lunedì 27 luglio 2009

SERIE TV: BATMAN NEGLI ANNI '60 (E OLTRE)

Di Diego Del Pozzo

(Mega n.° 145 - Luglio 2009)

Controparte perfetta di Superman e suo oscuro rovescio della medaglia, Batman nasce un anno dopo (nel 1939) rispetto all’uomo d’acciaio, sulle pagine di Detective Comics, grazie al talento di Bob Kane. Fin dai primi albi, il personaggio è caratterizzato come cupo, tenebroso e ossessionato dalla lotta contro il crimine. Nella vita “normale” si cela dietro l’identità del miliardario Bruce Wayne ma, rispetto a molti altri supereroi, il suo profilo psicologico è invertito, con Batman che - nel loro “rapporto” - assume il ruolo dominante. L’uomo pipistrello non è dotato di superpoteri, ma di capacità fisiche e mentali superiori alla norma e forgiate attraverso decenni di durissimo addestramento, col solo scopo di vendicare il traumatizzante omicidio dei suoi genitori attraverso un’eterna battaglia contro il crimine. Anche lui, ovviamente, entra molto presto nei desideri dei creativi di Hollywood, sia per quel che riguarda il grande schermo che quello televisivo. Infatti, con intenti anche propagandistici (siamo negli anni della Seconda guerra mondiale), l’eroe approda al cinema già nel 1943, per merito della Columbia, con un serial di quindici episodi nel quale Lewis Wilson è Batman, Douglas Croft è Robin e J. Carrol Naish l’arcinemico dottor Daka, spia orientale al servizio di un’organizzazione che cerca di debellare le forze armate statunitensi (nella foto, qui sopra). Sei anni dopo, sempre la Columbia produce un altro serial (ancora di quindici episodi) con Robert Lowey e John Duncan nei panni, rispettivamente, di Batman e Robin.
Col tempo, intanto, l’originale versione fumettistica cambia parecchio rispetto agli esordi; e in particolare nel corso degli anni Cinquanta, le sue storie - dopo gli inizi quasi gotici - diventano persino strampalate e piene di spunti derivanti dalla fantascienza più dozzinale, con trame dai toni sempre più “leggeri”. Il Batman di questi anni è proprio quello che servirà da fonte d’ispirazione per la celebre serie tv del 1966 (qui sotto, i due protagonisti): la cosa strana è che, nel frattempo, già dal 1963, l’arrivo del supervisore Julius Schwartz alla DC Comics consente di ridare ossigeno a un “character” ormai ridotto a caricatura di se stesso.
Ma l’ottimo “restyling” promosso da Schwartz - che rende nuovamente l’eroe più adulto e notturno, più detective e meno saltimbanco - non colpisce il produttore televisivo William Dozier, il quale per la sua nuova serie si ispira, invece, all’ingenua versione del decennio precedente. Trasmesso sulla ABC dal 12 gennaio 1966 al 14 marzo 1968 (per un totale di centoventi episodi), Batman (id.) incontra comunque un successo enorme e travolgente, nonostante i chiari intenti parodistici (o, forse, proprio per questo motivo): costumi coloratissimi, scenografie fantasiose, recitazione perennemente sopra le righe, dialoghi irreali e spesso demenziali sono considerati dal produttore Dozier gli elementi tipici del fumetto, tradotto sul piccolo schermo anche attraverso le caratteristiche onomatopee da Pop Art (“Bang!”, “Smack!”, “Crash!” e così via: riprodotte qui a lato). Il ruolo di Batman/Bruce Wayne è affidato al pacioso e tranquillizzante Adam West, affiancato da Burt Ward come Robin/Dick Grayson, da Alan Napier nei panni del maggiordomo Alfred Pennyworth e da Neil Hamilton in quelli del commissario Jim Gordon. Ma a rendere indimenticabile il telefilm è, soprattutto, la straordinaria e stravagante galleria dei cattivi, tutti folli e improbabili: vanno ricordati perlomeno il Joker (interpretato da Cesar Romero), la Donna Gatto (Julie Newmar), l’Enigmista (Frank Gorshin), il Pinguino (Burgess Meredith), Zelda (Anne Baxter), il Menestrello (Van Johnson), Testa d’uovo (Vincent Price), la Vedova Nera (Tallulah Bankhead). Il successo della serie produce, nel 1966, anche un film per il cinema: Batman (id.), diretto da Leslie Martinson con attori e stile dello show televisivo; molti lo considerano, addirittura, un piccolo gioiello della Pop Art.
La serie tv degli anni Sessanta, in ogni caso, è un tradimento dello spirito più autentico del personaggio; spirito che viene recuperato - nelle testate a fumetti - prima attraverso il tratto allucinato del grande Neal Adams e poi, nel 1986, grazie al lavoro di un giovane e rivoluzionario autore, Frank Miller. Con il suo capolavoro Il ritorno del cavaliere oscuro (The Dark Knight Returns), infatti, Miller rivitalizza il mito di Batman devastandolo: il suo è un eroe invecchiato e incattivito, quasi preda del suo lato oscuro; calato in un mondo impazzito dove combatte la violenza con altra violenza; un eroe, insomma, che scende quasi sullo stesso piano dei criminali combattuti.
Tutto riparte, quindi, dalla pietra miliare milleriana, tenuta nel giusto conto, in seguito, anche da Tim Burton quando, nel 1989 e nel 1992, dirige due cupissimi film sul personaggio: Batman (id.) e Batman - Il ritorno (Batman Returns): l’eroe di Burton ha il volto di Michael Keaton ed è reso ancora più vulnerabile e nevrotico, quasi uno psicopatico solitario, con gli eterni temi della maschera e del doppio trattati con intelligenza dal regista californiano. Straordinaria è anche la Gotham City dei due film, neo-gotica e al tempo stesso post-moderna, grazie alle impressionanti scenografie di Anton Furst e Peter Young. Anche qui sono i “cattivi”, però, a catturare l’attenzione, ben più del protagonista: il Joker di Jack Nicholson, il Pinguino di Danny De Vito e la Catwoman di Michelle Pfeiffer non si dimenticano facilmente. Burton lascia il testimone a Joel Schumacher, regista dei due onesti ma chiaramente inferiori Batman Forever (id., 1995) e Batman & Robin (id., 1997), dove l’uomo pipistrello ha il volto, rispettivamente, di Val Kilmer e George Clooney. Nuova linfa al mito cinematografico dell’uomo pipistrello, però, arriva in anni più recenti grazie al regista e sceneggiatore inglese Christopher Nolan, che si riallaccia ancora una volta alla rilettura milleriana, stavolta degli esordi batmaniani, per realizzare una coppia di film di notevole livello qualitativo: Batman Begins (id., 2005) e Il cavaliere oscuro (The Dark Knight, 2008). Il secondo, in particolare, resta nella memoria per l’inquietante interpretazione del Joker da parte di Heath Ledger (qui sopra, nella foto), il giovane attore che si suicida quasi al termine delle riprese. E chiunque abbia visto come Ledger è riuscito a calarsi nella psiche malata dell’assassino più terribile del DC Universe, cogliendone anche le più sottili sfumature psicologiche, non può che aver provato autentico terrore nel pensare ai tragici esiti della sua immedesimazione. Il Premio Oscar 2009 come miglior attore non protagonista, ritirato dai familiari di Heath, è il giusto riconoscimento per questa “performance attoriale assoluta”.