lunedì 3 gennaio 2011

SKOLIMOWSKI E L'ESSENZA DELL'ATTO DI UCCIDERE

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 3 gennaio 2011)


Tra le anteprime di "Capri, Hollywood" 2010, quella che ha fatto più discutere è il crudo e poetico Essential Killing, col quale il settantaduenne maestro polacco Jerzy Skolimowski ha conquistato, in settembre, ben due riconoscimenti alla Mostra di Venezia: la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile (assegnata al protagonista Vincent Gallo) e il Gran premio della giuria, presieduta da un Quentin Tarantino che ha evidentemente molto amato questa riflessione d'autore su ciò che di essenziale vi è nell'atto di uccidere, cioè il puro istinto di sopravvivenza celato dietro la disperata dicotomia "io vivo - tu muori".
Essential Killing racconta la vicenda di un uomo catturato dalle forze armate americane in Afghanistan e trasportato in un centro di detenzione segreto in Europa. Il veicolo sul quale viaggia il prigioniero, però, ha un incidente e così lui si trova in fuga in una immensa e silenziosa foresta innevata, resa ancora più abbagliante dalla notevole fotografia di Adam Sikora. Braccato dall'esercito, l'uomo interpretato da un Vincent Gallo muto per l'intero film lotta fino all'ultimo sangue per la propria sopravvivenza, uccidendo ogni volta che è necessario. "Tutto è nato - spiega Skolimowski - dall'osservazione dei luoghi nei quali vivo. Da qualche anno, infatti, ho venduto la mia casa californiana di Malibu e sono tornato in Polonia, dove abito in una casa situata nel bel mezzo di una foresta. Poco distante da casa mia, in una zona militare piuttosto sorvegliata, c'è una base segreta americana dove si dice che la Cia torturi e interroghi i prigionieri catturati in Medio Oriente. Mi sembrava un buon soggetto per un film interessante".
Uno specifico episodio, poi, ha fatto decollare il progetto: "Un paio di inverni fa, con la strada completamente ricoperta di neve, ebbi un incidente e - prosegue il regista polacco - uscii di strada con la mia auto. Fu allora che pensai all'incipit del film: cosa succederebbe, infatti, se anche un mezzo militare con a bordo prigionieri diretti a quella base avesse un incidente simile al mio e nell'urto perdesse un prigioniero? E cosa accadrebbe se quell'uomo di origini mediorientali, catapultato in una realtà lontanissima dalla sua, fosse costretto a fuggire nella foresta innevata, braccato come un animale selvatico interessato soltanto alla propria sopravvivenza?". A queste domande, Skolimowski ha risposto costruendo sulla fisicità debordante e l'espressività dolente di un Vincent Gallo al quale non servono parole quello che egli stesso definisce "un dramma psicologico, che si esplicita dopo i primi venti minuti da action movie. A me, infatti, più che il dato politico - conclude il regista - interessava lo scavo in profondità nella testa di un uomo che si trasforma in assassino solo perché s'è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato: volevo capire come reagiva la natura umana se calata in una situazione estrema".

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