giovedì 25 febbraio 2010

IN RITARDO, MA "THE ROAD" USCIRA' ANCHE IN ITALIA

Di Diego Del Pozzo

Qualche giorno fa, sull'altro blog Rock Around the Screen - dedicato all'affascinante universo del cinerock, proprio come il libro omonimo che sarà presentato martedì al megastore La Feltrinelli di Napoli - mi lamentavo del fatto che un film importante come The Road di John Hillcoat non fosse stato ancora distribuito in Italia e consigliavo a tutti i delusi di ascoltarne la suggestiva colonna sonora composta da Nick Cave e Warren Ellis.
Ebbene, è proprio notizia di oggi che la bella pellicola con Viggo Mortensen e, tra gli altri, Charlize Theron, tratta dal romanzo-capolavoro di Cormac McCarthy (Premio Pulitzer 2007), è stata acquistata da un distributore italiano, la coraggiosa e lungimirante Videa-Cde (la stessa che portò in sala il sottovalutato The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, ora candidato a nove Oscar), che la farà uscire anche nei cinema italici. In tal modo, viene rotto l'assurdo "embargo" tricolore nei confronti di un film che distributori nostrani più importanti avevano avuto addirittura il cattivo gusto di ignorare perché - a loro dire - "poco commerciale e sin troppo cupo".
Alla fine, per fortuna, un buon film ha la meglio sull'ignoranza e sui pregiudizi.

A NAPOLI UN NUOVO FESTIVAL DEL DOCUMENTARIO

Di Diego Del Pozzo

Nasce a Napoli un nuovo festival interamente dedicato al documentario: il suo nome è Indoxx e si svolgerà nei giorni 19 e 20 marzo all'interno dello storico complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore.
La manifestazione, diretta dal giornalista del Tg3 Romolo Sticchi, si propone "come progetto - spiega proprio il direttore artistico - capace di promuovere un reale cambiamento nella 'cultura del documentario', in un momento caratterizzato da una produzione sempre più ricca e diversificata, in Italia e all'estero, ma anche dall'assenza di spazi e riconoscimenti adeguati".
Sul quotidiano Il Mattino di ieri c'è un mio articolo su questo festival. Chi volesse leggerlo può cliccare qui.

martedì 23 febbraio 2010

GENITORI & FIGLI SECONDO GIOVANNI VERONESI

Di Diego Del Pozzo

Ieri ho seguito la presentazione del nuovo film di Giovanni Veronesi dedicato ai conflitti generazionali e familiari: Genitori & figli: agitare bene prima dell'uso, prodotto e distribuito dalla Filmauro di Aurelio De Laurentiis.
Il film uscirà venerdì nei cinema italiani e propone un cast ricco, composto da interpreti molto noti come Luciana Littizzetto (qui a lato, in una scena movimentata), Silvio Orlando, Michele Placido, Elena Sofia Ricci, Margherita Buy, Max Tortora e Piera Degli Esposti; ma anche da giovani promettenti come Chiara Passarelli, Emanuele Propizio, Andrea Fachinetti e Matteo Amata. Incentrato sul confronto-scontro tra il mondo degli adulti e quello dei giovani di oggi, filtrato dallo sguardo disincantato della quattordicenne Nina (la Passarelli), Genitori & figli: agitare bene prima dell'uso ha offerto al regista e sceneggiatore Giovanni Veronesi l'occasione per dire la sua su ciò che è oggi la famiglia: "Un vero disastro, per colpa di noi genitori. Ho voluto interrogarmi, infatti, su come la mia generazione, maturata durante un periodo caotico come gli anni Ottanta, abbia impostato il rapporto con i propri figli; e sono arrivato a conclusioni davvero sconfortanti. Abbiamo trasmesso ai nostri ragazzi una totale mancanza di valori e un enorme appiattimento culturale, che gli ha reso difficile crescere in questi ultimi vent'anni e che li ha portati, tra l'altro, a preferire la solitudine di Internet a rapporti più veri e profondi".
Alla presentazione del film ho dedicato un lungo articolo pubblicato oggi sul quotidiano Il Mattino. Chi volesse leggerlo può cliccare qui e procedere all'ingrandimento, con la consueta avvertenza che gli articoli restano leggibili sul sito del giornale soltanto per i sette giorni successivi alla data di pubblicazione.

