(Il Mattino - 26 agosto 2011)
L’idea della brava regista e sceneggiatrice è semplice: seguire Esposito e il suo staff nel loro lavoro quotidiano in quello che è il loro regno, cioè la cucina del celebrato ristorante Torre del Saracino di Vico Equense, aperto proprio da Esposito e dalla moglie Vittoria ormai vent’anni fa. Dall’autentico pedinamento emergono la passione viscerale verso l’arte del cucinare e l’ossessione per la perfezione condivisa da tutti coloro che lavorano con lo chef, ma anche i ritmi infernali che caratterizzano il “dietro le quinte” di un ristorante ricercato come Torre del Saracino. “Ho cercato di restituire - racconta l’autrice Elisabetta Pandimiglio - il senso di quella che si configura come un’autentica comunità, nella quale ci sono tensioni e momenti di crisi, ma anche esultanza per un successo e orgoglio per un’idea condivisa. L’alternanza tra ritmi convulsi e tempi morti, poi, mi ha permesso anche di fare un lavoro sui pensieri dei vari protagonisti, a partire da quelli di Gennaro”.
E, in tal senso, sono molto belli e pregnanti i poetici inserti tra un capitolo e l’altro, nei quali lo chef riflette sul senso della sua arte e della sua vita mentre nuota nel mare davanti Vico. “Ho iniziato a nuotare con regolarità da tre-quattro anni - racconta Gennaro Esposito - e quei momenti con la testa sott’acqua mi servono per staccare dai ritmi serrati che caratterizzano il mio lavoro: è qualcosa che mi fa stare bene fisicamente ma, soprattutto, psicologicamente, poiché la mia giornata tipo inizia alle 8 e, con un’unica piccola pausa, prosegue fino a notte fonda, tutti i giorni, tra rapporti con i clienti e col personale, inconvenienti vari da risolvere, ansia per qualche nuova idea da sperimentare, esigenza di mantenersi sempre a livelli di eccellenza”. Per Esposito, cucinare è tutto: “Si può tranquillamente parlare di ossessione, abbinata ovviamente a una passione fortissima. Lavoro in cucina da quando avevo 14 anni e, pian piano, ho scoperto cose nuove, ho studiato, sono cresciuto, conquistando con l’impegno quotidiano tutto ciò che ho ottenuto. Dunque, posso certamente dire che la cucina per me è una ragione di vita”. E questo approccio “totale” è la cifra stilistica dell’arte culinaria dello chef vesuviano: “Io mi sono ripromesso di non farmi mai trascinare dalla corrente, ma di proporre qualcosa di personale e indicativo del mio stile e del mio essere: lo devo alla gente, alla quale cerco di regalare un’esperienza diversa da tutte le altre; e lo devo al mio territorio, dal quale prendo la materia prima per ciò che cucino”.
Esposito ha una certa dimestichezza con le telecamere, grazie alle numerose presenze in tv, ma non ha dubbi nel definire unica l’esperienza del documentario di Elisabetta Pandimiglio: “E’ tutta un’altra cosa rispetto a quando vai in tv per presentare una ricetta. Qui, le telecamere erano nel nostro regno e il loro occhio ha catturato le nostre quotidianità. In alcuni momenti c’erano addirittura quattro operatori che giravano contemporaneamente, ma sono sempre stati molto discreti. Da parte nostra, io e lo staff ci siamo concessi totalmente, anche per pura curiosità verso questa esperienza. Tra l’altro, ho notato molte analogie tra il lavoro del regista e quello dello chef: entrambi creano assieme a un gruppo di collaboratori fidati. Nel mio caso, poi, molti di loro sono con me fin dall’inizio: e questo rende ancora più bello e prezioso ciò che facciamo”. Tra qualche giorno ci sarà il tappeto rosso veneziano: “Non so davvero cosa aspettarmi dalla presenza alla Mostra di Venezia. In ogni caso, sarà un’esperienza un po’ al confine, perché accanto al cinema ci sarà pure la gastronomia, grazie a una cena che prepareremo per dopo la proiezione. Però, io sono un grande appassionato di cinema, oltre che di musica. Anzi, da ragazzo ho praticamente vissuto in un cinema, perché aiutavo uno zio che ne gestiva la bouvette: mi sedevo in ultima fila, pronto a scattare all’intervallo per aiutare lo zio; e così ho visto davvero tantissimi film. Tra i miei preferiti dell’epoca, c’erano quelli di Sergio Leone, Bruce Lee e Massimo Troisi”.
Nessun commento:
Posta un commento