lunedì 14 novembre 2011

CI VORRANNO ANNI PER RIPRENDERSI DAL BERLUSCONISMO

Di Francesco Merlo
(La Repubblica - 13 novembre 2011)

È la normalità, la tanto attesa normalità, che ha reso storica la lunga giornata di ieri anche se ci vorrebbe un governo Monti delle anime e dei sentimenti e dei valori per liberare l'Italia dal berlusconismo. Nessuno dunque si illuda che sia davvero scaduto il tempo. Certo, alla Camera lo hanno giubilato, gli hanno fatto un applauso da sipario: è così che si chiude e si dimentica, con l'applauso più forte e più fragoroso che è sempre il definitivo.
Poi Napolitano è riuscito a dare solennità anche all'addio di Berlusconi che sino all'altro ieri si era comportato da genio dell'impunità inventando le dimissioni a rate. Che lui nascondesse una fregatura sotto forma di sorpresa è stato il brivido di ieri, e difatti, inconsapevolmente, nessuno si è lasciato troppo andare e la festa, sino all'annuncio ufficiale delle dimissioni, più che sobria è stata cauta. Di sicuro Berlusconi non ha avuto il lieto fine. Entrato in scena cantando "My Way" ne è uscito con lo Zarathustra che premia "il folgorante destino di chi tramonta".Dunque non c'è stato il 25 luglio, non la fuga dei Savoia né la fine della Dc, né tanto meno la tragedia craxiana, nessuno ha mangiato mortadella in Parlamento come avvenne quando cadde Prodi, non c'è stato neppure l'addio ai monti di Renzo anche se nessuno sa cosa farà Berlusconi, se rimarrà in Italia o invece andrà in uno dei degli ospedali che dice di avere regalato nei luoghi del Terzo Mondo. Tutti parlano, probabilmente a vanvera, di una trattativa parallela e coperta sui processi, di un salvacondotto e di un'amnistia che non hanno mai riguardato in Italia reati come la corruzione e lo sfruttamento della prostituzione. In un Paese normale la rimozione di un capo non produce mai sconquassi e siamo sicuri che il pedaggio che paghiamo alla normalità non sarà l'enorme anormalità di un pasticcio giuridico.
È comunque certo che, anche se Berlusconi si rifugiasse ad Antigua, per molto tempo rimarrà tra noi come categoria dello spirito. Ecco perché ci vorrebbe una banca centrale della civiltà per commissariare il Paese dove Berlusconi "ha tolto l'aureola a tutte le attività fino a quel momento rispettate e piamente considerate. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo di scienza in salariati da lui dipendenti".
Dunque neppure nello storico giorno in cui è stato accompagnato fuori con il suo grumo di rancore invincibile e lo sguardo per sempre livido, è stato possibile accorarsi e simpatizzare. Non c'è da intonare il requiem di Mozart o di Brahms per l'uomo più ricco d'Italia che ha comprato metà del Parlamento e ha ordinato di approvare almeno 25 leggi ad personam. E ha terremotato lo Stato infilandovi dentro la Lega antistatale e secessionista. E mentre i suoi ministri leghisti attaccavano la bandiera e l'unità dello Stato, Berlusconi organizzava la piazza contro i tribunali di Stato, la Corte costituzionale, il capo dello Stato. Anche il federalismo non ha preso, come negli Usa e in Germania, la forma dello Stato ma dell'attacco al cuore dello Stato. Avevamo avuto di tutto nella storia: mai lo statista che lavorava per demolire lo Stato. Quanto tempo ci vorrà per rilegittimare i servitori dello Stato, dai magistrati ai partiti politici, dagli insegnanti ai bidelli ai poliziotti senza soldi e con le volanti a secco?
E quante generazioni ci vorranno per restituire un po' di valore all'università, alla scuola e alla cultura che Berlusconi ha depresso e umiliato: contro i maestri, contro gli insegnanti, contro tutti i dipendenti pubblici considerati la base elettorale del centrosinistra, e contro la scuola pubblica, contro il liceo classico visto come fucina di comunisti. E ha degradato la più grande casa editrice del Paese a strumento di propaganda (escono in questi giorni i saggi di Alfano, Sacconi, Bondi, Lupi...). Ha corrotto una grande quantità di giornalisti come mai era avvenuto. Ha definitivamente distrutto la Rai affidata ad una gang di male intenzionati che hanno manipolato, cacciato via i dissidenti, lavorando in combutta con i concorrenti di Mediaset. E con i suoi giornali e le sue televisioni ha sfigurato il giornalismo di destra che aveva avuto campioni del calibro di Longanesi e Montanelli. Con lui la faziosità militante è diventata macchina del fango. Testate storiche sono state ridotte a rotocalchi agiografici. E ha smoderato i moderati, ha liberato i mascalzoni dando dignità allo spavaldo malandrino, ai Previti e ai Verdini, ai pregiudicati, e c'è un po' di Lavitola, di Lele Mora e di Tarantini in tutti quelli che gli stanno intorno, anche se ora li chiama traditori. Berlusconi, che fu il primo a circondarsi di creativi, di geniacci come Freccero e Gori ha umiliato la modernità dei nuovi mestieri, della sua stessa comitiva, l'idea di squadra che all'esordio schierava a simbolo Lucio Colletti e alla fine ha schierato a capibranco Tarantini, Ponzellini, Anemone, Bisignani, Papa, Scajola, Bertolaso, Dell'Utri, Verdini, Romani, Cosentino. Eroi dei giornali di destra sono stati Igor Marini e Pio Pompa. I campioni dell'informazione berlusconiana in tv sono Vespa, Fede e Minzolini. Persino il lessico è diventato molto più volgare, il berlusconismo ha introdotto nelle istituzioni lo slang lavitolese, malavitoso e sbruffone. E'stato il governo del dito medio e del turpiloquio, è aumentato lo 'spread' tra la lingua italiana e la buona educazione.
E la corruzione è diventata sacco di Stato e basta pensare agli appalti per la ricostruzione dell'Aquila, assegnati tra le risate della cricca. Berlusconi ha dissolto "tutti i tradizionali e irrigiditi rapporti sociali, con il loro corollario di credenze e venerati pregiudizi. E tutto ciò che era solido e stabile è stato scosso, tutto ciò che era sacro è stato profanato". Persino la bestemmia è diventata simonia spicciola, ufficialmente perdonata dalla Chiesa in cambio di privilegi, scuole e mense. Toccò, nientemeno, a monsignor Rino Fisichella spiegare che, sì, la legge di Dio è legge di Dio, ma "in alcuni casi, occorre "contestualizzare" anche la bestemmia". E quanto ci vorrà per far dimenticare la diplomazia del cucù e delle corna, lo slittamento dal tradizionale atlantismo verso i paesi dell'ex Unione Sovietica, la speciale amicizia con i peggiori satrapi del mondo?
E mai c'era stata una classe dirigente maschile così in arretrato di femmina verrebbe da dire con il linguaggio dell'ex premier: femmina d'alcova, esibita e valutata come una giumenta, con il Tricolore sostituito con quella grottesca statuetta di Priapo in erezione che circolava - ricordate? - nelle notti di Arcore. Persino il mito maschile della donna perduta e nella quale perdersi, persino la malafemmina italiana è stata guastata da Berlusconi, ridotta a ragazza squillo della politica: l'utilitaria, il mutuo, seimila euro, l'appartamentino, un posto di deputato e forse di ministro per lucrare il compenso - "il regalino" - agli italiani. Lo scandalo del berlusconismo non è stato comprare sesso in un mondo dove tutto è in vendita ma nel pagare con pezzi di Stato, nell'uso della prostituzione per formare il personale politico e selezionare la classe dirigente. E non è finita: se la prostituzione ha cambiato la politica, anche la politica ha cambiato la prostituzione. La Maddalena ha perso la densità morale che fu una forza della nostra civiltà, è diventata la scialba ragazzotta rifatta dal chirurgo ed educata dalla mamma-maitresse a darla via a tariffa.
Il berlusconismo è stato l'autobiografia della nazione per dirla con Gobetti, non un accidente della storia. Non basta certo una giornata solennemente normale per liberarcene. C'è bisogno di anni di giornate normali. E per la prima volta non saranno gli storici a mettere in ordine gli archivi di un'epoca. Ci vorranno gli antropologi per classificare il berlusconismo come involuzione della specie italiana, perché anche noi, che siamo stati contro, l'abbiamo avuto addosso: "Non temo il Berlusconi in sé - cantava Gaber - ma il Berlusconi in me".

