lunedì 15 dicembre 2014

STEFANO INCERTI E IL SUO NOIR SOTTO LA "NEVE"

Di Diego Del Pozzo

Anche col suo nuovo film, il bellissimo "Neve", Stefano Incerti si conferma tra i registi italiani più interessanti e dotati della propria generazione, grazie alla capacità tutta cinematografica di narrare con lo sguardo e a una consapevolezza linguistica - un po' da cinéphile, un po' da studioso - che gli permette di praticare un'idea di cinema capace di tenere assieme, con esiti notevoli, l'approccio fortemente autoriale e un rapporto con i generi mai compiaciuto o fine a se stesso ma vissuto sempre all'insegna della sincera partecipazione sia emotiva che intellettuale.
Stavolta, Incerti si misura con una sfida produttiva e artistica non da poco: quella di realizzare un film totalmente indipendente con meno di 500mila euro, rimettendosi in gioco nonostante una carriera ormai consolidata (questo è il suo settimo lungometraggio di finzione, oltre a corti e documentari) e il successo anche internazionale del precedente "Gorbaciòf" con Toni Servillo. E lo fa calandosi con un gruppo di appena dodici persone tra troupe e attori nel paesaggio imbiancato e gelido di un Abruzzo trasfigurato in autentico luogo dell’anima, da attraversare - come fanno i personaggi del suo film - alla ricerca innanzitutto di se stessi e del proprio posto in un mondo ostile e spietato. Tra tempeste capaci di ghiacciarti dentro e silenzi lancinanti resi ancora più estremi da quel colore bianco che non dà tregua allo sguardo e agli altri sensi, infatti, guardando "Neve" si ha quasi la sensazione di trovarsi nel Minnesota o nel Missouri di tanti film indipendenti americani di qualità, piuttosto che dalle parti di un cinema italiano che raramente ha saputo raccontare il paesaggio naturale con la forza espressiva del quarantanovenne cineasta napoletano.
Scritto assieme al giallista Patrick Fogli dallo stesso Incerti, che lo ha anche prodotto con la Eskimo di Dario Formisano, “Neve” (distribuito dalla coraggiosa Microcinema) è cucito addosso ai magistrali Roberto De Francesco (premiato per questo ruolo al Noir in Festival di Courmayer) ed Esther Elisha, perfetti nel dar vita a due individui sradicati, persi, in cerca di un nuovo inizio. Accanto a loro, che restano in scena per quasi tutto il film e recitano per sottrazione con gli sguardi prim’ancora che con le parole, si distinguono tre ottimi Massimiliano Gallo (un piccolo boss senza qualità), Antonella Attili (una bizzarra parrucchiera di paese) e Angela Pagano, veterana del teatro napoletano che rende con classe il personaggio di un’anziana mamma con la psiche devastata dall’alzheimer. Ancora una volta, dunque, Incerti si distingue per la grande attenzione e sensibilità nella direzione degli attori e per l'abilità nell'inserirli nell’ambiente circostante, che stavolta - in particolar modo la neve onnipresente - diventa un ulteriore personaggio.
Con cineprese digitali molto agili ma dalla resa cromatica elevatissima, il regista ha girato nello scorso febbraio direttamente nei luoghi reali della narrazione, immergendosi davvero tra le bufere e il gelo delle montagne abruzzesi, senza nessun intervento in postproduzione ad aumentare l'intensità e la densità della neve. E appunto in questo scenario desolato, capace di mettere a dura prova anche gli attori e le maestranze nel corso delle riprese, Donato (De Francesco) vaga a bordo della sua station wagon alla ricerca di qualcosa che è nascosto lì da anni (la refurtiva di una rapina milionaria?). Quando soccorre la sensuale e misteriosa Norah (Elisha), abbandonata per strada dal malavitoso col quale era in auto, l’uomo decide di portarla con sé. Pian piano, tra echi noir e suggestioni thriller (e persino western, come il notevole incipit), i due diventano via via più intimi, mentre intorno a loro tutto si fa sempre più bianco.
Il bassissimo budget di "Neve" è valorizzato al meglio (gli euro spesi sembrano molti di più) grazie alla regia di Incerti e alle interpretazioni degli attori, ma anche dai contributi tecnici di collaboratori di rilievo come Pasquale Mari alla fotografia (coadiuvato nel finale da Daria D'Antonio), Renato Lori alle scenografie o Ortensia De Francesco ai costumi, tutti coinvolti nel progetto in maniera profonda, così come gli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Napoli come stagisti. Se è vero, dunque, che in Italia la libertà creativa assoluta si paga con l'handicap di mezzi scarsissimi a propria disposizione, è altrettanto vero che film vivi come "Neve" danno speranza a chi li guarda, perché urlano forte che il talento e la volontà, ancora oggi, contano più dei soldi. 

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