Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 20 aprile 2014)
Esistono poche città capaci di metaforizzare lo scorrere della storia europea del Novecento, i suoi conflitti sanguinosi e i suoi affascinanti intrecci socio-culturali. Si tratta di luoghi di confine, città-ponte dai nomi evocativi come Berlino o Sarajevo, metropoli che trascendono la propria appartenenza geografica e politica per imporsi come patrimonio universale.
Sarajevo, Bosnia Erzegovina, ex Jugoslavia, Balcani, Europa: è la città-simbolo dello scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914, ma anche del più recente conflitto bellico combattuto su suolo europeo nella prima metà degli anni ‘90. E sarà tra le protagoniste del festival di Cannes, grazie al film collettivo “I ponti di Sarajevo”, evento speciale fuori concorso coordinato dal critico francese Jean-Michel Frodon e diretto da tredici registi europei di varie estrazioni culturali e geografiche: Aida Begic, Leonardo Di Costanzo, Jean-Luc Godard, Kamen Kalev, Isild Le Besco, Sergei Loznitsa, Vincenzo Marra, Ursula Meier, Vladimir Perisic, Cristi Puiu, Marc Recha, Angela Schanelec e Teresa Villaverde.
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Vincenzo Marra sul set del suo episodio "Il ponte" |
Gli italiani Di Costanzo e Marra – entrambi campani – hanno firmato gli episodi intitolati “L’avamposto” e “Il ponte”. “Questo bellissimo progetto – sottolinea Di Costanzo – è nato su impulso di Frodon, che ha un rapporto molto intimo con Sarajevo, dove già durante il conflitto degli anni ‘90 ha fatto tanto per far restare in vita il cinema locale e la sua memoria. E dove oggi dirige una importante istituzione culturale”. “Da grande critico cinematografico qual è – aggiunge Marra – Frodon ha selezionato tredici registi che, in carriera, avessero vinto premi a Cannes, Venezia o Berlino. E ha dato loro carta bianca. Quando m’ha chiamato ho accettato con entusiasmo, perché sono stato in Bosnia prima, durante e dopo la guerra degli anni ’90 e ho studiato con molta attenzione la questione balcanica”.
Coproduzione internazionale tra Obala Art Center / Sarajevo City of Film e la casa di produzione francese Cinétévé, assieme a partner di Svizzera, Germania, Italia, Portogallo e Bulgaria, dopo la prima mondiale a Cannes “I ponti di Sarajevo” sarà proiettato il 28 giugno in Bosnia, durante le celebrazioni ufficiali per il centenario della Grande Guerra, nell’ambito del ventesimo Sarajevo Film Festival.
“L’avamposto” di Leonardo Di Costanzo è liberamente ispirato al racconto “La paura” di Federico De Roberto, l’autore de “I viceré” che nel 1921 dedicò al primo conflitto mondiale una novella sulla quotidiana crudeltà della guerra, soffermandosi in particolare sulla storia di un cecchino piazzato tra le rocce innevate del fronte settentrionale italiano, in alta montagna. “Ho girato in Trentino, tra il massiccio del Pasubio e le trincee del Nagià-Grom in Valle di Gresta”, racconta il regista di origini ischitane. “Qui, ho ambientato – aggiunge – una libera riduzione del racconto di De Roberto, che però ho dovuto asciugare, dato che per la sua complessità avrebbe meritato un film di mezz’ora, contro gli otto minuti assegnati a ciascuno di noi. Oltre al vincolo della durata, comunque, abbiamo avuto tutti massima libertà nello sviluppare il tema di Sarajevo tra 1914 e 2014 secondo le nostre personali inclinazioni e sensibilità. Rispetto ad altri colleghi coinvolti, ho scelto di non girare nella città bosniaca. Raccontare Sarajevo senza andare a Sarajevo, infatti, significa riconoscerle quel ruolo di punto alfa e omega del Novecento e di luogo simbolico dell’Europa durante il Secolo Breve”. Interpretato, tra gli altri, da Gaetano Bruno, Emanuel Caserio, Fortunato Leccese ed Emiliano Masala, “L’avamposto” è prodotto, come l’altro episodio italiano di Marra, da Francesco Virga e Gianfilippo Pedote per Mir Cinematografica, in collaborazione con Rai Cinema.
L’episodio di Vincenzo Marra s’intitola “Il ponte” ed è stato girato interamente a Roma, anche in luoghi di enorme suggestione come la chiesa dell’Ara Coeli. “Scegliendo a mia volta di raccontare Sarajevo da lontano – spiega il regista napoletano – ho scelto di dare voce al dramma della diaspora degli oltre due milioni di bosniaci costretti ad abbandonare la loro terra durante la guerra degli anni ‘90. E l’ho fatto attraverso la storia di una coppia esiliata a Roma, alle prese con le dolorose memorie dell’assedio di Sarajevo, il più lungo della storia bellica moderna, dall’aprile 1992 al febbraio 1996. Per i ruoli principali, ho scelto due non professionisti, Majo e Fatima, lui cuoco e lei interprete. E assieme, partendo dalla mia sceneggiatura originale, abbiamo fatto emergere una tale dolorosa emotività – conclude Marra – da costringerci molte volte a fermare le riprese per l’insostenibilità di ciò che emergeva dai loro ricordi”.
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