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DA' L'INCARICO A MONTI

Di Giorgio Napolitano
(Il Sole 24 Ore - 14 novembre 2011)

Ho incontrato i Presidenti del Senato e della Camera e i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari per raccogliere le loro opinioni sul modo di affrontare la crisi di governo apertasi con le dimissioni correttamente rassegnatemi dall'onorevole Berlusconi. A tutti ho esposto - riscontrando un clima riflessivo e pacato - il mio convincimento che sia nell'interesse generale del Paese sforzarsi di formare un Governo che possa ottenere il più largo appoggio in Parlamento. Su scelte urgenti di consolidamento della nostra situazione finanziaria e di miglioramento delle prospettive di crescita economica e di equità sociale per il Paese considerato nella sua unità.
L'urgenza di quelle scelte - a partire dalla concretizzazione delle misure già concordate in sede europea - deriva dalla gravità della crisi finanziaria e dei pericoli di regressione economica dinanzi a cui si trovano l'Italia e l'Europa. La particolare fragilità del nostro Paese sta nell'altissimo debito pubblico accumulato nel passato. È un peso che - visto il fortissimo rialzo degli interessi sui nostri Buoni del Tesoro e il ristagnare dell'attività economica - rischia di mettere a dura prova l'impegno dello Stato. È perciò indispensabile recuperare la fiducia degli investitori e delle istituzioni europee, operando senza indugio nel senso richiesto. È una responsabilità che avvertiamo verso l'intera comunità internazionale, a tutela della stabilità della moneta comune e della stessa costruzione europea, oltre che delle prospettive di ripresa dell'economia mondiale. Da domani alla fine di aprile verranno a scadenza quasi duecento miliardi di euro di Buoni del Tesoro e bisognerà rinnovarli collocandoli sul mercato. Tentare in questo momento di evitare un precipitoso ricorso a elezioni anticipate e quindi un vuoto di governo, è un'esigenza su cui dovrebbero concordare tutte le forze politiche e sociali preoccupate delle sorti del Paese.
È in nome di questa esigenza che ho deciso di affidare al senatore professor Mario Monti l'incarico di formare un nuovo governo, aperto al sostegno e alla collaborazione da parte sia dello schieramento uscito vincente dalle elezioni del 2008 sia delle forze collocatesi all'opposizione. Lo schieramento vincente ha visto crescere negli ultimi tempi rotture e tensioni al suo interno e ridursi la sua base di maggioranza in Parlamento: come capo dello Stato ho seguito con scrupolosa imparzialità questo travaglio, rispettando il ruolo del presidente del Consiglio e del Governo, in uno spirito di leale cooperazione istituzionale.
Non si tratta ora di operare nessun ribaltamento del risultato delle elezioni del 2008 né di venir meno all'impegno di rinnovare la nostra democrazia dell'alternanza attraverso una libera competizione elettorale per la guida del Governo. Si tratta soltanto - a tre anni e mezzo dall'inizio della legislatura - di dar vita a un Governo che possa unire forze politiche diverse in uno sforzo straordinario che l'attuale emergenza finanziaria ed economica esige. Il confronto a tutto campo tra i diversi schieramenti riprenderà - senza che sia stata oscurata o confusa alcuna identità - appena la parola tornerà ai cittadini per l'elezione di un nuovo Parlamento.
Il tentativo che oggi propongo è difficile, lo so, dopo anni di contrapposizioni (...). Ma, rispettando le posizioni di tutti e le decisioni che in definitiva spetteranno al Parlamento, confido che si voglia largamente incoraggiare nell'incarico di formare il nuovo Governo il senatore professor Mario Monti, personalità indipendente, rimasta sempre estranea alla mischia politica, e al tempo stesso dotata di competenze ed esperienze che ne fanno una figura altamente conosciuta e rispettata (...).
È giunto il momento della prova, il momento del massimo senso di responsabilità. Non è tempo di rivalse faziose né di sterili recriminazioni. È ora di ristabilire un clima di maggiore serenità e reciproco rispetto. Operiamo tutti, nei prossimi mesi, per il bene comune, facendo uscire il paese dalla fase più acuta della crisi finanziaria. Questo, credo, è ciò che l'Italia si augura.

sabato 5 novembre 2011

DA MTV AL GRANDE SCHERMO: ECCO "I SOLITI IDIOTI"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 5 novembre 2011)

“I difetti degli italiani sono uguali da Nord a Sud e col nostro film proviamo a riderne senza dare giudizi”: di fronte ai tanti adolescenti napoletani che ieri sera sono corsi a salutarli nei multicinema The Space Med di Fuorigrotta e Happy di Afragola, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio sintetizzano così il senso del loro film I soliti idioti, tratto dall’omonima sketch comedy televisiva che, sulle frequenze di Mtv, ha trasformato il duo in autentico fenomeno di costume. La platea vesuviana, però, sollecita i due anche su qualche curiosità più “locale”: “A proposito di difetti - scherzano, allora, Biggio e Mandelli - ci ha sempre affascinato il modo di guidare dei napoletani, che credono sinceramente che il codice della strada sia scritto in maniera errata e, dunque, lo reinterpretano a modo loro, libero e personalissimo”.
Prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi e distribuito da Medusa Film, I soliti idioti - Il film è da ieri nei cinema italiani in ben 550 copie, che - anche grazie alla semplice forza dei numeri - dovrebbero trasformarlo in campione d’incassi di questo periodo. “Il nostro obiettivo - racconta Mandelli, il mitico “Nongiovane” della Mtv di fine anni Novanta - è di utilizzare il film per ampliare la platea di fans degli “idioti”: puntiamo sul passaparola da parte degli appassionati, che poi potrebbero convincere chi non segue la serie in tv ad andare a vedere il film per farsi quattro risate”. Anche sul grande schermo, comunque, Mandelli e Biggio portano quel mix di comicità cinica e per nulla politically correct (anzi: si conta per ben 148 volte la parola “cazzo”) che ha decretato il successo delle tre serie televisive e del fortunatissimo tour teatrale. I due, sceneggiatori, interpreti e persino autori delle canzoni originali incluse in colonna sonora, interpretano i consolidati personaggi di Ruggero De Ceglie (Mandelli, truccatissimo) e di suo figlio Gianluca (Biggio) - quelli di maggior successo, tra i tanti della serie - con le rispettive caratteristiche: il primo, padre autoritario, volgare e disonesto; il secondo, ragazzo dall’animo sensibile, amante dell’arte e della tecnologia, trascinato dal papà in una serie di situazioni rocambolesche finalizzate - secondo il detestabile genitore - a fargli assaporare la “vita vera”.
Con i due protagonisti, nel film recitano anche la bellissima modella Madalina Ghenea (già testimonial di noti spot televisivi e qui nei panni succinti di una modella della linea “smutandissimi”), ma anche personaggi del mondo dello spettacolo come Rocco Tanica, i Verdena, Gianmarco Tognazzi, Valeria Bilello, Giordano De Plano, Miriam Leone e Marco Foschi. “Comunque, rispetto alla serie - spiega Mandelli - abbiamo cercato di costruire una trama vera e propria, invece che singoli sketch, in modo da passare efficacemente dal formato da tre minuti a quello cinematografico da novanta. E poi, anche dal punto di vista delle immagini e delle situazioni, abbiamo provato a dare agli spettatori quel qualcosa in più che il cinema ti consente rispetto alla televisione”.
Anche a Napoli, I soliti idioti colpiscono i loro giovani fans per il modo ruspante nel quale mostrano i tic degli italiani e - aggiungono i due protagonisti Mandelli e Biggio - “ne smascherano molte volte la loro innocente idiozia. Però, non ci interessava parlare di politica e scandali, perché più che ridere ci fanno soltanto tristezza. A noi, invece, piace osservare ciò che ci capita intorno e metterne in evidenza gli aspetti comici e, magari, assurdi. E poi, ci lascia perplessi chi, nel dibattito di questi giorni, vorrebbe trasformarci in educatori dei propri figli: anche a noi piacciono film come quelli di Paolo Sorrentino, ma noi vogliamo soltanto far ridere, magari guardando a modelli come Ben Stiller; l’educazione spetta alle famiglie e alla scuola”.

