martedì 7 settembre 2010

QUELL'AMORE BUIO TRA LE DUE NAPOLI DI CAPUANO

Di Diego Del Pozzo

Un film diseguale, persino squilibrato, ma con alcuni momenti di accesa visionarietà e lancinanti squarci di poesia ad attraversarlo trasversalmente: mi sto riferendo a L'amore buio, il nuovo lavoro del regista napoletano Antonio Capuano, ennesimo capitolo della sua utopica ricerca dell'incontro, storicamente mancato, tra la Napoli borghese e quella proletaria. L'amore buio è stato presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia, nella sezione delle Giornate degli autori. Capuano ne ha parlato ieri pomeriggio alla Feltrinelli Libri e Musica di Napoli, nel corso di un incontro moderato dal critico cinematografico Alberto Castellano e arricchito dall'intervento dello scrittore Silvio Perrella. Durante il dibattito, il regista s'è soffermato, naturalmente, sul tema centrale di questa e di molte altre sue pellicole, fin dall'esordio Vito e gli altri, datato 1991. "Da allora a oggi - ha spiegato con la consueta schiettezza - non è cambiato nulla nel rapporto tra le due Napoli: continuano a ignorarsi. Anzi, da una parte, i sottoproletari hanno acquisito nuova forza, anche brutale, e "invaso" i quartieri borghesi, per mostrare di esser vivi; dall'altra parte, la borghesia cittadina continua a vivere con arroganza e scarsa curiosità, sempre più rinchiusa nelle proprie case, da dove, invece di cercare il confronto con un'umanità tanto diversa, poi fugge via, abbandonando una città che, in questo modo, negli ultimi vent'anni è diventata sempre più povera".
Un'efficace metafora del rapporto conflittuale e irrisolto tra quelle che a volte sembrano due città distinte è, per Antonio Capuano, lo stupro col quale si apre il film e attorno al quale, poi, si sviluppa seguendo in parallelo le intimità della ragazzina alto-borghese violata nel corpo e nello spirito e dello scugnizzo sottoproletario adolescente (recluso nel carcere minorile di Nisida) che, con ingenuità quasi animalesca, scambia quell'atto brutale per amore. "Chi vive in zone come il Vomero o Posillipo - ha sottolineato il regista - non conosce praticamente nulla del "corpo" più vivo della città, del suo "ventre". Nel film, infatti, un primo momento di avvicinamento tra i personaggi di Irene e Ciro si ha proprio quando lei decide di attraversare la barriera tra la sua realtà un po' asettica e "l'altra" Napoli: quella dei Decumani, dei vicoli, del brulicare di umanità, dei tesori dell'arte e della storia. Da quel momento, Irene inizia a guardare a Ciro con altri occhi". Peccato che ieri pomeriggio non fossero presenti alla Feltrinelli i due giovani protagonisti, Irene De Angelis e Gabriele Agrio, ai quali il regista ha dedicato buona parte dell'incontro: "Ho impiegato quasi due anni - ha raccontato - per sceglierli, girando tra tante scuole del centro e della periferia. Alla fine, Irene l'ho scelta un mese prima dell'inizio delle riprese e Gabriele poco dopo, quando mi mancavano le ultime tre-quattro scuole. In particolare, il ragazzo mi ha conquistato con il suo sguardo bellissimo e infinitamente tenero, tanto che mi sono anche chiesto se non fosse troppo bello per interpretare un ruolo negativo come quello di un giovane stupratore". Inevitabilmente, tra i due giovani protagonisti si è sviluppato un rapporto di complicità: "Però, tutto è nato pochi giorni fa, mentre eravamo all'aeroporto dopo la proiezione a Venezia. A causa di un ritardo dell'aereo, siamo rimasti bloccati per alcune ore e, in quell'occasione, Irene e Gabriele hanno iniziato a conoscersi e a familiarizzare. Anche perché sul set hanno recitato quasi sempre separati. E' stato allora che ho provato la tenerezza più grande, per loro e per come i loro due universi stavano entrando davvero in comunicazione. Sarebbe bello se anche le Napoli alle quali appartengono potessero conoscersi con la stessa tenerezza e sincerità".
Oltre che dai due esordienti, L'amore buio è interpretato anche da attori professionisti come Corso Salani (al suo ultimo film prima della scomparsa prematura), Luisa Ranieri, Valeria Golino, Anna Ammirati e Fabrizio Gifuni.

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