lunedì 22 febbraio 2010

IN EDICOLA UN CAPOLAVORO DI ROBERT SILVERBERG

Di Diego Del Pozzo

E' in edicola, nella meritoria collana mensile mondadoriana Collezione Urania, un autentico capolavoro della letteratura fantastica novecentesca: L'uomo stocastico (1975) di Robert Silverberg (308 pagine, 5.50 euro).
Ecco, qui di seguito, il bellissimo incipit del romanzo: "Si nasce per caso in un universo governato dal caso. Le nostre vite sono decise da combinazioni casuali di geni. Tutto quello che accade, accade per caso. Causa ed effetto sono sofismi. Esistono solo cause apparenti che portano a effetti apparenti, e dato che nulla dipende realmente da qualcos'altro, navighiamo ogni giorno in oceani di caos dove niente è prevedibile, nemmeno il futuro più prossimo, l'immediato dell'istante successivo. Voi ci credete? Se è così, vi compiango perché la vostra dev'essere una vita triste, spaventosa e sconsolata".
Ed ecco qui sotto un po' di note tratte dalla quarta di copertina del libro.
Stocastico: voce dotta dal greco Stochéstikos (congetturale, dovuto al caso, aleatorio). Questo dice il dizionario. Ma Robert Silverberg dice di più. Dice che uno specialista di indagini conoscitive e di statistiche previsionali, un professionista della congettura, può tutto a un tratto scoprire la vera natura del proprio talento. E questo talento non ha niente a che fare con la scienza dei numeri, con il buonsenso, con il fiuto commerciale e politico. E' un dono naturale che, coltivato opportunamente, permette all'uomo stocastico di vedere il futuro come in una sfera di cristallo.
"Mai come in questo romanzo l'antico sogno dell'umanità è stato presentato con tanta acutezza psicologica, con un così vivo senso di ciò che potrebbe essere, in concreto, la vita di un autentico veggente" (Carlo Fruttero & Franco Lucentini).
Nato nel 1935, Robert Silverberg è uno dei maggiori scrittori americani di SF. Molto prolifico fin dagli anni Cinquanta, ha trovato una sua voce personale alla fine del decennio successivo, producendo capolavori come Brivido crudele (1967), Violare il cielo (1967), Vertice di immortali (1969), Ali della notte (1969), Torre di cristallo (1970), L'uomo stocastico (1975) e Shadrach nella fornace (1976). E' anche autore di una biografia romanzesca dell'eroe babilonese Gilgamesh (1984-89, in cinque anni) e, nel campo del fantasy, delle Cronache di Majipoor (1980-2001, serie inaugurata da Il castello di Lord Valentine).
Io ho comprato il romanzo proprio stamattina in edicola e inizierò a leggerlo immediatamente.

domenica 21 febbraio 2010

PRESENTATO A 'O CURT "CORDE" DI MARCELLO SANNINO

Di Diego Del Pozzo

Corde, il delicato documentario sulla storia del pugile napoletano Ciro Pariso scritto, diretto e fotografato da Marcello Sannino - vincitore, a novembre, del Premio speciale della giuria nella sezione Italiana.Doc al Torino Film Festival 2009 - è stato presentato ieri pomeriggio, all'Istituto Grenoble di Napoli, durante la giornata conclusiva di 'O Curt, il festival del cortometraggio organizzato dalla Mediateca comunale Santa Sofia. Con l'autore, hanno introdotto la proiezione la produttrice Antonella Di Nocera di Parallelo 41 e il critico cinematografico Alberto Castellano. Nel documentario, montato da Aurelia Longo con musiche di Riccardo Veno, è ricostruita la vicenda esistenziale e sportiva di Pariso, ventiseienne pugile professionista napoletano, nato e cresciuto nel popolare quartiere Avvocata, alle spalle della piazza di Montesanto, dietro il parco dei Ventaglieri: in pieno "ventre" di Napoli, dunque. Il ragazzo s'è formato pugilisticamente nella palestra NapoliBoxe di Lino Silvestri, figlio di Geppino, il maestro di tanti campioni del passato. "La boxe e il grande amore per la madre - racconta Sannino - hanno permesso a Ciro di resistere a tutto e di emergere dal difficile contesto ambientale circostante, inseguendo il desiderio di avere, semplicemente, una vita normale e serena. Quello che mi ha più colpito di lui è la sua tenerezza. Contrariamente all'idea del pugile spavaldo e rissoso, infatti, ha un'indole sofferente e taciturna, accentuata anche da quella sua postura un po' curva". Marcello Sannino sviluppa l'idea del film già nel 2000, per iniziarne la realizzazione poco dopo: "Dal nostro primo incontro, ho seguito Ciro con regolarità per quasi quattro anni, girando più di settanta ore di materiale". Il regista svela, poi, un retroscena delle riprese: "Come incipit, ho potuto inserire la sequenza di un suo incontro disputato, quando era ancora diciassettenne, contro Vincenzo Picardi. Si tratta di materiale che mi è stato regalato da un maestro del documentario italiano come Leonardo Di Costanzo: il caso, infatti, ha voluto che anche lui avesse ripreso Pariso per un suo lavoro poi non più realizzato".
In Corde, dunque, la parabola esistenziale e agonistica di Ciro Pariso è ripercorsa lungo un arco di tempo molto ampio, che passa dai primi match come giovanissimo dilettante fino all'esordio da professionista di pochi mesi fa, ma che comprende anche eventi intimi come il matrimonio, la morte del maestro Geppino, la nascita del figlio; il tutto sullo sfondo di una Napoli che assurge al ruolo di autentica co-protagonista e riesce a rendere ancora più incisivo e poetico questo ritratto di un suo figlio verace.