ECCO LA PRIMA PUNTATA DI "SERVIZIO PUBBLICO" (SANTORO)

venerdì 4 novembre 2011

ARRIVA AL CINEMA LA KRYPTONITE DI COTRONEO

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 4 novembre 2011)

Ha scelto la sua città, lo scrittore-sceneggiatore e neo-regista Ivan Cotroneo, per festeggiare l’uscita in sala (da oggi) del film d’esordio La kryptonite nella borsa, tratto dal suo romanzo omonimo edito da Bompiani, interamente girato all’ombra del Vesuvio (nove settimane di lavorazione, in primavera, tra centro cittadino, Mostra d’Oltremare, Posillipo, Vomero) e arricchito da un cast di primo livello composto da Valeria Golino, Cristiana Capotondi, Luca Zingaretti, Libero De Rienzo, Luigi Catani, Vincenzo Nemolato, Monica Nappo, Massimiliano Gallo, Lucia Ragni, Gennaro Cuomo, Sergio Solli, Antonia Truppo, Rosaria De Cicco, Carmine Borrino, Nunzia Schiano e Fabrizio Gifuni. Gli attori sono intervenuti compatti - con Gifuni unico assente - all’anteprima napoletana di ieri sera al cinema Filangieri, dove sono stati accolti dalla folla delle grandi occasioni, così come era successo poche ore prima alla Feltrinelli di piazza dei Martiri (nella foto, un momento delle riprese).
Grande entusiasmo e ottima accoglienza da parte del pubblico di casa, dunque, per l’esordio alla regia di uno tra gli sceneggiatori più apprezzati dal cinema e dalla televisione nazionali (basti pensare a Mine vaganti di Ozpetek e alla serie Tutti pazzi per amore), il quale non esita a ricambiare questo affetto: “Sono andato via da Napoli a 22 anni - racconta Cotroneo - per studiare cinema a Roma, dove poi ho continuato a vivere e lavorare. Però, non si può mai abbandonare davvero la propria città, che io comunque continuo a sentire profondamente mia. Infatti, vi ho ambientato il romanzo che poi ho scelto per il mio esordio alla regia. Ho preferito raccontare la Napoli del 1973, piuttosto che quella di oggi, perché la conosco meglio. Napoli, infatti, è una città che muta continuamente e che puoi sperare di catturare soltanto se ci vivi intensamente tutti i giorni”.
Prodotto da Indigo Film e distribuito da Lucky Red, La kryptonite nella borsa è scritto dallo stesso Cotroneo assieme a Monica Rametta e Ludovica Rampoldi; e si avvale di contributi tecnici notevoli, come quelli di Luca Bigazzi alla fotografia, Giogiò Franchini al montaggio e Lino Fiorito alle scenografie. Particolarmente importante è, poi, la colonna sonora (da ieri nei negozi), nella quale la partitura originale di Pasquale Catalano è arricchita da hit d’epoca, tra gli altri, di Iggy Pop (Lust for Life), David Bowie (Life on Mars), Mina (Quand’ero piccola), Dalida (Stivaletti rossi) e dalla trascinante cover dei Planet Funk di These Boots are Made for Walking, scelta per i titoli di coda e accompagnata da un videoclip diretto dallo stesso Cotroneo, che aggiunge: “La musica è stata essenziale per ricostruire questo periodo della mia prima adolescenza. E sono stato fortunato, perché la produzione è riuscita ad acquistare i diritti di tutti i brani che avevo indicato in sceneggiatura”.
Nel film, Cotroneo racconta in maniera divertita ed estremamente delicata la storia di Peppino Sansone, bimbo di 9 anni che vive nella Napoli d’inizio anni Settanta in una famiglia affollata e piuttosto scombinata. I momenti più divertenti sono affidati al bizzarro cugino più grande, Gennaro (Nemolato, proveniente dai borsisti del progetto teatrale Punta Corsara), che si crede Superman; e ai due giovani zii alternativi Titina (Capotondi) e Salvatore (De Rienzo), che fanno conoscere al ragazzino la coloratissima Napoli “by night” dell’epoca. “Sul set - sottolinea la protagonista femminile, Valeria Golino - Ivan s’è dimostrato regista di grande talento. E io stessa sto per affacciarmi alla regia, perché a marzo inizierò le riprese del mio primo lungometraggio”.

mercoledì 2 novembre 2011

I LIBRI "DI MICHELANGELO IOSSA" PRIMA E DOPO LA CURA

Di Diego Del Pozzo

Evidentemente qualcuno deve aver suggerito all'ineffabile Michelangelo Iossa che forse era meglio eliminare dal proprio profilo Facebook quel post farlocco che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi, con foto altrettanto farlocca dei "suoi" libri, poiché tra questi ne aveva inserito uno che "suo" non era affatto, cioè Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, a cura di Diego Del Pozzo (cioè io) e Vincenzo Esposito, edito da Liguori a inizio 2010.
Ebbene, con "soli" cinque (5!) giorni di ritardo e dopo un bel po' di proteste che hanno attraversato la Rete, Iossa ha deciso, finalmente, di rimuovere quel suo post incriminato e di sostituirlo con una versione corretta.
A futura memoria, comunque, ecco le due immagini dei libri "di Michelangelo Iossa" prima e dopo la cura (Rock Around the Screen è il penultimo libro).
Ps: Per la cronaca, in Rock Around the Screen Michelangelo Iossa ha pubblicato, su invito dei due curatori, un intervento sui Beatles lungo una decina di pagine (dalla 155 alla 165) su un totale di 260 pagine del libro. Magari, prima di definire "suo" questo volume, dunque, poteva pensarci meglio...

