(Il Mattino - 19 luglio 2009)
Col suo fascino ancora intatto, la raffinata attrice illumina la giornata dell'Ischia Global Film & Music Fest, accompagnata dalla figlia sedicenne Kenya, nata dal rapporto col musicista e produttore statunitense Quincy Jones. E proprio il ruolo di mamma dei suoi tre figli è quello che Nastassja privilegia attualmente, senza perdersi troppo nei ricordi dei film girati con grandi registi quali Wenders, Coppola, Polanski, Lattuada, Schrader, Fellini, Konchalovski; bensì assaporando la ricchezza di esperienze artistiche che hanno, comunque, segnato la storia del cinema degli ultimi trent'anni. "Sono convinta – spiega Nastassja – che la cosa più importante per un essere umano sia far capire bene a coloro che ami quanto li ami: per questo motivo, io mi dedico totalmente ai miei figli. Sono presente, apprensiva e, se c'è bisogno, voglio essere un punto di riferimento certo". E, quasi a conferma delle sue parole, la quarantottenne attrice berlinese non perde di vista per un solo istante la giovane figlia, che scherza con altri ospiti del festival sul bordo della piscina del Regina Isabella: così, il suo amore materno diventa un elemento tangibile, concreto. Non a caso fa capolino spesso nel corso della chiacchierata.
Ma il cinema? Cosa rappresenta oggi per Nastassja Kinski? "Non mi manca più di tanto, anche perché, da un certo punto di vista, l'ho sempre considerato come un elemento che tende ad allontanare dalla vita reale, a creare una separazione con le persone comuni. Certo, mi piacerebbe tornare a lavorare, anche se non ne faccio affatto un'ossessione. Però, la mia è un'età un po' strana, alla quale registi e produttori spesso tendono a non dare troppo spazio. Non sono più tanto giovane da fare la ragazza, ma nemmeno così in avanti con l'età. Certo, potrei sempre fare la mamma anche sul grande schermo: ne sarei felicissima". Al cinema, però, Nastassja tornerebbe più volentieri in altra veste: "Vorrei raccontare storie di vita reale, magari partendo dalle biografie delle tante persone straordinarie che ho conosciuto nel corso della mia carriera. Per esempio, Liz Taylor. Sto scrivendo alcuni documentari, che mi piacerebbe realizzare. Da tedesca, ne ho anche parlato, in un paio di occasioni, con la cancelliera Angela Merkel, che m'ha incoraggiato ad andare avanti. Tra l'altro, potrebbe essere interessante raccontare proprio la vita della Merkel, anche perché io sono molto orgogliosa di essere tedesca. Più in là, poi, vorrei anche sperimentarmi nella regia, ma ho ancora tanto da imparare". Il mondo del cinema Nastassja Kinski ha iniziato a frequentarlo ancora adolescente. Forse, persino troppo presto. "Io a sedici anni ero già adulta, perché ho iniziato a lavorare prestissimo. Oggi alla mia Kenya direi di aspettare e di godersi la sua età. Poi, una volta cresciuta e dopo aver studiato, se volesse fare cinema non la ostacolerei: a patto che sia una cosa che la rende davvero felice". Con i ricordi di Nastassja si potrebbe scrivere un libro, tanto ricca di episodi e illustri frequentazioni artistiche è la sua carriera: “Alcuni errori, però, non li rifarei. Per esempio, quando ero ancora troppo giovane lavorai con Alberto Lattuada in Così come sei, accanto a Marcello Mastroianni. E, pur serbando un ricordo bellissimo di entrambi, su quel set mi sentii come una bambina usata dagli adulti. Oggi, che sono molto più consapevole, non farei vedere quel film ai miei figli, pur riconoscendone la qualità, proprio per il mio ruolo di allora un po' controverso". Sono tanti, comunque, i film visti assieme ai figli: "Andiamo spesso al cinema insieme. Attualmente, non ho un autore preferito, anche perché credo che il panorama odierno sia ricchissimo. E nei confronti dei registi preferisco mantenere un approccio entusiasta, da fan, senza pensare a quelli con i quali mi piacerebbe o meno lavorare".
A proposito di registi, la mente di Nastassja ritorna ai grandi con i quali ha lavorato: "Sono tanti e ciascuno mi ha lasciato qualcosa di bello. A Wenders, per esempio, devo il fatto di avermi convinta a fare cinema, col suo carattere calmo. Io, infatti, non ne volevo assolutamente sapere, anche perché avevo il turbolento esempio di mio padre davanti agli occhi". E ancora oggi, quando questa donna sicura e consapevole parla del padre, Klaus Kinski, non si può fare a meno di notare in lei un naturale irrigidimento, quasi una forma di autodifesa: "Di mio padre non ho molti ricordi positivi – ricorda, senza false reticenze – anche perché è stato spesso assente". E conclude, amara: "Quando ero una ragazzina, a volte mi capitava di pensare ai momenti di tenerezza tra lui e mia mamma: dopo un po', però, mi rendevo conto che si trattava soltanto di mie fantasie".