(Il Mattino - 19 agosto 2011)
Lo scandalo e le polemiche, però, sono sempre stati più italiani che altro, poiché all’estero il nome di Jacopetti è circondato ancora oggi da una fama senz’altro più positiva che negativa. Basti pensare semplicemente alla grande considerazione della quale gode tra i registi della Hollywood contemporanea più indipendente e arrabbiata (quella, tra gli altri, dei vari Tarantino e Rodriguez) o agli omaggi che, in anni recenti, gli hanno tributato musicisti importanti come l’ex leader dei Faith No More, Mike Patton, con l’album Mondo cane, oppure come gli U2, che durante molti loro mega-tour degli anni Novanta utilizzavano proprio immagini tratte dai "mondo movies" jacopettiani per arricchire visivamente l’esecuzione dei brani più controversi.
Il regista, per sua esplicita volontà, sarà sepolto senza nessuna cerimonia religiosa nel Cimitero degli inglesi a Roma, accanto all’attrice Belinda Lee, che fu la sua compagna fino al 1961, quando un tragico incidente stradale gliela strappò, lasciandolo ferito nell’animo oltre che nel corpo. Negli anni Sessanta, comunque, Jacopetti era già all’apice della popolarità, per il suo passato di giornalista d’assalto, protagonista di accese polemiche socio-culturali e ispiratore del personaggio di Marcello Mastroianni ne La dolce vita di Fellini. All’epoca, infatti, il vero Gualtiero Jacopetti aveva via Veneto ai suoi piedi, grazie alla tumultuosa vita sentimentale e ai servizi a effetto realizzati per la storica Settimana Incom e per giornali come il Cronache da lui fondato negli anni Cinquanta, subito dopo il suo primo ritorno a casa da quell’Africa tanto amata e tante volte raccontata. Proprio in Africa, peraltro, Jacopetti conobbe la prigione e rischiò anche di peggio, accusato per lo stupro, da lui sempre negato, di una ragazza minorenne che poi avrebbe sposato (e, in seguito, lasciato per Belinda Lee).
Il successo mondiale, però, Gualtiero Jacopetti lo conobbe quando riuscì a convincere, assieme all’amico Carlo Prosperi, il commendatore Angelo Rizzoli a produrre un anticonvenzionale film di montaggio ricco di immagini a sensazione aggressive, narrate da un punto di vista cinico e indifferente ai modelli etici della Chiesa e del Comunismo, allora dominanti in Italia: era nato Mondo cane, il film che gli avrebbe procurato una nomination all’Oscar per la colonna sonora di Riz Ortolani (More divenne una delle sigle del decennio) ma, soprattutto, incassi clamorosi e tonnellate di polemiche e attacchi. Indifferente a tutto, da buon toscanaccio qual era (nativo di Barga, vicino Lucca), Jacopetti realizzò prima un sequel piuttosto svogliato, poi, dopo La donna nel mondo (con Paolo Cavara), tornò a scuotere le coscienze dei benpensanti nel 1965 con Africa addio, nel quale riproponeva il medesimo approccio di Mondo cane per mettere alla berlina i guasti e le storture del colonialismo. Dopo gli sfortunati Addio zio Tom del 1971 e Mondo candido del 1975, le porte del cinema - al quale si era affacciato negli anni Cinquanta interpretando un avvocato in Un giorno in pretura di Steno e poi lavorando alla sceneggiatura di Europa di notte di Blasetti - gli si chiusero definitivamente, lasciando comunque negli occhi degli appassionati le immagini di quel cinema disturbante che scioccò l’Italia degli anni Sessanta.
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