europea, oltre che delle prospettive di ripresa dell'economia mondiale. Da domani alla fine di aprile verranno a scadenza quasi duecento miliardi di euro di Buoni del Tesoro e bisognerà rinnovarli collocandoli sul mercato. Tentare in questo momento di evitare un precipitoso ricorso a elezioni anticipate e quindi un vuoto di governo, è un'esigenza su cui dovrebbero concordare tutte le forze politiche e sociali preoccupate delle sorti del Paese.
È in nome di questa esigenza che ho deciso di affidare al senatore professor Mario Monti l'incarico di formare un nuovo governo, aperto al sostegno e alla collaborazione da parte sia dello schieramento uscito vincente dalle elezioni del 2008 sia delle forze collocatesi all'opposizione. Lo schieramento vincente ha visto crescere negli ultimi tempi rotture e tensioni al suo interno e ridursi la sua base di maggioranza in Parlamento: come capo dello Stato ho seguito con scrupolosa imparzialità questo travaglio, rispettando il ruolo del presidente del Consiglio e del Governo, in uno spirito di leale cooperazione istituzionale.
Non si tratta ora di operare nessun ribaltamento del risultato delle elezioni del 2008 né di venir meno all'impegno di rinnovare la nostra democrazia dell'alternanza attraverso una libera competizione elettorale per la guida del Governo. Si tratta soltanto - a tre anni e mezzo dall'inizio della legislatura - di dar vita a un Governo che possa unire forze politiche diverse in uno sforzo straordinario che l'attuale emergenza finanziaria ed economica esige. Il confronto a tutto campo tra i diversi schieramenti riprenderà - senza che sia stata oscurata o confusa alcuna identità - appena la parola tornerà ai cittadini per l'elezione di un nuovo Parlamento.
Il tentativo che oggi propongo è difficile, lo so, dopo anni di contrapposizioni (...). Ma, rispettando le posizioni di tutti e le decisioni che in definitiva spetteranno al Parlamento, confido che si voglia largamente incoraggiare nell'incarico di formare il nuovo Governo il senatore professor Mario Monti, personalità indipendente, rimasta sempre estranea alla mischia politica, e al tempo stesso dotata di competenze ed esperienze che ne fanno una figura altamente conosciuta e rispettata (...).
È giunto il momento della prova, il momento del massimo senso di responsabilità. Non è tempo di rivalse faziose né di sterili recriminazioni. È ora di ristabilire un clima di maggiore serenità e reciproco rispetto. Operiamo tutti, nei prossimi mesi, per il bene comune, facendo uscire il paese dalla fase più acuta della crisi finanziaria. Questo, credo, è ciò che l'Italia si augura.

sabato 5 novembre 2011

DA MTV AL GRANDE SCHERMO: ECCO "I SOLITI IDIOTI"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 5 novembre 2011)