lunedì 31 ottobre 2011

L'INCREDIBILE CASO DEI LIBRI "DI MICHELANGELO IOSSA"

La contraffazione, in diritto penale, è il delitto previsto dall'articolo 473 del Codice penale, che recita quanto segue: "Chiunque contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre anni".
Questa sarebbe la LEGGE! Senonché, qui siamo a favore del re-model, del re-make, del re-mix, insomma del riuso LIBERO anche di opere coperte dal diritto d'autore. Quindi, non è il caso di denunciare questo tizio che, con stile assai discutibile, ha inserito il volume Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop curato da Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito tra "I SUOI LIBRI" (ignorando i civili inviti di uno dei curatori a correggere il tiro). A questo punto, dunque, è meglio pensare che l'operazione di "restyling" (diciamo così) sia il segno del successo dell'opera.
Va detto, però, che anche nel "rimescolamento post-moderno", ci sono i nani e i giganti: e non è questa la sede per chiarire a quale delle due categorie appartenga questo signore, che risponde al nome di Michelangelo Iossa. Peace & Love! E soprattutto, buon "Cut & Paste" a tutti.

domenica 30 ottobre 2011

CIAK NAPOLETANI PER IL NUOVO FILM DEI VANZINA BROS.

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 30 ottobre 2011)

Ci sarà anche Napoli nella nuova commedia dei fratelli Vanzina, che da giovedì fino a ieri pomeriggio hanno girato in città alcune sequenze del loro prossimo film. La pellicola, composta da otto episodi e intitolata Buona giornata, è già presente all’interno del listino Medusa (che la produce anche, assieme ai due autori), con data di uscita in sala prevista per il 30 marzo 2012. Nel panorama delle commedie italiane, questo film è importante perché segna l’atteso ritorno di Christian De Sica accanto ai Vanzina dodici anni dopo Vacanze di Natale 2000, che fu girato nel 1999. Assieme a De Sica, fanno parte del ricco cast artistico anche Lino Banfi, Vincenzo Salemme, Teresa Mannino, Tosca D’Aquino, Maurizio Mattioli, Paolo Conticini e Chiara Francini.
La struttura di Buona giornata, dunque, si articola in otto episodi ambientati in giro per l’Italia, da Roma a Milano, da Napoli alla Puglia. Il riferimento vuol essere quello delle commedie di costume a episodi degli anni Sessanta, capaci di mettere alla berlina vizi e virtù del Belpaese, calandosi completamente nella realtà sociale del proprio tempo. E, a tal proposito, va sempre ricordato che Carlo ed Enrico Vanzina (qui nella foto) - il primo regista, il secondo sceneggiatore - sono figli del grande Steno (Stefano Vanzina), che di quella stagione fu uno tra i protagonisti riconosciuti.
L’episodio napoletano del nuovo film vede impegnati nei ruoli principali Vincenzo Salemme e Tosca D’Aquino, che hanno a che fare con una divertente trama a base di equivoci e tradimenti. Set della maggior parte delle loro scene partenopee è stato, tra giovedì pomeriggio e venerdì, l’hotel Vesuvio sul lungomare. Durante la prima serata di lavorazione, infatti, la troupe diretta da Carlo Vanzina ha realizzato alcune sequenze all’interno del ristorante panoramico dell’albergo, in modo da poter utilizzare anche l’inconfondibile scenario del golfo e quello di Castel dell’Ovo. Poi, il set si è spostato in una delle suite, che ha fatto da ambiente privilegiato per gli equivoci a base di “corna” tra i personaggi di Salemme e della D’Aquino. Infine, ieri mattina e fino al primo pomeriggio, sono state girate numerose scene d’ambiente in esterni, lungo la parte finale di via Caracciolo verso Posillipo, in particolare nei pressi di largo Sermoneta. Lungo questo tratto di strada, tra l’altro, Vanzina ha diretto anche un po’ di sequenze in movimento con una camera-car, in modo da catturare un bello scorcio di lungomare partenopeo e qualche altro paesaggio caratteristico. Il resto dell’episodio, infatti, sarà girato nei prossimi giorni a Roma, come buona parte degli altri sette frammenti.
Nonostante il grande riserbo che circonda il film, dal set è trapelato anche che il protagonista dell’altro episodio meridionale, quello ambientato in Puglia, sarà Lino Banfi, il quale festeggerà proprio con Buona giornata il suo centesimo film in carriera: “Sono particolarmente contento - ha spiegato qualche giorno fa l’attore pugliese - di girare con Carlo ed Enrico la mia pellicola numero cento, perché anni fa feci la mia trentesima col loro papà Steno”. Nel film, Banfi interpreterà un senatore del centrodestra.
In quanto a Salemme, invece, ormai è diventato un fedelissimo dei Vanzina, con i quali ha già lavorato in La vita è una cosa meravigliosa e nel recente Ex - Amici come prima, attualmente nei cinema dove sta godendo di un ottimo successo di pubblico, avendo superato finora i quattro milioni di euro d’incasso. Carlo ed Enrico Vanzina, tra l’altro, stanno attraversando un periodo particolarmente positivo, poiché hanno anche scritto, assieme al regista Neri Parenti, la sceneggiatura del prossimo “cine-panettone” prodotto dalla Filmauro di Aurelio De Laurentiis, quel Natale a Cortina 2011 che vede il ritorno del collaudato format nei luoghi che, nel 1983, segnarono l’inizio dell’avventura delle pellicole natalizie “Made in Filmauro”. E, all’epoca, furono proprio i Vanzina a inventare quel particolare sottogenere comico, esportando il cast e le situazioni vacanziere di Sapore di mare tra le nevi di Cortina d’Ampezzo.
Il loro nuovo film girato in parte anche a Napoli avrà in comune col cine-panettone del prossimo Natale quella capacità di imbastire vicende divertenti di sicura presa sul pubblico, puntando non soltanto sulle gag ma anche sui personaggi. E, a giudicare dalle riprese d’ambiente realizzate durante l’intensa tre giorni partenopea, la stessa Napoli in Buona giornata farà, più che da semplice scenario, da vero e proprio personaggio in più.

sabato 29 ottobre 2011

PRESENTATO A NAPOLI IL FILM DELLA COPPIA SIANI - DE LUIGI

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 29 ottobre 2011)

Alessandro Siani e Fabio De Luigi hanno scelto Napoli per festeggiare, ieri, l’uscita in sala (distribuito dalla Warner in ben 480 copie) della commedia La peggior settimana della mia vita, che li vede protagonisti assieme a Cristiana Capotondi, Antonio Catania e Monica Guerritore.Con i due attori, prima al Martos Metropolitan e poi al The Space Med, è intervenuto per salutare il pubblico napoletano anche il regista e sceneggiatore Alessandro Genovesi (qui, nella foto, i tre sul set), che ha ispirato il suo film d’esordio, prodotto da Maurizio Totti per la Colorado, alla serie britannica The Worst Week of my Life, anche se al pubblico italiano le disavventure dei prossimi sposi Paolo (De Luigi) e Margherita (Capotondi) col loro amico Ivano (Siani) faranno tornare in mente tante situazioni analoghe viste in Ti presento i miei, la pellicola del 2000 con Ben Stiller e Robert De Niro.
Per Alessandro Siani, “il punto di forza del film è che fa ridere senza essere volgare. Io mi sono divertito molto, perché mi è stato permesso anche di improvvisare e di ampliare il mio personaggio, integrandolo rispetto a com’era nella sceneggiatura”.