venerdì 19 febbraio 2010

RITORNA (AGGIORNATO) UN BEL LIBRO SUL CINEMA A NAPOLI

Di Diego Del Pozzo

L'altra sera, nell'ambito del festival del cortometraggio 'O Curt, in corso di svolgimento all'Istituto Grenoble di Napoli, è stata presentata la nuova edizione di un interessante volume intitolato Napoli, una città nel cinema, a cura di Chiara Masiello e Adriana Muti. Il libro, aggiornato e di molto accresciuto con nuovi contributi storico-critici rispetto alla prima versione del 1995, è stato ripubblicato dalla Biblioteca Universitaria di Napoli in collaborazione con la casa editrice Dante & Descartes. Essendo una pubblicazione fuori commercio, potrà essere reperita, da coloro che fossero interessati, direttamente presso la sede della Biblioteca, in via Giovanni Paladino 39 a Napoli.
Per parlare del volume, oltre che del ruolo di Partenope nella storia del cinema italiano, sono intervenuti a 'O Curt Francesco Napolitano della Mediateca Santa Sofia del Comune di Napoli (che organizza il festival giunto alla dodicesima edizione); la direttrice della Biblioteca Universitaria, Ornella Falangola; una delle due curatrici, Chiara Masiello; lo storico del cinema Vincenzo Esposito e il critico cinematografico Alberto Castellano, che ha lamentato "l'assenza di storie organiche del cinema napoletano", evidenziando al tempo stesso "l'importanza di un volume come questo, capace di coprire un argomento così vasto dalle origini ai giorni nostri".
E, in effetti, Napoli, una città nel cinema inizia ai tempi delle prime proiezioni fine-ottocentesche nei caffè-concerto per passare attraverso la "fascistizzazione" degli anni 1930-1945 (quando il regime decise di accentrare tutte le attività negli Studios di Cinecittà), la nascita dei circoli del cinema nel secondo dopoguerra, lo sviluppo degli studi storici dedicati al cinema grazie a figure come Roberto Paolella, la parabola avvincente del cinema popolare napoletano tra i decenni Cinquanta e Settanta (da Roberto Amoroso a Mario Merola), fino a giungere a figure-chiave della contemporaneità come Massimo Troisi e all'oggi di autori come Paolo Sorrentino e film-denuncia come Gomorra. Tra i saggi raccolti nel denso volume - 270 pagine di grande formato - sono particolarmente interessanti quelli di Mino Argentieri, Valerio Caprara, Alberto Castellano, Pasquale Iaccio e Mirco Melanco. Punto di forza del libro, però, è certamente la dettagliatissima filmografia del cinema napoletano che, lungo ben cinquantacinque pagine, parte dal 1905 de La carrozza di Montevergine dei fratelli Troncone per giungere fino al 2009 di Tris di donne e abiti nuziali di Vincenzo Terracciano.
A questo libro ho dedicato un articolo anche sul quotidiano Il Mattino. Chi volesse leggerlo può cliccare qui e procedere al consueto ingrandimento.

giovedì 18 febbraio 2010

A MARZO ARRIVA "ALICE" DI TIM BURTON: ECCO IL TRAILER!

Ormai mancano soltanto pochi giorni all'uscita italiana. Nell'attesa, gustiamoci il trailer di quello che potrebbe essere un capolavoro del cinema fantastico...

martedì 16 febbraio 2010

UN DOCUMENTARIO SUI DOORS NARRATO DA JOHNNY DEPP

Uscirà nei cinema americani tra poco meno di due mesi (il 9 aprile) When You're Strange, il documentario scritto e diretto da Tom Di Cillo dedicato all'inimitabile parabola artistica dei Doors e, in particolar modo, a quella del loro leader, Jim Morrison. Il film - presentato con successo l'anno scorso a festival prestigiosi come Sundance, Berlinale, Deauville e San Sebastian - si avvarrà della voce narrante di Johnny Depp: "Guardando le ipnotiche sequenze inedite di Jim, John, Ray e Robby - ha spiegato l'attore - mi è sembrato di riviverne l'esperienza attraverso i loro occhi".
When You're Strange - titolo che riprende un verso del brano People Are Strange, uno dei "manifesti" musicali e "ideologici" dei Doors - è stato realizzato prevalentemente attraverso il montaggio di sequenze rare e inedite, rese disponibili grazie alla collaborazione dei membri superstiti della band californiana - Ray Manzarek, John Densmore e Robby Krieger - e degli eredi di Jim Morrison. Nei novanta minuti del documentario, che mostrerà anche alcune riprese inedite di Jim e Ray ai tempi dei corsi di cinema frequentati alla Ucla, è narrato il periodo temporale compreso tra la nascita dei Doors nel 1965 e la morte di Morrison nel 1971. Secondo Manzarek il film va considerato come "un antidoto a The Doors di Oliver Stone", pellicola che suscitò molte polemiche, quando uscì nel 1991, in particolar modo per come erano descritti i rapporti tra i vari componenti della band.

lunedì 15 febbraio 2010

LA SINCERITA' DI RAOUL BOVA A SCAMPIA

Di Diego Del Pozzo

Venerdì mi è capitato di dover seguire, per Il Mattino, la presentazione napoletana della commedia sentimentale per adolescenti Scusa ma ti voglio sposare, nuova regia di Federico Moccia che fa da seguito al campione d'incassi Scusa ma ti chiamo amore, del quale ripropone la stessa coppia di protagonisti: Raoul Bova e Michela Quattrociocche.
Quella che doveva essere una semplice giornata di lavoro, però, si è trasformata in un'esperienza molto interessante, grazie alla sensibilità di Bova, che ha insistito con la produzione del film per inserire all'ultimo momento un "fuori programma" in una scuola di Scampia, l'Itis "Galileo Ferraris", dove ha incontrato gli studenti assieme al resto del cast. Ne ho scritto ampiamente sul giornale uscito sabato e, dunque, chi volesse leggere l'articolo può cliccare qui.
In questa sede, invece, mi preme solo sottolineare quanto sincero sia stato il confronto tra i ragazzi di Scampia e il loro idolo Raoul Bova, che peraltro tornava nel difficile quartiere della periferia napoletana per la terza volta. L'attore, infatti, ha risposto alle loro domande, ha dato consigli e, soprattutto, ha condiviso con la giovane platea le sue paure quotidiane, raccontando anche episodi dolorosi del proprio passato e spronando gli studenti a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà, personali o ambientali che esse siano. "In occasione delle mie visite precedenti - ha spiegato Bova - ho lasciato a Scampia un pezzo del mio cuore. Per questo, ho deciso che verrò qui per presentare ogni mio nuovo film: voglio crescere assieme a questi ragazzi e, magari, essere per loro un riferimento positivo. Spesso, infatti, in questi quartieri non ci sono troppe scelte per chi ci vive. E io, nel mio piccolo, voglio fare qualcosa proprio per aumentare la possibilità di scelta di questi giovani".

