(Il Mattino - 25 agosto 2011)
Dal 2008, infatti, sta portando avanti una saga poliziesca appena giunta al quarto capitolo, grazie alla recente uscita di Scalera di sangue (con riferimento allo storico stabilimento cinematografico romano), pubblicato come i precedenti tre da Coniglio editore. L’intero ciclo è ambientato nell’universo del cinema italiano a cavallo della Seconda guerra mondiale: si parte nella Roma fascista del 1940 di Delitti a Cinecittà (2008) per passare alla fine del 1942 di Terrore ad Harlem del 2009 (e l’Harlem del titolo è un kolossal di propaganda anti-americana diretto da Carmine Gallone), poi alla Venezia del 1944 di Morte al Cinevillaggio (2010) e, infine, alla Roma liberata del luglio 1945 che fa da scenario al nuovo romanzo. “Protagonista dei quattro libri - racconta Umberto Lenzi - è l’investigatore privato Bruno Astolfi, che nel corso delle sue indagini avrà a che fare col gotha del cinema italiano dell’epoca: da Alessandro Blasetti a Luisa Ferida, da Alida Valli ad Amedeo Nazzari, da Aldo Fabrizi ai giovani Ugo Tognazzi e Federico Fellini, fino a Vittorio De Sica, Totò e i fratelli Eduardo e Peppino De Filippo”. Con ciascuno, Astolfi interagisce attraverso pagine a metà tra citazionismo estremo e gustoso divertissment. E, tra i tanti, è particolarmente riuscito proprio l’incontro con i De Filippo, che va in scena nel secondo libro sul set di Non ti pago, quando il detective viene coinvolto da Eduardo in un botta e risposta davanti alla macchina da presa, dopo che quest’ultimo lo scambia per l’attore che avrebbe dovuto recitare la scena con lui. “L’idea di collocare queste vicende poliziesche nell’ambiente del cinema italiano durante gli anni del fascismo - sottolinea Lenzi - si spiega col fatto che prima di essere un regista sono un cinefilo e un appassionato di storia. Da questo duplice punto di vista, dunque, ho voluto assecondare la mia esigenza di raccontare l’Italia tra il 1940 e il 1945, assemblando una formula a base di cinema, ministoria e thriller”.
Lo statuto di regista di culto di Umberto Lenzi è stato confermato anche dalla bollente accoglienza avuta qualche mese fa all’Accademia di Belle arti di Napoli, dov’è intervenuto nell’ambito di un convegno di storici del cinema e dove i tantissimi giovani presenti lo hanno letteralmente subissato di domande e richieste di foto e autografi, a conferma dell’enorme popolarità dei suoi film cosiddetti di Serie B. “Non tornavo a Napoli - ricorda Lenzi - dal giorno della “prima” di Napoli violenta, ad agosto 1976. All’epoca, la città mi sembrò magnifica e sarebbe bello se potesse tornare come allora, senza tanta spazzatura per strada. Ci accolsero al meglio, per l’intero periodo delle riprese, nonostante il film con Maurizio Merli parlasse di violenza metropolitana e criminalità organizzata, problemi purtroppo ancora attuali. Dal cinema, comunque, mi sono autopensionato da oltre dieci anni e - conclude - oggi preferisco dedicarmi ai miei libri, che considero come la continuazione dei film con altri mezzi. Infatti, cerco sempre di catturare l’appassionato, prenderlo alla gola e costringerlo a leggere tutto il romanzo nel giro di un solo giorno”.
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