venerdì 28 ottobre 2011

RITIRATO IL DIVIETO AL FILM DI CRISTINA COMENCINI

Di Diego Del Pozzo

Napoli porta fortuna a Cristina Comencini, che ieri pomeriggio riceve la notizia del ritiro del divieto ai minori di 14 anni per il suo nuovo film, Quando la notte, proprio mentre sta entrando nella Feltrinelli di piazza dei Martiri per presentarlo assieme ai due protagonisti Claudia Pandolfi e Filippo Timi. Il film, da oggi nei cinema in 170 copie distribuito da 01, era stato vietato con una motivazione che aveva fatto molto male alla regista: “La violenza della madre sul suo bambino - si leggeva nella nota della seconda commissione - è inquietante perché trattasi di una madre normale che, spinta dallo stress, diventa violenta verso il figlio pur non volendolo. Si ritiene che il vuoto della volontà di una madre normale ingenera inquietudine nei minori di anni 14”.
Sempre a Napoli, la stessa Comencini, poco prima di venire a conoscenza del ritiro del divieto, definisce la decisione “allucinante e molto offensiva per tutte le donne, soprattutto per quella definizione, “madre normale”, contenuta nella motivazione: che vuol dire normale?”. Nel corso dell’incontro in libreria, poi, la regista e scrittrice spiega al folto pubblico presente: “Certamente, sia il mio libro sia il film che ne ho tratto affrontano un argomento ancora tabù, come la maternità intesa in maniera ben più complessa e disturbante di come la si continua a considerare ancora oggi in Italia: ogni madre, infatti, ben oltre gli stereotipi e le idealizzazioni, è prima di tutto una donna, con le sue debolezze e sfaccettature. Detto ciò, però, non posso fare a meno di chiedermi se le negatività che hanno accompagnato finora il mio film in Italia non siano dirette anche verso di me e motivate dal mio impegno pubblico a favore delle donne portato avanti per tutto l’anno”.
La notizia del ritiro del divieto, comunque, rende più piacevole la giornata napoletana di Cristina Comencini: “Naturalmente, sono molto felice per l’annullamento di un provvedimento che avevo trovato profondamente ingiusto e che proprio non mi sarei aspettato. Anche se, in un contesto come quello dell’Italia di oggi, avrei dovuto aspettarmi, invece, un’accoglienza di questo tipo, che mi ha fatto ripensare sotto tutta un’altra luce anche alle contestazioni durante la proiezione stampa alla Mostra di Venezia, delle quali finora non avevo più voluto parlare. A Venezia, infatti, tutti noi avemmo l’impressione - prosegue la regista - che le contestazioni giungessero da un minuscolo gruppetto entrato in sala già con l’intenzione di rovinare la proiezione: cosa poi confermata da alcune indagini successive e, soprattutto, dal successo delle proiezioni seguenti col pubblico, sia a Venezia che in altri festival in giro per l’Europa”.
Tratto dal romanzo omonimo della stessa Cristina Comencini edito da Feltrinelli, Quando la notte è stato girato in alta quota sul Monte Rosa, in ambienti che contribuiscono massicciamente alle atmosfere della trama. Qui, un uomo schiavo e padrone della propria solitudine (il Manfred di Filippo Timi) e una giovane madre in vacanza col suo bambino (la Marina di Claudia Pandolfi) s’incontrano e si sfiorano, inseguendo reciprocamente le proprie verità inconfessabili. “Marina - racconta la Pandolfi - mi è entrata dentro, svelandomi ciò che io stessa avevo provato più di una volta dopo essere diventata mamma e che avevo rinchiuso nella definizione un po’ stereotipata di “depressione post-parto”. Già quando ho letto il libro mi sono commossa, poi alla prima visione del film mi sono lasciata andare a un pianto liberatorio”. Per Filippo Timi, invece, “la forza del film è nella sua capacità di andare all’essenza primordiale dell’essere umano”.
Da napoletana per parte di madre, infine, durante l’incontro alla Feltrinelli Cristina Comencini non si sottrae a una curiosità sulle differenze tra madri del Sud e del Nord: “Apparentemente - conclude - quelle meridionali sembrano più calorose, ma si tratta soltanto di una copertura affettiva, perché in realtà sono, ovunque, innanzitutto donne”.

Ps: Su questo stesso argomento, Il Mattino di oggi pubblica un mio articolo nella pagina degli Spettacoli Napoli.

martedì 25 ottobre 2011

ECCO UN NUOVO LIBRO PER ALESSANDRO SIANI

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 25 ottobre 2011)

L’Italia sempre in lite con se stessa può essere unita da una risata? E’ già capitato in passato, quando la comicità universale di Totò faceva ridere dalle Alpi alla Sicilia, più forte del campanilismo e delle differenze dialettali. Ed è riuscito anche al malinconico umorismo di un altro grande artista napoletano come Massimo Troisi. Pur con le ovvie differenze, si verifica nuovamente oggi con Alessandro Siani, ormai sempre più a suo agio nel ruolo di comico nazional-popolare per antonomasia, forte del successo di Benvenuti al Sud e reduce dalle riprese del sequel Benvenuti al Nord, probabilmente i due film-manifesto della “risata che unisce l’Italia”.
Non è un caso, dunque, che il produttore Aurelio De Laurentiis abbia pensato proprio a Siani per fare da testimonial, durante il Festival di Roma, alla proiezione della versione restaurata di Totò in 3D - Il più comico spettacolo del mondo, il primo film tridimensionale italiano, girato da Mario Mattoli nel 1953 e tornato a nuova vita grazie al complesso lavoro realizzato da Cinecittà Digital Factory e fortemente voluto proprio da De Laurentiis. “Sono felicissimo e orgoglioso di questa chiamata - racconta Siani - perché alla proiezione ci sarà anche Liliana De Curtis, la figlia di Totò. Di fronte a lui, tutti noi dobbiamo levarci tanto di cappello, perché è stato unico e inimitabile. Lui sì che sapeva unire l’Italia, con una comicità davvero senza confini”. Oggi, però, tra i più amati dagli italiani c’è proprio Alessandro. “Ma non scherziamo nemmeno - si schermisce - perché Totò è di un altro livello e il paragone non si pone con nessun altro comico. E poi, io mica sono Garibaldi, che unisco l’Italia: anche se mi sto facendo crescere la barba”.
I paralleli tra realtà meridionale e settentrionale sono al centro, oltre che di quel Benvenuti al Nord a gennaio nei cinema, anche del nuovo libro di Alessandro Siani, Non si direbbe che sei napoletano (200 pagine, 13.90 euro), appena pubblicato da Mondadori, dopo il successo del precedente Un napoletano come me (edito da Rizzoli). “Ho cercato di raccontare col mio stile divertito - spiega Siani - lo stato d’animo del napoletano che si trova a lavorare in una grande città del Nord come Milano, tra luoghi comuni e falsi miti. Un buon esempio può essere quello delle differenze tra una festa di comunione settentrionale e una meridionale, ma anche quello del ragazzo del Sud che fa tardi in ufficio per un inconveniente e, a causa della sua provenienza, viene subito considerato uno sfaticato. Naturalmente, io ci scherzo su, con lo stesso spirito dei due film fatti assieme a Claudio Bisio, che non a caso è autore della prefazione. E nel libro ho inserito anche un po’ di pezzi inediti con suggestioni e situazioni che non hanno trovato spazio nel nuovo film di Luca Miniero”.
Al momento, Alessandro Siani è tra i protagonisti, con Fabio De Luigi e Cristiana Capotondi, della commedia di Alessandro Genovesi La peggior settimana della mia vita, in sala da venerdì. Nei prossimi mesi, invece, si dedicherà al teatro: “Andrò in tournée con un nuovo spettacolo, intitolato Sono in zona. E, naturalmente, partirò da Napoli, all’Augusteo da Natale, per risalire poi tutta l’Italia”.

