Col tempo, intanto, l’originale versione fumettistica cambia parecchio rispetto agli esordi; e in particolare nel corso degli anni Cinquanta, le sue storie - dopo gli inizi quasi gotici - diventano persino strampalate e piene di spunti derivanti dalla fantascienza più dozzinale, con trame dai toni sempre più “leggeri”. Il Batman di questi anni è proprio quello che servirà da fonte d’ispirazione per la celebre serie tv del 1966 (qui sotto, i due protagonisti): la cosa strana è che, nel frattempo, già dal 1963, l’arrivo del supervisore Julius Schwartz alla DC Comics consente di ridare ossigeno a un “character” ormai ridotto a caricatura di se stesso.
La serie tv degli anni Sessanta, in ogni caso, è un tradimento dello spirito più autentico del personaggio; spirito che viene recuperato - nelle testate a fumetti - prima attraverso il tratto allucinato del grande Neal Adams e poi, nel 1986, grazie al lavoro di un giovane e rivoluzionario autore, Frank Miller. Con il suo capolavoro Il ritorno del cavaliere oscuro (The Dark Knight Returns), infatti, Miller rivitalizza il mito di Batman devastandolo: il suo è un eroe invecchiato e incattivito, quasi preda del suo lato oscuro; calato in un mondo impazzito dove combatte la violenza con altra violenza; un eroe, insomma, che scende quasi sullo stesso piano dei criminali combattuti.
Tutto riparte, quindi, dalla pietra miliare milleriana, tenuta nel giusto conto, in seguito, anche da Tim Burton quando, nel 1989 e nel 1992, dirige due cupissimi film sul personaggio: Batman (id.) e Batman - Il ritorno (Batman Returns): l’eroe di Burton ha il volto di Michael Keaton ed è reso ancora più vulnerabile e nevrotico, quasi uno psicopatico solitario, con gli eterni temi della maschera e del doppio trattati con intelligenza dal regista californiano. Straordinaria è anche la Gotham City dei due film, neo-gotica e al tempo stesso post-moderna, grazie alle impressionanti scenografie di Anton Furst e Peter Young. Anche qui sono i “cattivi”, però, a catturare l’attenzione, ben più del protagonista: il Joker di Jack Nicholson, il Pinguino di Danny De Vito e la Catwoman di Michelle Pfeiffer non si dimenticano facilmente. Burton lascia il testimone a Joel Schumacher, regista dei due onesti ma chiaramente inferiori Batman Forever (id., 1995) e Batman & Robin (id., 1997), dove l’uomo pipistrello ha il volto, rispettivamente, di Val Kilmer e George Clooney. Nuova linfa al mito cinematografico dell’uomo pipistrello, però, arriva in anni più recenti grazie al regista e sceneggiatore inglese Christopher Nolan, che si riallaccia ancora una volta alla rilettura milleriana, stavolta degli esordi batmaniani, per realizzare una coppia di film di notevole livello qualitativo: Batman Begins (id., 2005) e Il cavaliere oscuro (The Dark Knight, 2008). Il secondo, in particolare, resta nella memoria per l’inquietante interpretazione del Joker da parte di Heath Ledger (qui sopra, nella foto), il giovane attore che si suicida quasi al termine delle riprese. E chiunque abbia visto come Ledger è riuscito a calarsi nella psiche malata dell’assassino più terribile del DC Universe, cogliendone anche le più sottili sfumature psicologiche, non può che aver provato autentico terrore nel pensare ai tragici esiti della sua immedesimazione. Il Premio Oscar 2009 come miglior attore non protagonista, ritirato dai familiari di Heath, è il giusto riconoscimento per questa “performance attoriale assoluta”.