lunedì 4 giugno 2012

IL CINEMA SECONDO SPRINGSTEEN: IL SERVIZIO DELL'ANSA

Mentre Bruce Springsteen sta per arrivare in Italia col suo Wrecking Ball Tour per le tre attesissime date di Milano (giovedì), Firenze (domenica) e Trieste (lunedì), un nuovo libro approfondisce, per la prima volta al mondo in maniera così organica e strutturata, il rapporto tra il "Boss" e il cinema: rapporto saldissimo e al di sopra di ogni sospetto, se si pensa semplicemente alla scelta di aprire anche i concerti del nuovo tour sulle note di tanti celebri western cinematografici, a partire da quelli, da lui amatissimi, musicati da Ennio Morricone per Sergio Leone.
Il libro s'intitola "Il cinema secondo Springsteen" (240 pagine, 12 euro) - con chiaro riferimento allo storico saggio cinefilo di Francois Truffaut "Il cinema secondo Hitchcock" - e lo hanno curato il giornalista e saggista Diego Del Pozzo e lo storico del cinema Vincenzo Esposito per il marchio Quaderni di Cinemasud delle edizioni irpine Mephite come primo titolo della collana editoriale "visionirock". Ed è interessante che lo studio arrivi proprio dalla Campania (dov'è stato presentato in anteprima nei giorni scorsi, al Palazzo delle Arti di Napoli, durante l'omonima manifestazione culturale), a conferma del saldo legame di Springsteen con una regione nella quale si trova parte delle proprie origini familiari (la mamma, Adele Zirilli, è figlia di due emigranti di Vico Equense, in Costiera sorrentina).
Nel loro libro, Del Pozzo ed Esposito esplorano la relazione affascinante e complessa tra il rocker del New Jersey e la Settima Arte, non riducibile alla sola presenza dell'artista nei film, in veste di attore o autore di brani da colonna sonora, come nei casi di Elvis Presley, Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan o David Bowie. "No, il suo caso - spiegano i due curatori del volume - è diverso. Diremmo, addirittura unico. Innanzitutto, perché unica nel panorama della popular music contemporanea è la profondità della traccia più immediatamente individuabile: cioè, quella riguardante la "musica ispirata dal cinema", che nel suo caso non si limita a una specifica relazione diretta tra le canzoni e alcuni film di riferimento, ma investe, più in generale, una buona parte del patrimonio culturale del cinema americano, inteso in tutte le sue declinazioni. Poi, però, a rendere ancora più sfuggente e complessa la materia, c'è la consapevolezza di quanto Springsteen stesso abbia, nel corso dei decenni, influenzato tanto cinema americano con "pezzi di immaginario" direttamente riconducibili alla sua produzione artistica". Il rapporto tra il rocker e il cinema, dunque, è fortemente empatico e si sviluppa, in particolar modo nella seconda parte della carriera, in maniera quantomeno paritaria, tra un continuare a "prendere" dal cinema e un "dare" all'immaginario popolare americano.
"Il cinema secondo Springsteen", dopo la prefazione del critico cinematografico Valerio Caprara, si apre con i lunghi saggi di Vincenzo Esposito ("Bruce Springsteen e l'immaginario cinematografico americano (1973-1990)") e Diego Del Pozzo ("Di diavoli e di polvere. Springsteen e il cinema americano della Nuova Grande Depressione"), dedicati alle due fasi della carriera del "Boss": il primo dagli esordi alla fine degli anni Ottanta (con approfondimento dei meccanismi di ricezione della "emotion machine" cinematografica), il secondo dall'album "Tunnel of Love" al recente "Wrecking Ball", con particolare enfasi posta sulle dinamiche socio-culturali che consentono a Springsteen, dalla metà degli anni Novanta in poi, di diventare un punto di riferimento per il cinema e, più in generale, per l'intera cultura e società americane. Nelle dense analisi dei due curatori, scorrono l'uno dopo l'altro titoli di film che hanno segnato in profondità l'immaginario springsteeniano e la sua scrittura (per esempio, "Furore" e "Sentieri selvaggi" di John Ford, il noir "Thunder Road" o "Badlands" di Terrence Malick), ma anche altri più o meno direttamente ispirati dall'arte del musicista (da "Lupo solitario" di Sean Penn al poliziesco "Cop Land", dal neo-western "Le tre sepolture" al dolente "The Wrestler" con Mickey Rourke). Ma c'è ampio spazio, naturalmente, pure per l'Oscar vinto nel 1994 per la canzone "Streets of Philadelphia" inclusa in "Philadelphia" di Jonathan Demme e per gli altri brani originali composti per il cinema.
Nella sua parte centrale, il libro presenta due contributi di Antonio Tricomi (sui videoclip, spesso "d'autore", che hanno contribuito a dare ulteriore forza visiva alle canzoni) e Fabio Maiello (sulla centralità delle liriche nell'universo della "Springsteen Soundtrack"), mentre la sezione conclusiva (un lungo saggio di Corrado Morra, presidente della Scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli) indaga, con approccio critico innovativo, sull'evoluzione dell'Icona Springsteen nel corso dei decenni a partire dalle immagini delle copertine dei suoi album. Completano il libro filmografie e videografie finali, oltre alla dettagliata bibliografia.
Fonte: Ansa.

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