venerdì 12 febbraio 2010

QUANDO "LOST" INCONTRA "24"

A proposito di Lost. Gustatevi questa ricostruzione del disastro del volo Oceanic 815 proposta "in tempo reale", secondo lo stile narrativo di 24 (la "mitica" serie tv con Kiefer Sutherland). (d.d.p.)

giovedì 11 febbraio 2010

TRE GUITAR HEROES IN UN IMPERDIBILE DOCUMENTARIO

Di Diego Del Pozzo
(Rock Around the Screen - 9 febbraio 2010)

Jimmy Page, 65 anni; Dave Evans in arte The Edge, 48 anni; Jack White, 34 anni: tre innamorati persi della chitarra elettrica, appartenenti a generazioni differenti e dotati di diversi stili e inclinazioni. Sono loro tre i protagonisti del magnifico It Might Get Loud, il documentario diretto da quel Davis Guggenheim che, dopo il canto d'amore nei confronti del Pianeta Terra intitolato Una scomoda verità e realizzato assieme al Premio Nobel Al Gore (e premiato con l'Oscar), ha deciso di realizzarne uno altrettanto intenso, coinvolto e coinvolgente dedicato al più rock degli strumenti musicali: sua maestà la chitarra elettrica.
It Might Get Loud, presentato lo scorso anno al festival di Berlino, è un film bellissimo, che riesce a mettere a confronto tre mondi chitarristici (e artistici) apparentemente inassimilabili ma, in realtà, molto più affini di quanto si possa credere, innanzitutto per l'inesauribile voglia di sperimentazione dei tre guitar heroes. "Avrei potuto coinvolgere tanti altri chitarristi virtuosi - spiega Guggenheim - o altre leggende della chitarra. Ma non avrei potuto mai trovarne tre che sono al tempo stesso musicisti e ricercatori: ognuno di loro, infatti, è ancora in cerca di ciò che vuol dire con esattezza fare musica".
Adesso, il documentario di Guggenheim è appena uscito in dvd e costituisce una visione da non perdere assolutamente, per qualsiasi appassionato vero di cinerock: è imperdibile, infatti, per come ripercorre le storie personali dei tre chitarristi, calandoli nelle rispettive tradizioni di riferimento; e lo è per la straordinaria raffinatezza che sfoggia dal punto di vista della concezione, della realizzazione e del montaggio; lo è, infine, per come riesce a delineare, al tempo stesso, tre diverse personalità artistiche, tre differenti stagioni della storia del rock e tre filosofie musicali; il tutto in modo davvero trascinante e molto, molto divertente.

mercoledì 10 febbraio 2010

CULT SERIES: DA STASERA RITORNA "LOST"

Di Diego Del Pozzo

L'attesa degli appassionati italiani è terminata: dalle 21.10 di questa sera, infatti, Fox (canale 110 di Sky) manderà in onda il primo episodio della stagione finale di Lost, l'adrenalinica e misteriosa serie televisiva creata da J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber nel 2004 per il network Abc. Tutto ciò a poco più di una settimana dalla trasmissione americana, che aveva addirittura costretto il presidente Obama a spostare di qualche ora il tradizionale discorso alla nazione, per evitare sovrapposizioni con l'evento televisivo del momento. In piena epoca di download globali attraverso Internet, si è reso necessario il quasi totale azzeramento della distanza tra la messa in onda americana e quelle nel resto del mondo. Per questo motivo, gli appassionati italiani potranno seguire le diciotto nuove puntate - destinate a sciogliere i misteri dell'isola del Pacifico sulla quale si sono ritrovati i superstiti dell'incidente aereo del volo Oceanic 815 - appena otto giorni dopo rispetto agli Stati Uniti, doppiate in italiano a tempo di record (con la possibilità, comunque, di visione in lingua originale e sottotitolata) e in alta definizione. E per i più tecnologici c'è, già dalla settimana scorsa, la possibilità di acquistare in modalità "on demand", dal giorno successivo la messa in onda americana, gli episodi in lingua originale con sottotitoli italiani sulle piattaforme IpTv di Telecom Italia, grazie a un accordo con The Walt Disney Company, proprietaria della Abc. In estate, infine, la serie conclusiva di Lost sarà trasmessa in chiaro su Raidue.
La quinta stagione si era chiusa con l'ennesimo colpo di scena: la deflagrante esplosione di un ordigno nucleare che avrebbe consentito (oppure no?) ai vari personaggi, intrappolati nel passato, di tornare al loro presente. Della sesta in onda da stasera tutti i mercoledì si sa, ovviamente, molto poco. Quel che è certo è che al centro della narrazione resterà l'eterno dilemma tra ragione e fede, rispettivamente incarnate da Jack (Matthew Fox) e Locke (Terry O' Quinn). Parallelamente, andrà avanti anche il conflitto senza esclusione di colpi tra Charles Widmore (Alan Dale) e Benjamin Linus (Michael Emerson), uno dei personaggi più controversi nell'intera storia della televisione seriale a stelle e strisce. Nel corso della stagione, poi, ritornerà l'intero cast alternatosi nei cinque anni precedenti, per preparare come si deve un finale che - secondo quanto promesso dalle due attuali menti creative della serie, Carlton Cuse e Damon Lindelof - "fornirà davvero tutte le risposte e farà svanire ogni mistero".
Sull'argomento c'è un mio articoletto anche sul quotidiano Il Mattino in edicola oggi. Chi volesse leggerlo può cliccare qui e procedere al consueto ingrandimento.