domenica 23 ottobre 2011

INTERVISTA A FILIPPO TIMI, TRA CINEMA E TEATRO

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 23 ottobre 2011)

Con quattro film nelle varie sezioni, Filippo Timi è stato il grande protagonista tra gli attori italiani alla Mostra di Venezia. Adesso, con due pellicole in uscita venerdì, Quando la notte di Cristina Comencini e Missione di pace dell’esordiente Francesco Lagi, conferma il suo attuale status di interprete più richiesto dal cinema nazionale di qualità. E, vedendo i due film uno dopo l’altro, si può apprezzare la spiccata personalità artistica del trentasettenne attore umbro consacrato da Marco Bellocchio in Vincere. D’altra parte, con la sua personalità Timi ha conquistato, qualche sera fa, anche la platea del Napoli Film Festival, dove ha parlato dei film della sua vita (nella foto, durante la serata napoletana).
Dunque, Timi, lei che è anche uomo di teatro e scrittura come si sente dopo questo periodo di super-lavoro cinematografico?
“Desideroso di dedicarmi ad altro, anche per ridurre quella che rischiava di diventare una sovraesposizione. Infatti, dopo i tanti film girati quasi contemporaneamente nei mesi scorsi, ho deciso di stare lontano dal cinema almeno fino a marzo, per concentrarmi sul teatro e sul mio nuovo libro”.
Nel film di Cristina Comencini lei interpreta Manfred, un uomo schiavo e padrone della propria solitudine. Come lo presenterebbe al pubblico che da venerdì lo incontrerà al cinema?
“Preferirei non presentarlo affatto, ma anzi nasconderlo il più possibile nelle ombre che lo circondano, in modo da farlo scoprire pian piano a chi vedrà il film. Si è trattato, comunque, di un ruolo tosto da interpretare, peraltro in uno scenario di montagna tra neve, gelo, pioggia. Quando ho letto il libro di Cristina dal quale lei stessa ha tratto il film, però, ho pensato di assomigliare in qualche modo al personaggio: magari, non sono così orso ma ci vado vicino, anche perché provengo da una famiglia nella quale mio padre ha sempre parlato pochissimo. Quindi, anche geneticamente oltre che fisicamente, mi porto appresso una certa rocciosità naturale, probabilmente accentuata dalla voce”.
Alla Mostra di Venezia, si è molto discusso di questo film anche a causa dell’accoglienza “turbolenta” durante la proiezione per la stampa. Lei come ha vissuto quei momenti?
“Non gli ho dato molto peso. E poi, va anche ricordato che la proiezione veneziana per il pubblico, invece, è stata caratterizzata da un successo notevole. Comunque, io sono stato toccato nel profondo da questo film e, quindi, lo difendo a spada tratta. Era da tanto tempo che volevo lavorare con Cristina Comencini; e sul set Claudia Pandolfi, che non conoscevo di persona, è stata una scoperta straordinaria, un po’ ruvida e assolutamente poco convenzionale come me”.
Nella commedia grottesca Missione di pace, invece, lei interpreta addirittura Che Guevara, reso però in maniera esilarante. Cosa pensa del film e del suo personaggio?
“Il film è divertentissimo. In quanto al mio Che, innanzitutto ho pensato che, dopo aver fatto Mussolini per Bellocchio, dovevo pareggiare i conti. E questo Che Guevara surreale che va all’Ikea e prepara un super-governo con Maradona come assessore allo sport mi fa impazzire”.
Però, spesso lei dà vita a personaggi cupi e oscuri. Come fa a guardare il male negli occhi?
“Non è semplice. Credo, però, che dentro ciascuno di noi vi sia un pozzo nero, più o meno nascosto in profondità. E, quando devo entrare in un personaggio negativo, provo a calarmi in questo pozzo nero. Però, Missione di pace m’è piaciuto anche perché mette alla prova il mio lato comico, che non è stato ancora scoperto del tutto. L’anno prossimo, comunque, sarò in Com’è bello far l’amore di Fausto Brizzi e in Asterix e Obelix - Dio salvi la Britannia, due commedie in 3D”.
Ma a lei quale cinema piace?
“Quello che esprime il vero. A tal proposito, sono d’accordo con Schopenauer quando afferma che non c’è bellezza senza verità. Prima o poi mi piacerebbe anche dirigere un film, ma serve la storia giusta”.
Dopo la scorpacciata di cinema, però, ha deciso di dedicarsi per un po’ al teatro. A cosa sta lavorando?
“Sarò in tournée, fino a febbraio-marzo, con due spettacoli scritti, diretti e interpretati da me: il primo è Giuliett’e Romeo m’engolfi l’core, amore, una versione in umbro dell’opera shakespeariana; il secondo, Favola, in cartellone anche al Bellini di Napoli a gennaio, è una commedia ambientata in un tinello americano degli anni Cinquanta, dove io interpreto una delle due protagoniste femminili”.

venerdì 21 ottobre 2011

RICORDIAMO IL CICLO DEL "PIANETA DELLE SCIMMIE"

