domenica 4 ottobre 2009

GIUSEPPE TORNATORE E IL SUO FILM DA OSCAR

Di Diego Del Pozzo


Folla delle grandi occasioni, risate, calore, commozione nell'incontro di Giuseppe Tornatore e del suo attore protagonista, Francesco Scianna (nella foto qui sotto, i due sul set del film), con il pubblico napoletano di Baarìa, ieri pomeriggio alla Feltrinelli di piazza dei Martiri. Gente assiepata sulle scale, seduta per terra per ascoltare i racconti del regista che sta girando l'Italia per accompagnare il suo film candidato all'Oscar. È un affetto vero, quello che unisce il cineasta siciliano a Napoli, dove ambientò il suo primo film, Il camorrista; e lui non esita a sottolinearlo (anche più tardi al Med e al Modernissimo): «In questa città dovrei venirci più spesso - dice - perché sempre mi colpisce la sua capacità di coinvolgere e di lasciarsi coinvolgere».
Forte di un importante successo di pubblico - tre milioni e quattrocentomila euro incassati fino a due giorni fa - Tornatore torna a parlare, tra l'altro, anche del verdetto veneziano che non lo ha visto tra i vincitori: «Di non aver vinto a Venezia non mi importa», attacca. «Del resto, avevo capito, già prima dei verdetti, che Baarìa non sarebbe riuscito a vincere perché, come si suol dire, "voce di popolo, voce di Dio". E poi, si sa che a Venezia il cinema italiano ha sempre vita difficile e raramente passa indenne. Comunque, non me ne sono fatto una croce e, anzi, in questi giorni sono felice perché il primo test estero, a Toronto, è andato benissimo; poi, per il grande successo di pubblico nei cinema italiani e per poter rappresentare la cinematografia del mio Paese nella corsa all'Oscar. Anche se ci tengo a dire che, per me, realizzare un film che riesca a far riflettere - e tanta gente mi dice di averci pensato a lungo, dopo averlo visto - vale più di dieci premi Oscar». In ogni caso, bisognerà attendere il 2 febbraio, per sapere se Baarìa sarà riuscito a entrare nella cinquina che si contenderà la statuetta per il miglior film straniero.
Di fronte al pubblico napoletano, comunque, Tornatore si sofferma, in particolar modo, sugli aspetti più politici del suo potente affresco siciliano: «Uno dei motivi che mi hanno spinto a fare questo film, e a farlo in questo modo, è stata la voglia di ricordare l'importanza e la centralità della politica in un Paese che, credo, negli ultimi anni se n'è un po' dimenticato. Penso che sia utile ricordare queste cose; così come penso che sia utile ricordare un'epoca durante la quale la politica, a prescindere dalle ideologie, era ancora uno strumento attraverso il quale provare a cambiare in meglio la società e la realtà circostante. Oggi, infatti, troppo spesso la politica si identifica con corruzione, sfiducia, progetti non realizzati. Ecco, a me piacerebbe che, invece, potesse recuperare almeno qualcuno dei suoi grandi valori, poiché quella dei nostri giorni non è una bella politica». A proposito di politica, uno degli elementi più dibattuti a Venezia e dopo, in tempi di polemiche sui dialetti, è stato il doppiaggio del dialetto siciliano utilizzato nel film. E anche su quest'argomento, Tornatore (nella foto qui sotto, impegnato sul set) fa chiarezza in modo netto e deciso: «Il film sta andando benissimo sia al Nord che al Sud. Da parte mia, in ogni grande città ho imposto una copia in siciliano. E i dati ci dicono che i risultati di pubblico sono assolutamente positivi. In Sicilia, poi, siamo usciti quasi totalmente con copie in dialetto. Insomma, altro che risposta alla Lega: direi che Baarìa ha unito l'Italia davanti allo schermo cinematografico».
Tra gli attori del cast ve ne sono anche alcuni napoletani: «Lina Sastri - spiega Tornatore - è stata perfetta, per come ha interpretato il dialetto di Bagheria. Vincenzo Salemme, poi, ha addirittura fatto a meno del compenso per la sua unica scena: allora, gliene ho fatte recitare altre due. Con gli attori napoletani mi trovo benissimo, ecco perché ne inserisco sempre in ogni mio film». Intanto, una nuova polemica investe Baarìa: una denuncia penale con conseguente richiesta di sequestro presentata presso la Procura della Repubblica di Roma da Carla Rocchi, presidente dell'Ente nazionale protezione animali, per la sequenza dell'abbattimento di una mucca con un punteruolo in fronte. Che ne dice, il regista? «Che in Tunisia, dove abbiamo girato, abbiamo ripreso le cose come accadono in un mattatoio e come accadevano al mio paese negli anni della mia infanzia. Da questo punto di vista la scena è da documentario».