martedì 9 febbraio 2010

INCASSI RECORD E POLEMICHE PER "PARANORMAL ACTIVITY"

Di Diego Del Pozzo

Si è messa in moto anche in Italia la "macchina da guerra" del marketing che, negli Stati Uniti, ha contribuito a produrre il clamoroso successo di un film come Paranormal Activity di Oren Peli, costato appena 15.000 dollari e già oltre la strabiliante soglia dei 110 milioni d'incasso, che l'hanno trasformato nella pellicola più remunerativa di tutti i tempi.
Adesso, il "ciclone" Paranormal Activity, distribuito dalla Filmauro di Aurelio De Laurentiis, sbarca anche in Italia e fa subito molto rumore, in alcuni casi anche attraverso episodi enfatizzati a uso e consumo dei media. Dal punto di vista degli incassi, il piccolo horror "fatto in casa" è riuscito a insidiare, nel week-end di uscita, addirittura il poderoso Avatar, posizionandosi al secondo posto con 3.668.518 euro incassati in 411 sale, contro 5.687.902 in 675 sale, per una media persino superiore rispetto a quella del kolossal di Cameron: 8.926 euro a sala contro 8.427.
Paranormal Activity, però, sta facendo rumore in Italia anche per un altro motivo: le forti polemiche per il mancato divieto ai minori di 18 o 14 anni, richiesto da più parti dopo i primi giorni di proiezione e i numerosi episodi di svenimenti e malesseri che, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, si sarebbero verificati tra il pubblico più giovane, particolarmente esposto alle forti emozioni del film che, grazie allo stile "finto-documentaristico", fa sembrare più reale ciò che narra.
Chi ne volesse sapere di più, può leggere il mio articolo pubblicato sul quotidiano Il Mattino in edicola oggi, cliccando qui oppure qui.

lunedì 8 febbraio 2010

ROCK-SCREEN: POLEMICA VERDONE-GELDOF

Di Diego Del Pozzo
(Rock Around the Screen - 6 febbraio 2010)

In questi giorni, stanno facendo molto discutere le dichiarazioni di Carlo Verdone contenute nell'intervista presente all'interno del nostro libro Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop. A partire da lunedì, infatti, le hanno riportate innumerevoli siti web, agenzie di stampa e quotidiani.
In particolare, ha suscitato scalpore ciò che Verdone pensa delle iniziative benefiche organizzate da alcune rockstar come Bono degli U2 o Bob Geldof: "Non sono servite a niente. Si tratta di iniziative promozionali di gente che fa un discorso e riparte sul suo jet privato". Al regista e attore romano ha replicato direttamente Geldof, che in un'intervista al quotidiano Il Giornale - che martedì aveva dato molto spazio proprio al nostro libro e alle frasi di Verdone - ha dichiarato: "I concerti benefici aiutano i poveri, sono i politici che non fanno nulla. È disarmante sentire che una persona ricca non può aiutare i poveri, ma è lo specchio della nostra società, dove ricchi e poveri devono rimanere ben separati. Se hai dei soldi e li investi per aiutare chi ha bisogno, dov'è il problema?".
Insomma, il nostro libro ha catturato su di sé una certa attenzione...

domenica 7 febbraio 2010

COMICS: INTERVISTA A RICCARDO BURCHIELLI

Di Diego Del Pozzo

Venerdì pomeriggio, la fumetteria Alastor di Napoli ha ospitato un interessante incontro col disegnatore Riccardo Burchielli, co-creatore della serie "cult" DMZ assieme allo sceneggiatore Brian Wood.
Burchielli (qui nella foto), trentacinquenne fiorentino grande tifoso della Viola, appare giustamente orgoglioso per il contributo artistico dato a uno tra i fumetti seriali più interessanti degli ultimi anni: "Non sono il primo italiano - spiega - ad avere successo come disegnatore di fumetti negli Stati Uniti. Però, sono il primo a firmare una serie mensile di successo da co-creatore, per un marchio come la Vertigo e una major editoriale come la DC Comics".
Di fronte al folto pubblico presente nei locali della fumetteria napoletana, Riccardo entra nei dettagli, per spiegare i retroscena e i significati di un progetto come DMZ, riuscitissimo mix tra fantascienza apocalittica e apologo politico, memore della lezione di un capolavoro cinematografico come 1997: fuga da New York di John Carpenter (la sigla del titolo sta per "DeMilitarizedZone"). La serie è ambientata in un'ipotetica America dilaniata da cinque anni di guerra civile tra Stati Uniti e i cosiddetti "Stati Liberi". L'azione si svolge prevalentemente a Manhattan che, proprio come nel capolavoro carpenteriano di riferimento, è diventata una sorta di "terra di nessuno" da incubo. A Napoli, Burchielli ha anche presentato, in anteprima, il settimo volume di DMZ, Poteri di guerra (168 pagine, 14.95 euro), edito in Italia, come gli altri, da Planeta DeAgostini.
Come giudichi il lavoro che stai portando avanti su DMZ?
"Se riguardo i numeri più vecchi non sono mai soddisfatto, ma questo credo che sia abbastanza normale. Comunque, rispetto ai primi numeri il mio stile si è decisamente evoluto, anche perché, rispetto ad altri colleghi, ho avuto la fortuna-sfortuna di arrivare subito a un progetto importante, senza poter fare troppa gavetta, ritrovandomi così immediatamente sotto i riflettori ed esposto al giudizio dei lettori. Nel corso degli anni, ho cambiato anche gli strumenti di disegno: oggi, per esempio, faccio un uso maggiore e più regolare del pennarello".
Ma come sei arrivato a lavorare per la Vertigo/DC Comics senza rilevanti esperienze precedenti?
"Tutto è iniziato proprio a Napoli, in occasione del Comicon 2003, dove l'editor Vertigo Will Dennis fu colpito dai miei disegni in un albetto promozionale che la casa editrice Eura aveva stampato per "lanciare" la serie John Doe. Dennis portò quell'albo con sé negli Stati Uniti e, dopo diversi mesi, mi contattò per farmi sapere che stava pensando a me per qualche nuovo progetto. Dopo un anno, mi cercò di nuovo, come se fossero passati solo pochi giorni, per dirmi che aveva trovato il lavoro ideale per me: una nuova serie propostagli dallo sceneggiatore underground Brian Wood, che all'epoca stava iniziando a collaborare con la DC Comics".
Da allora, sei stato il disegnatore regolare della serie, saltando solo pochissimi numeri e mantenendo un ritmo di lavoro davvero frenetico. Riesci a ritagliarti il tempo anche per altri progetti?
"Il lavoro su una serie regolare mensile non mi lascia troppo spazio per altri progetti o per sperimentare nuove soluzioni grafiche. Così, esercito il mio stile direttamente sulle pagine di DMZ, anche grazie alle sceneggiature di Brian, che lasciano spazio alla mia interpretazione grafica. Comunque, in estate uscirà una mia storia per Bonelli sul nuovo Dylan Dog Color Fest e, inoltre, sto per iniziare a lavorare su un volume per le edizioni francesi Soleil".
Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
"Se devo fare qualche nome, tra i tanti disegnatori che ammiro e che, in qualche modo, mi hanno anche influenzato, allora dico Joe Kubert, Jordi Bernet, Juan Gimenez. Ma ho un'autentica venerazione per il maestro spagnolo Alfonso Font: se potessi staccare le mani a qualcuno lo farei a lui".
Un mio articolo sull'incontro napoletano con Riccardo Burchielli è stato pubblicato anche sul quotidiano Il Mattino di oggi. Chi volesse leggerlo può cliccare qui.