Di Diego Del Pozzo

L’arrivo nei cinema italiani de L’alba del pianeta delle scimmie, l’attesissimo prequel di una tra le saghe di fantascienza più celebri e amate di sempre (nella foto, una scena del nuovo film), offre l’occasione per rispolverare le filiazioni extracinematografiche del ciclo inaugurato dal film del 1968 Il pianeta delle scimmie, diretto da Franklin J. Schaffner e nobilitato dalla presenza di Charlton Heston nel ruolo principale. Le cinque pellicole originali, infatti, hanno prodotto, nel corso degli anni, due serie tv (una “live action” e l’altra a cartoni animati), una collana a fumetti e un’infinità di gadget e materiali per collezionisti (oltre, naturalmente, al remake per il grande schermo diretto da Tim Burton). Tutto aveva avuto inizio, comunque, qualche anno prima (nel 1963), col romanzo dello scrittore francese Pierre Boulle, che - grazie all’inversione dei ruoli tra gli umani ridotti in schiavitù e le scimmie assurte al dominio del mondo - aveva voluto sbeffeggiare in maniera satirica e grottesca la società contemporanea.
Ma torniamo ai cinque film responsabili della creazione del mito. Dopo Il pianeta delle scimmie (1968) arrivano L’altra faccia del pianeta delle scimmie (1969), Fuga dal pianeta delle scimmie (1971), 1999: conquista della Terra (1972) e il conclusivo Anno 2670 - Ultimo atto (1973). Tutto ha inizio con lo schianto di un’astronave su un misterioso pianeta. Il superstite dell’improvvisato atterraggio, il comandante Taylor (Charlton Heston) viene catturato dalla razza di scimmie intelligenti che domina sul bizzarro mondo. Dopo numerose peripezie e dopo aver stretto amicizia con gli scienziati-scimmia Zira (Kim Hunter) e Cornelius (Roddy McDowall), nel finale Taylor ha un’amara sorpresa, in quello che è il momento più inquietante del film: il pianeta sul quale si trova non è altro che la Terra di un lontano futuro, ridotta così dopo una catastrofe nucleare. Apologo pacifista, antidogmatico e antinucleare, il “Ciclo del pianeta delle scimmie” rilegge il nostro presente attraverso la visualizzazione di un futuro apocalittico, abbinando suggestivi assunti fanta-sociologici a una convincente satira dell’orgoglio umano.
Come detto all’inizio, però, sono tante le filiazioni derivanti dai cinque film originali, capaci, negli anni, di invadere letteralmente anche altri media con i temi e le suggestioni delle pellicole originariamente prodotte per il grande schermo. Innanzitutto, va segnalata la serie di telefilm con Roddy McDowall come protagonista. Il progetto televisivo viene comunemente inserito nella cronologia ufficiale del “Ciclo”, che arricchisce con dettagli e personaggi inediti. I quattordici episodi (ciascuno dalla durata di quarantotto minuti) andati in onda, ogni settimana, negli Stati Uniti tra il 13 settembre e il 6 dicembre 1974 (e rimontati anche in cinque tv movies) presentano nel loro cast anche Ron Harper (Virdon), James McNaughton (Burke), Booth Colman (Zaius) e Mark Lenard (Urko). La serie è apparsa, a più riprese, anche in Italia. Particolarmente importante, poi, è anche la serie animata Return to the Planet of the Apes. Andati in onda sulla Nbc, tra il 6 settembre 1975 e il 4 settembre dell’anno successivo, i cartoni animati del “Ciclo delle scimmie” vantano la produzione di veterani del settore come Fritz Freleng e David DePatie. Ma, nonostante ciò, il progetto va avanti soltanto per tredici episodi, ciascuno dalla durata di venticinque minuti.
Anche l’universo dei comics, a metà anni Settanta, si interessa all’autentico fenomeno mediatico creato dalle celebri scimmie cinematografiche. Così, la Marvel Comics pubblica tra l’ottobre 1975 e il dicembre 1976 una serie, durata undici numeri, intitolata Adventures on the Planet of the Apes. Parte di questo materiale - realizzato dal collaudato team creativo composto da Doug Moench per i testi, George Tuska alle matite e Mike Esposito alle chine - vede la luce anche in Italia grazie all’Editoriale Corno, che ne pubblica i primi sei numeri in uno dei volumi trimestrali in bianco e nero della storica collana Superfumetti (il numero tre, per l’esattezza). Questi i titoli degli episodi editi nel nostro Paese: Il pianeta delle scimmie; Il mondo degli uomini in gabbia; Caccia all’uomo; Il processo; Nella zona proibita; Il segreto.
Sono sicuro, per concludere, che il successo del nuovo film interpretato da un sempre più bravo James Franco farà riaccendere la fiammella dell’attenzione su quelle che restano, comunque, le scimmie più celebri dell’immaginario fantastico planetario (magari assieme a King Kong).

mercoledì 19 ottobre 2011

IL NAPOLI FILM FESTIVAL PREMIA "IL LORO NATALE"

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 19 ottobre 2011)

Sono stati assegnati ieri sera, nel corso del galà conclusivo tenutosi nell’auditorium di Castel Sant’Elmo, i premi ai vincitori del Napoli Film Festival, la rassegna organizzata dall’associazione Napolicinema giunta quest’anno alla tredicesima edizione. La giuria del concorso internazionale Europa-Mediterraneo, composta dai produttori Simone Bachini, Emanuele Nespeca e Claudia Bedogni, ha premiato il film israeliano A cinque ore da Parigi, col quale il regista Leon Prudovsky racconta l’intensa e contrastata storia d’amore tra un uomo e una donna provenienti da contesti socio-culturali troppo diversi.
Invece, i due concorsi di Schermo Napoli, per i documentari e per i cortometraggi, sono stati vinti, rispettivamente, dal poetico e durissimo Il loro Natale, diretto da Gaetano Di Vaio (nella foto, durante la premiazione) di Figli del Bronx sulla condizione esistenziale delle compagne dei detenuti di Poggioreale, e da La colpa di Francesco Prisco, breve racconto sul tema dei pregiudizi razziali interpretato da Gianmarco Tognazzi e Teresa Saponangelo.
Tra i documentari, inoltre, la giuria ha assegnato un riconoscimento per la migliore autoproduzione ad Antonio Longo per Midnight Bingo, mentre il premio Avanti - che prevede la distribuzione nel circuito culturale nazionale di Lab80 - è andato all’originale Ageroland di Carlotta Cerquetti e il premio speciale della giuria a Scena del crimine di Walter Stockman. Nella sezione Corti, quindi, altri premi sono stati attribuiti a Le storie che invento non le so raccontare di Francesco Lettieri (miglior autoproduzione), a Ferdinando Carcavallo per il suo Travel Companions a colori (menzione speciale) e all’attrice Marina Cacciotti per La Currybonara di Ezio Maisto. Tra le scuole, infine, ha vinto il Liceo Scientifico “Emilio Segrè” di Marano col cortometraggio Non è mai troppo tardi di Salvatore Li Gatti; mentre il concorso FotoGrammi è andato ad Assunta D’Urzo con la foto intitolata Ferie d’agosto ispirata al film Respiro di Emanuele Crialese.
Ultimo protagonista del ciclo di lezioni “Parole di cinema”, coordinate da Augusto Sainati, è stato il regista napoletano Vincenzo Terracciano. “Sto terminando di montare - ha raccontato - la miniserie in due puntate Né con te né senza di te con Sabrina Ferilli nel ruolo di una brigantessa ai tempi della Repubblica romana, i 150 giorni più entusiasmanti dell’intero Risorgimento. Andrà in onda tra qualche mese su Rai Uno”. Il ritorno al cinema, invece, dovrà attendere ancora: “Ho quasi finito la sceneggiatura del mio nuovo film, che stavolta, però, non sarà ambientato a Napoli”.

martedì 18 ottobre 2011

AURELIO DE LAURENTIIS E L'AMORE PER IL CINEMA

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 18 ottobre 2011)

