giovedì 7 gennaio 2010

ROCK AROUND THE SCREEN: "GIMME SHELTER"

Di Alberto Crespi

(L'Unità - 7 gennaio 2010)

Gli snuff-movies sono quei film - clandestini e super-proibiti - dove viene mostrata, a scopi voyeuristici, l'autentica uccisione di un essere umano. Tecnicamente, Gimme Shelter è uno snuff-movie. Ma è anche uno dei più importanti documentari della storia del cinema, nonché uno dei film che meglio hanno mostrato la natura profonda del rock 'n' roll intercettando un gruppo come i Rolling Stones all'apice della loro creatività. Ed è un film maledetto: girato nel 1969, uscì negli Usa nel 1970 e fu presentato a Cannes nel 1971, poi sparì dalla circolazione. Qualche anno fa, chi scrive ebbe l'occasione di vederlo al Torino Film Festival, in una retrospettiva sul New American Cinema: i registi, Charlotte Zwerin e i fratelli David e Albert Maysles, erano esponenti importanti di quel movimento. Ora la Warner l'ha pubblicato in dvd, in una copia splendidamente restaurata.
Perché definiamo Gimme Shelter uno snuff-movie? Perché mostra l'uccisione di un uomo. Il delitto avvenne nel dicembre del '69 durante il raduno di Altamont, in California. Gli Stones erano l'attrazione principale di una "risposta californiana" a Woodstock (tenuto nell'agosto del medesimo anno) dove suonarono anche Jefferson Airplane e Grateful Dead. Il manager dei Dead ebbe la balzana idea di affidare il servizio d'ordine agli Hell's Angels, la gang di motociclisti nota per la dedizione alle moto, alla birra e alla violenza gratuita. La giornata fu segnata da continue risse fra gli Hell's Angels e gli spettatori, finché a notte fonda, mentre gli Stones eseguivano Under My Thumb, uno degli Angels - Alan Passaro, allora 21enne - accoltellò Meredith Hunter, un ragazzo di colore che stava sotto il palco (armato di pistola, va detto). Le macchine da presa dei fratelli Maysles e dei loro operatori (fra di loro, secondo una testimonianza di Albert Maysles mai del tutto confermata, anche un 25enne George Lucas) ripresero tutta la scena. Gli Stones, sul palco, non si accorsero dell'omicidio, ma era fin dall'inizio della loro esibizione che davanti a loro succedeva di tutto: risse, botte, spettatori strafatti, ragazze che cercavano di saltar loro addosso, e gli Angels che "controllavano" la situazione stando sul palco, gomito a gomito con i musicisti.
Si trattasse solo di questo, Gimme Shelter sarebbe solo una tragica candid-camera: un operatore riprende un musicista che suona, pochi metri più in là un uomo uccide un altro uomo, l'operatore lo inquadra per caso. Roba buona per il processo. Invece Gimme Shelter è un grande film e ora proviamo a spiegare perché.
Passo indietro. Nel '69 i Rolling Stones sono in fase di mutazione. Cambiano chitarrista: Mick Taylor, virtuoso adolescente innamorato del blues, sostituisce l'ormai inaffidabile Brian Jones. Quest'ultimo muore, il 3 luglio. Due giorni dopo gli Stones lo ricordano in un concerto gratuito a Hyde Park, Londra, e subito dopo partono per una tournée americana dove diventano, davvero, "la più grande rock band del mondo". Tra il '67 e il '69 gli Stones avevano pericolosamente imitato i Beatles inseguendo suoni psichedelici ai quali erano poco adatti e azzerando, o quasi, i concerti. In America, anche grazie a Taylor - che in coppia con Richards dà al gruppo un sound chitarristico formidabile - riscoprono il piacere di suonare dal vivo. A tour finito, vanno ad Altamont per segnare, idealmente, il climax della stagione dei grandi raduni. Ma lì, la morte è in agguato.
Gli Hell's Angels uccidono non solo Meredith Hunter, ma anche l'utopia dei giorni di "pace amore e musica" nata a Woodstock e durata pochi mesi. È la documentazione di quella morte - la morte dell'innocenza del rock, ammesso fosse mai nata - che rende Gimme Shelter straordinario. La bellezza del film, invece, è tutta nell'idea dei fratelli Maysles: partiti per documentare un trionfo, si trovano a registrare una catastrofe. Chiunque altro avrebbe buttato il film. Loro lo rivoltano. Girano, come fosse una seduta di autoanalisi, una "cornice" in cui gli Stones, assieme a loro, rivedono alla moviola il materiale girato: la tournée, la caotica organizzazione di Altamont, il bagno di folla, fino al vero climax: l'assassinio. Che osservato in moviola, analizzato nei dettagli ("vedi, Mick, ha un coltello" - "sì, e quell'altro ha in mano una pistola..."), non è più uno snuff-movie, ma una riflessione sulla morte al lavoro e su quanto il cinema possa essere un occhio indifferente, o empatico, su di essa. Poi, nel film, c'è anche grande musica. Ma vederlo è un'esperienza totale. Diversa da qualunque altro film abbiate mai visto.
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Ad Altamont e agli altri grandi raduni rock svoltisi tra il 1967 e il 1970 - da Monterey all'Isola di Wight, per intenderci... - è dedicato il bel saggio di Vincenzo Esposito incluso nel volume Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, curato da me e da lui per l'editore Liguori e in uscita lunedì 1 febbraio.

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