sabato 6 febbraio 2010

SUL WEB UN COMIC CRIME-NOIR DI QUALITA'

Di Diego Del Pozzo
(Mega n.° 152 - Febbraio 2010)

Curiosando in rete, ci si può imbattere in tanti progetti fumettistici di un certo interesse: è il caso di Rusty Dogs, il bel blog ideato dallo sceneggiatore Emiliano Longobardi, che ha raccolto brevi storie a fumetti scritte da lui e disegnate da una quarantina di disegnatori italiani, tra i quali ce ne sono tanti attualmente impegnati con importanti editori italiani e stranieri. Il genere delle storie presenti su Rusty Dogs - ciascuna leggibile indipendentemente dalle altre, pur essendo tutte collegate da vincoli più o meno forti - è il crime-noir.
Sentiamo dalla viva voce di Emiliano Longobardi, dunque, come nasce questo originale progetto artistico: "Era da qualche tempo - racconta Longobardi - che ogni volta che aggiornavo la rubrichetta sul mio blog mi ritrovavo a pensare quanto mi sarebbe piaciuto lavorare con quel disegnatore piuttosto che con quell'altro, ma ogni volta riponevo il desiderio nel cassetto delle ambizioni più velleitarie. Un pomeriggio di circa un anno fa, però, spinto più dall'incoscienza che dalla razionalità, ma sicuro di aver avuto un'idea efficace e attuabile (almeno nella mia testa), ho timidamente provato a contattare ognuno dei disegnatori con cui maggiormente mi sarebbe piaciuto collaborare, imponendomi però il contrappeso di non riporre esagerate aspettative o - peggio - crearmi facili illusioni riguardo al numero di adesioni. Invece, quasi tutti i disegnatori hanno risposto positivamente e da quel momento l'idea che mi era venuta in mente ha iniziato a concretizzarsi e ad assumere le caratteristiche precise che l'hanno portata oggi a diventare Rusty Dogs. L'impossibilità di poter coinvolgere gli autori in un progetto che non li distogliesse troppo dalle loro occupazioni principali mi ha spinto a chiedere a ognuno la disponibilità a disegnare una storia breve di una manciata di tavole, ma la golosità di vederli cimentarsi in un contesto di più ampio respiro e alle prese con un genere che amo enormemente, invece, mi ha portato a impostare Rusty Dogs nel modo che potete appurare dando un'occhiata all'apposito blog".
Finora sono state pubblicate sul blog le prime tre storie, scritte da Emiliano Longobardi e disegnate da Andrea Del Campo (la prima, Next Door to Paradise), Werther Dell'Edera (Prima che Dio fosse amore) e Claudio Stassi (Revolving Rules).
Tra gli altri disegnatori coinvolti in Rusty Dogs spiccano Giacomo Bevilacqua, Riccardo Burchielli, Giancarlo Caracuzzo, Carmine Di Giandomenico, Davide Gianfelice, Michele Duch (autore della tavola riprodotta qui sopra), Maurizio Ribichini, Marco Soldi. Il logo della serie, il lettering e la grafica del blog sono realizzati da Mauro Mura.
In definitiva, Rusty Dogs è un progetto di grande interesse, che in futuro potrà certamente crescere ulteriormente e produrre altri web-comics di qualità.

venerdì 5 febbraio 2010

UN FILM RACCONTA I PRIMI ANNI DEGLI U2

Di Diego Del Pozzo
(Rock Around the Screen - 5 febbraio 2010)