“I difetti degli italiani sono uguali da Nord a Sud e col nostro film proviamo a riderne senza dare giudizi”: di fronte ai tanti adolescenti napoletani che ieri sera sono corsi a salutarli nei multicinema The Space Med di Fuorigrotta e Happy di Afragola, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio sintetizzano così il senso del loro film I soliti idioti, tratto dall’omonima sketch comedy televisiva che, sulle frequenze di Mtv, ha trasformato il duo in autentico fenomeno di costume. La platea vesuviana, però, sollecita i due anche su qualche curiosità più “locale”: “A proposito di difetti - scherzano, allora, Biggio e Mandelli - ci ha sempre affascinato il modo di guidare dei napoletani, che credono sinceramente che il codice della strada sia scritto in maniera errata e, dunque, lo reinterpretano a modo loro, libero e personalissimo”.
Prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi e distribuito da Medusa Film, I soliti idioti - Il film è da ieri nei cinema italiani in ben 550 copie, che - anche grazie alla semplice forza dei numeri - dovrebbero trasformarlo in campione d’incassi di questo periodo. “Il nostro obiettivo - racconta Mandelli, il mitico “Nongiovane” della Mtv di fine anni Novanta - è di utilizzare il film per ampliare la platea di fans degli “idioti”: puntiamo sul passaparola da parte degli appassionati, che poi potrebbero convincere chi non segue la serie in tv ad andare a vedere il film per farsi quattro risate”. Anche sul grande schermo, comunque, Mandelli e Biggio portano quel mix di comicità cinica e per nulla politically correct (anzi: si conta per ben 148 volte la parola “cazzo”) che ha decretato il successo delle tre serie televisive e del fortunatissimo tour teatrale. I due, sceneggiatori, interpreti e persino autori delle canzoni originali incluse in colonna sonora, interpretano i consolidati personaggi di Ruggero De Ceglie (Mandelli, truccatissimo) e di suo figlio Gianluca (Biggio) - quelli di maggior successo, tra i tanti della serie - con le rispettive caratteristiche: il primo, padre autoritario, volgare e disonesto; il secondo, ragazzo dall’animo sensibile, amante dell’arte e della tecnologia, trascinato dal papà in una serie di situazioni rocambolesche finalizzate - secondo il detestabile genitore - a fargli assaporare la “vita vera”.
Con i due protagonisti, nel film recitano anche la bellissima modella Madalina Ghenea (già testimonial di noti spot televisivi e qui nei panni succinti di una modella della linea “smutandissimi”), ma anche personaggi del mondo dello spettacolo come Rocco Tanica, i Verdena, Gianmarco Tognazzi, Valeria Bilello, Giordano De Plano, Miriam Leone e Marco Foschi. “Comunque, rispetto alla serie - spiega Mandelli - abbiamo cercato di costruire una trama vera e propria, invece che singoli sketch, in modo da passare efficacemente dal formato da tre minuti a quello cinematografico da novanta. E poi, anche dal punto di vista delle immagini e delle situazioni, abbiamo provato a dare agli spettatori quel qualcosa in più che il cinema ti consente rispetto alla televisione”.
Anche a Napoli, I soliti idioti colpiscono i loro giovani fans per il modo ruspante nel quale mostrano i tic degli italiani e - aggiungono i due protagonisti Mandelli e Biggio - “ne smascherano molte volte la loro innocente idiozia. Però, non ci interessava parlare di politica e scandali, perché più che ridere ci fanno soltanto tristezza. A noi, invece, piace osservare ciò che ci capita intorno e metterne in evidenza gli aspetti comici e, magari, assurdi. E poi, ci lascia perplessi chi, nel dibattito di questi giorni, vorrebbe trasformarci in educatori dei propri figli: anche a noi piacciono film come quelli di Paolo Sorrentino, ma noi vogliamo soltanto far ridere, magari guardando a modelli come Ben Stiller; l’educazione spetta alle famiglie e alla scuola”.

ECCO LA PRIMA PUNTATA DI "SERVIZIO PUBBLICO" (SANTORO)

venerdì 4 novembre 2011

ARRIVA AL CINEMA LA KRYPTONITE DI COTRONEO

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 4 novembre 2011)

Ha scelto la sua città, lo scrittore-sceneggiatore e neo-regista Ivan Cotroneo, per festeggiare l’uscita in sala (da oggi) del film d’esordio La kryptonite nella borsa, tratto dal suo romanzo omonimo edito da Bompiani, interamente girato all’ombra del Vesuvio (nove settimane di lavorazione, in primavera, tra centro cittadino, Mostra d’Oltremare, Posillipo, Vomero) e arricchito da un cast di primo livello composto da Valeria Golino, Cristiana Capotondi, Luca Zingaretti, Libero De Rienzo, Luigi Catani, Vincenzo Nemolato, Monica Nappo, Massimiliano Gallo, Lucia Ragni, Gennaro Cuomo, Sergio Solli, Antonia Truppo, Rosaria De Cicco, Carmine Borrino, Nunzia Schiano e Fabrizio Gifuni. Gli attori sono intervenuti compatti - con Gifuni unico assente - all’anteprima napoletana di ieri sera al cinema Filangieri, dove sono stati accolti dalla folla delle grandi occasioni, così come era successo poche ore prima alla Feltrinelli di piazza dei Martiri (nella foto, un momento delle riprese).
Grande entusiasmo e ottima accoglienza da parte del pubblico di casa, dunque, per l’esordio alla regia di uno tra gli sceneggiatori più apprezzati dal cinema e dalla televisione nazionali (basti pensare a Mine vaganti di Ozpetek e alla serie Tutti pazzi per amore), il quale non esita a ricambiare questo affetto: “Sono andato via da Napoli a 22 anni - racconta Cotroneo - per studiare cinema a Roma, dove poi ho continuato a vivere e lavorare. Però, non si può mai abbandonare davvero la propria città, che io comunque continuo a sentire profondamente mia. Infatti, vi ho ambientato il romanzo che poi ho scelto per il mio esordio alla regia. Ho preferito raccontare la Napoli del 1973, piuttosto che quella di oggi, perché la conosco meglio. Napoli, infatti, è una città che muta continuamente e che puoi sperare di catturare soltanto se ci vivi intensamente tutti i giorni”.
Prodotto da Indigo Film e distribuito da Lucky Red, La kryptonite nella borsa è scritto dallo stesso Cotroneo assieme a Monica Rametta e Ludovica Rampoldi; e si avvale di contributi tecnici notevoli, come quelli di Luca Bigazzi alla fotografia, Giogiò Franchini al montaggio e Lino Fiorito alle scenografie. Particolarmente importante è, poi, la colonna sonora (da ieri nei negozi), nella quale la partitura originale di Pasquale Catalano è arricchita da hit d’epoca, tra gli altri, di Iggy Pop (Lust for Life), David Bowie (Life on Mars), Mina (Quand’ero piccola), Dalida (Stivaletti rossi) e dalla trascinante cover dei Planet Funk di These Boots are Made for Walking, scelta per i titoli di coda e accompagnata da un videoclip diretto dallo stesso Cotroneo, che aggiunge: “La musica è stata essenziale per ricostruire questo periodo della mia prima adolescenza. E sono stato fortunato, perché la produzione è riuscita ad acquistare i diritti di tutti i brani che avevo indicato in sceneggiatura”.
Nel film, Cotroneo racconta in maniera divertita ed estremamente delicata la storia di Peppino Sansone, bimbo di 9 anni che vive nella Napoli d’inizio anni Settanta in una famiglia affollata e piuttosto scombinata. I momenti più divertenti sono affidati al bizzarro cugino più grande, Gennaro (Nemolato, proveniente dai borsisti del progetto teatrale Punta Corsara), che si crede Superman; e ai due giovani zii alternativi Titina (Capotondi) e Salvatore (De Rienzo), che fanno conoscere al ragazzino la coloratissima Napoli “by night” dell’epoca. “Sul set - sottolinea la protagonista femminile, Valeria Golino - Ivan s’è dimostrato regista di grande talento. E io stessa sto per affacciarmi alla regia, perché a marzo inizierò le riprese del mio primo lungometraggio”.

mercoledì 2 novembre 2011

I LIBRI "DI MICHELANGELO IOSSA" PRIMA E DOPO LA CURA

Di Diego Del Pozzo

Evidentemente qualcuno deve aver suggerito all'ineffabile Michelangelo Iossa che forse era meglio eliminare dal proprio profilo Facebook quel post farlocco che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi, con foto altrettanto farlocca dei "suoi" libri, poiché tra questi ne aveva inserito uno che "suo" non era affatto, cioè Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, a cura di Diego Del Pozzo (cioè io) e Vincenzo Esposito, edito da Liguori a inizio 2010.
Ebbene, con "soli" cinque (5!) giorni di ritardo e dopo un bel po' di proteste che hanno attraversato la Rete, Iossa ha deciso, finalmente, di rimuovere quel suo post incriminato e di sostituirlo con una versione corretta.
A futura memoria, comunque, ecco le due immagini dei libri "di Michelangelo Iossa" prima e dopo la cura (Rock Around the Screen è il penultimo libro).
Ps: Per la cronaca, in Rock Around the Screen Michelangelo Iossa ha pubblicato, su invito dei due curatori, un intervento sui Beatles lungo una decina di pagine (dalla 155 alla 165) su un totale di 260 pagine del libro. Magari, prima di definire "suo" questo volume, dunque, poteva pensarci meglio...