Anche gli U2 saranno presto protagonisti di un film che ne rievocherà gli esordi e il conseguente volo verso il successo. La pellicola s'intitola Killing Bono e affronterà l'argomento da un punto di vista piuttosto originale: quello di un loro compagno di liceo nella Dublino di metà anni Settanta. Più che un biopic classico, dunque, il film aspira a essere il ritratto di un'epoca fatta di sogni e aspirazioni destinati a tramutarsi, prima o poi, in realtà (o forse no).
Le riprese di Killing Bono - la cui uscita è prevista entro fine 2010 - sono iniziate l'undici gennaio a Belfast e dureranno sei settimane, spostandosi poi anche a Londra. Per dirigere il film è stato scelto il regista nord-irlandese Nick Hamm (The Hole), che sta lavorando su una sceneggiatura di Dick Clement e Ian La Frenais, gli stessi di The Commitments, basata sul libro autobiografico Killing Bono: I Was Bono's Doppelganger, scritto da Neil McCormick, il succitato amico di gioventù dei quattro musicisti irlandesi. Per il film, Nick Hamm ha privilegiato i toni della commedia, imperniata anzitutto sulla goffaggine del giovane Neil rispetto ai suoi ben più talentuosi compagni di scuola. Nel ruolo di Neil McCormick recita Ben Barnes, visto recentemente nel deludente Il ritratto di Dorian Gray, mentre Bono ha il volto del ventiseienne Martin McCann, lanciato come Fedro nel kolossal fantasy-mitologico Scontro tra Titani, dal 2 aprile sugli schermi italiani. Nel cast figurano anche Robert Sheehan (che interpreta il fratello di Neil, Ivan McCormick) e poi Pete Postlethwaite, Krysten Ritter, Charlie Cox e Jason Byrne. Al momento, non è ancora chiaro in quali forme la musica degli U2 comparirà nella colonna sonora.
Nel libro che ha ispirato il film, McCormick racconta l'avvio dell’epopea degli U2 dal punto di vista di colui che, invece, non riesce a sfondare per evidente mancanza di talento. I suoi sono ricordi diretti, derivanti da una frequentazione nata ai tempi del liceo alla Mount Temple di Dublino e consolidatasi negli anni. Tra l'altro, Neil può vantarsi di aver partecipato al primissimo incontro dal quale scaturirono i Feedback, poi destinati a trasformarsi prima negli Hype e quindi negli U2: era l'autunno del 1976 e un gruppetto di liceali rispose all'avviso che il batterista sedicenne Larry Mullen jr. aveva affisso ai muri della scuola. A casa di Larry, al numero 60 di Rosemount Avenue, si presentarono in cinque, tutti con ambizioni di chitarra solista in una rock band: Adam Clayton, che deviò immediatamente sul basso, lo strumento che suonava meglio; i fratelli Dave e Dick Evans, un certo Paul Hewson e, appunto, Neil McCormick. Dopo il primo assolo di prova, Dave Evans mise subito in chiaro perché di lì a poco sarebbe diventato The Edge; allo stesso modo, invece, Neil rinunciò, letteralmente schiacciato dal carisma del compagno di scuola Paul Hewson, che qualche mese dopo sarebbe stato ribattezzato Bono Vox e sarebbe poi diventato famoso in tutto il mondo come frontman degli U2.
Dopo i fallimenti giovanili come cantante, comunque, Neil McCormick ha continuato a occuparsi professionalmente di musica, in veste di critico e giornalista per numerose autorevoli testate britanniche (tra cui la storica rivista rock irlandese Hot Press, ma anche il Daily Telegraph), seguendo con puntualità la carriera degli U2, dei quali è rimasto amico. Non a caso, è sua l'autobiografia ufficiale della band, U2 by U2, edita tre anni fa e tradotta anche in Italia da Rizzoli.
Su questo stesso argomento ho scritto anche un articolo più breve, pubblicato ieri sul quotidiano Il Mattino. Chi volesse leggerlo, può cliccare qui.

mercoledì 3 febbraio 2010

QUANDO IL CINEMA DIVENTA... BAROCK

Di Diego Del Pozzo

Sul quotidiano Il Mattino di ieri c'è un mio articoletto dedicato all'interessante rassegna CinemaBarock, in programma da questo sabato presso il museo di arte contemporanea Madre, nel "cuore" del centro antico di Napoli.
L'iniziativa, a cura dello storico del cinema Mario Franco, proporrà un suggestivo percorso nel barocco di celluloide, declinato attraverso un cartellone di grande interesse, capace di far interagire linguaggi artistici differenti e di far prevalere la visionarietà della forma rispetto al contenuto, alternando autori di varie epoche, ma tutti in possesso di uno sguardo originale e spesso in anticipo sui tempi.
Chi volesse leggere il mio articolo pubblicato su Il Mattino può cliccare qui.CinemaBarock si apre sabato sera (ore 21, ingresso 7 euro) con la proiezione del disturbante e profetico Videodrome di David Cronenberg (qui sopra, un'immagine emblematica), che già nel 1983 s'interrogava sulle mutazioni dell'umano in seguito all'invasività dei media. A seguire, si vedranno, con cadenza settimanale, altre pellicole di cineasti spesso scomodi e inassimilabili a specifiche scuole o correnti: The Rocky Horror Picture Show di Jim Sharman (13 febbraio), Viridiana di Luis Bunuel (20 febbraio), Velluto blu di David Lynch (27 febbraio), Diva di Jean-Jacques Beinex (6 marzo), F for Fake di Orson Welles (13 marzo), Cuore selvaggio ancora di Lynch (20 marzo), Il fantasma del palcoscenico di Brian De Palma (27 marzo), Il cuoco, il ladro, la moglie, l'amante di Peter Greenaway (3 aprile), Fitzcarraldo di Werner Herzog (10 aprile), Hiroshima mon amour di Alain Resnais (17 aprile) e La grande abbuffata di Marco Ferreri (24 aprile).
I film saranno sempre preceduti dalla proiezione di video d'artista, realizzati, tra gli altri, da autori come Bianco-Valente, Alessandro Amaducci, Ciprì e Maresco, Studio Azzurro.

lunedì 1 febbraio 2010

IL ROCK ITALIANO? NON ESISTE: LO DICE CARLO VERDONE NEL NUOVO LIBRO "ROCK AROUND THE SCREEN"

Il rock italiano? Non esiste: parola di Carlo Verdone. "Quello che esiste - spiega il regista, campione d'incasso nei cinema con Io, loro e Lara - è soltanto una riproposizione del rock inglese o americano. La musica rock non è nata in Italia. In Italia sono nati Claudio Villa, Gigliola Cinquetti, Nilla Pizzi, Gino Latilla e Ricchi e Poveri. Non riesco ad appassionarmi alla musica italiana perché ha sempre un occhio e un piede a Sanremo: Vasco Rossi ha prodotto cose eccellenti ma Ligabue, ad esempio, mi sembra Guccini con la chitarra elettrica". Di questo e altro, Verdone parla in una lunga intervista sulla sua grande passione per il rock, pubblicata all'interno del libro Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, curato dal giornalista e critico Diego Del Pozzo e dallo storico del cinema Vincenzo Esposito. Il volume, pubblicato dall'editore napoletano Liguori, esce domani in libreria.
Nell'intervista, realizzata da Fabio Maiello, Carlo Verdone svela le sue passioni rock - da Jimi Hendrix ai Led Zeppelin, da Scott Walker a Nick Drake - ma anche gli artisti e le tendenze che detesta: per esempio, i Clash ("Un'altra bufala: se questi tizi sono considerati dei grandi, dove dobbiamo allora mettere gli Allman Brothers"), i Queen ("Il loro è un rock trash, cafone, mieloso") o le iniziative benefiche di big come Bono degli U2 o Bob Geldof ("È molto fastidioso vedere personaggi come Bono che salgono sul palco per fare proclami contro questo e per salvare quello. Come prima di lui Bob Geldof. Quelle operazioni benefiche, alla fine, sono state soltanto delle grandi messinscene. Degli eventi promozionali. La situazione di quei paesi non è migliorata e le cose vanno sempre peggio").
Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop (294 pagine, 24.50 euro, Liguori Editore) è una raccolta di saggi e interviste a cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito. "Quelle che abbiamo voluto raccontare in questo libro - spiegano i due curatori - sono storie artistiche e produttive, culturali e industriali che si sono sviluppate, per tutta la seconda metà del Novecento e fino a oggi, all'insegna dell'affascinante "abbraccio" tra cinema giovane, innanzitutto nello spirito, e musica rock. Lo abbiamo fatto cercando di dare conto dei principali snodi cronologici, privilegiando però itinerari volutamente ondivaghi che fossero in grado di far percepire al lettore il "suono" e magari il "corpo" del rock al cinema e del cinema più rock".
Il libro si apre con due lunghi saggi dei curatori, dedicati ai teen-rock movies degli anni Cinquanta con e senza Elvis Presley (Del Pozzo) e ai grandi raduni rock che, a cavallo del Sessantotto, decretarono la perdita d'innocenza della cosiddetta "Woodstock Generation" (Esposito). Nelle sezioni successive, poi, Rock Around the Screen propone saggi storico-critici su forme e sottogeneri specifici (Simone Arcagni sui rockumentaries, Rosario Gallone sui falsi documentari rock, Alberto Castellano sugli "sguardi d'autore", Giacomo Fabbrocino sulla rock opera, Bruno Di Marino sulla citazione video-filmica), filmografie emblematiche (Michelangelo Iossa sui Beatles e Giandomenico Curi sui Pink Floyd), originali cortocircuiti psico-autoriali (Antonio Tricomi su un Bob Dylan perennemente "altrove" e Corrado Morra sulle mille mutazioni del corpo della rockstar). La sezione conclusiva presenta, infine, quattro interviste, tutte realizzate da Fabio Maiello, a registi rock come Julien Temple e Carlo Verdone e a musicisti come Gaetano Curreri degli Stadio e Fabio Liberatori, compositore di fiducia dello stesso Verdone e autore, tra l'altro, anche della colonna sonora del recente Io, loro e Lara.
"Non abbiamo voluto inseguire intenti di natura enciclopedica, lasciando liberi i vari autori - sottolineano Del Pozzo ed Esposito - di declinare secondo i propri interessi e le rispettive inclinazioni un tema talmente vasto da coincidere quasi con quello dello sviluppo della cultura giovanile tardo-novecentesca". Diego Del Pozzo, giornalista e critico, si occupa prevalentemente di cinema, televisione e fumetti. È autore di Ai confini della realtà. Cinquant'anni di telefilm americani e dei testi del volume fotografico Scenari. Dieci anni di cinema in Campania, oltre che di numerosi saggi in volumi collettivi, cataloghi di festival, riviste specializzate. Attualmente collabora col quotidiano Il Mattino. Vincenzo Esposito, storico del cinema, è autore, tra l'altro, di una monografia su Alf Sjoberg e di un libro sul cinema svedese, La luce e il silenzio. Dirige l'Italian Film Festival di Stoccolma, è vicepresidente della F.I.C.C. – Federazione Italiana dei Circoli del Cinema e insegna Storia del Cinema all'Università degli Studi di Napoli "Federico II".