L’amore di Aurelio De Laurentiis per il cinema è questione di eredità familiare, ma anche conseguenza di un profondo coinvolgimento personale che fin da bambino lo ha portato a eleggere come preferita proprio la settima arte. E domenica sera, in un auditorium di Castel Sant’Elmo gremito, il produttore cinematografico della Filmauro ha raccontato questa travolgente passione per l’universo delle immagini in movimento al pubblico del Napoli Film Festival, nel corso di un incontro intitolato A tu per tu con il cinema del passato e il cinema del futuro.
Coerentemente con la formula di queste chiacchierate serali condotte da Antonio Monda, De Laurentiis ha selezionato alcune sequenze di film amati, proiettate e poi commentate a caldo. Tre i classici scelti per l’occasione: La strada di Federico Fellini, Rashomon di Akira Kurosawa e Spartacus di Stanley Kubrick. Il motivo, a suo dire, è semplice: “Dalle origini a oggi, la storia del cinema ha prodotto - spiega - tanti grandi registi. Ma, secondo me, soltanto tre autentiche star della regia: Fellini, Kurosawa e Kubrick. Ripercorrendo le loro filmografie, ho scelto proprio questi film perché, in due casi su tre, li ho conosciuti da bambino quando andavo a vedere i film dei grandi”.
In particolare, il felliniano La strada suscita in De Laurentiis (qui, nella foto, durante la serata) tanti ricordi: “Il film, prodotto da mio zio Dino e Carlo Ponti, uscì nel 1954. All’epoca, io ero un bambino vivace e curioso - ricorda - che frequentava con assiduità quel set coloratissimo. Ero una specie di mascotte e non mi perdevo una sola ripresa. Per me, poi, quel set fu davvero speciale anche per un altro motivo: Fellini girò molte sequenze in un circo, quello della ditta Saltanò dalla quale deriva il nome dello Zampanò di Anthony Quinn; e per un bimbo della mia età stare lì era una cosa straordinaria”. Rashomon restò subito impresso nella memoria del piccolo Aurelio: “Avevo quattro anni, quando lo vidi per la prima volta. Col senno di poi, quel film mi sembra perfetto per capire le differenze tra l’Italia di allora e quella odierna. Mentre oggi, infatti, si ricorre continuamente a termini inglesi, quasi vergognandosi di non conoscerli, all’epoca sui manifesti di quel capolavoro campeggiava il nome del grande Akira Kurosawa scritto con “ch” invece che con la lettera “k”, senza alcun imbarazzo”. Su Spartacus, uscito nel 1960 e visto già quasi da adolescente, il racconto di De Laurentiis è meno emotivo e più razionale: “Pur non essendo il miglior film di Kubrick, è un libello sulla libertà, con dialoghi incredibili scritti dal grande Dalton Trumbo, assurdamente perseguitato ai tempi del maccartismo nell’America degli anni Cinquanta. E poi, Kubrick mi è sempre piaciuto per come ha saputo coniugare il cinema di genere con l’approccio autoriale. Da parte mia, infatti, diffido di quei registi che non amano il cinema di genere e raccontano cose interessanti solo per se stessi”. L’escursione nella memoria si conclude col ricordo di due amici e maestri: “Pasquale Festa Campanile e Mario Monicelli sono quelli ai quali ero più affezionato. E, poi, il grande Mario è riuscito anche a farmi smettere di fumare”.
Dai film del passato, la chiacchierata con Aurelio De Laurentiis si sposta sullo stato attuale e sulle prospettive future del cinema italiano e internazionale: “Oggi, produrre film in Italia ha costi folli, paragonabili a quelli di Hollywood, senza poter contare sulla medesima capacità di esportarli all’estero, anzitutto per motivi linguistici. Io stesso, con Manuale d’amore 3 ho avuto difficoltà a vendere il film, nonostante la presenza di Robert De Niro, perché tutti gli attori, lui compreso, recitano in italiano”. Il futuro, non soltanto in Italia, è in modalità distributive differenti, che sappiano tener conto dell’accelerazione della fruibilità “derivante - conclude De Laurentiis - da Internet e dai social network. Serve la contemporaneità dell’uscita nei cinema, in pay tv e sul web; naturalmente con prezzi differenziati a seconda della piattaforma distributiva. In questo modo, tutti vedrebbero un film nuovo e l’industria farebbe ulteriori introiti rispetto alla sola uscita in sala. E una percentuale di questi maggiori incassi potrebbe essere data agli esercenti, per “proteggerli” dall’eventuale danno derivante dalla contemporanea presenza del film anche altrove”.

domenica 16 ottobre 2011

PARLA PAOLO SORRENTINO, IL REGISTA DEL MOMENTO

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 16 ottobre 2011)

Paolo Sorrentino festeggia nella sua Napoli il clamoroso risultato al botteghino del nuovo film, This Must be the Place, che ha incassato nel primo giorno di programmazione ben 276mila euro in oltre 300 sale, primo nella classifica dei più visti in Italia. E la proiezione sull’intero week-end, a questo punto, potrebbe far superare il milione e mezzo di euro alla prima produzione internazionale del regista partenopeo, con Sean Penn nei panni di una ex rockstar in disarmo che attraversa gli Stati Uniti alla ricerca dell’anziano aguzzino nazista responsabile dei soprusi subiti dal padre durante la Seconda guerra mondiale. Oggi, dunque, Sorrentino (qui sotto, nella foto) saluterà gli spettatori napoletani alle 18.10 al cinema Filangieri, alle 20.20 all’America Hall (dove il film è programmato in versione originale) e alle 20.45 come ospite serale del Napoli Film Festival, dove racconterà i film della sua vita al pubblico presente all’Auditorium di Castel Sant’Elmo (e, dopo di lui, interverrà a sorpresa, sullo stesso tema, anche il produttore Aurelio De Laurentiis).
Molte sue predilezioni cinéphile, Sorrentino, sono confluite anche nel nuovo film?
“In realtà, io sono meno cinefilo di quanto si possa pensare guardando i miei lavori. E, anche nel caso di This Must be the Place, più che ispirarmi a film o autori specifici ho provato a rifarmi a un certo immaginario americano che mi affascina da sempre. Ovviamente, conosco quei film, americani o europei, che sono stati accostati al mio. Ho amato molto, per esempio, Una storia vera di David Lynch, che considero un grandissimo cineasta. Ma, proprio per questo, mi sono imposto di non provare nemmeno a imitare o citare quelli che ritengo bravi, anche perché ho tentato di trovare uno sguardo e un approccio personali”.
Di quali film parlerà stasera al Napoli Film Festival?
“Racconterò, innanzitutto, la mia passione trasversale per il cinema, ma anche per la musica. Ho scelto alcune sequenze di film che amo, come Toro scatenato di Scorsese, Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, 8 ½ di Fellini e Voglia di tenerezza di Brooks. Ma questi sono soltanto alcuni tra i tanti possibili, poiché avrei potuto sceglierne 500 invece che soltanto quattro o cinque. Anche nei confronti della musica sono onnivoro e trasversale: mi piace ascoltare di tutto, alla ricerca di nuove scoperte e possibili sorprese. Nella colonna sonora di This Must be the Place ho fatto confluire il totale amore verso un idolo della mia adolescenza, David Byrne, che con i suoi Talking Heads mi ha sempre affascinato per la capacità di abbinare elementi popolari e sperimentali in una vena innovativa ma facilmente fruibile. Per me è stato un vero onore poter lavorare con lui a un progetto comune”.
Non crede che il mix tra “alto” e “basso” e tra popolare e sperimentale sia una caratteristica anche del suo cinema?
“A me piace coniugare registri differenti, dal punto di vista stilistico e dei contenuti. Non voglio rivolgermi a una nicchia di pubblico, ma provo a essere popolare, naturalmente a modo mio, cioè senza utilizzare codici facili e mantenendomi coerente con me stesso. In tal senso, sono molto felice per gli ottimi risultati del primo giorno di programmazione”.
La presenza di un divo come Sean Penn, l’ambientazione statunitense e il contesto produttivo internazionale potrebbero essere sufficienti per puntare a una candidatura agli Oscar?
“Io ho fatto il film che volevo e il resto non m’interessa. Però, da questo punto di vista un distributore statunitense come Harvey Weinstein garantisce impegno e attenzione, anche perché ha mostrato una comprensione profonda del film e del mio sguardo sugli Stati Uniti”.
Da Napoli al successo internazionale: com’è, oggi che vive e lavora altrove, il rapporto con la sua città?
“La mia è soltanto un’assenza fisica, perché continuo a essere molto attento alle cose partenopee. E, soprattutto, continuo a sentirmi intimamente napoletano. D’altra parte, i ricordi e gli affetti sono tanti, essendo io cresciuto in città, avendovi iniziato a fare cinema e, fondamentalmente, avendola vissuta in profondità per 37 anni. Stavolta ci torno con ancora più gioia perché, a causa della lavorazione del film, manco da un bel po’ di tempo”.

sabato 15 ottobre 2011

A NAPOLI, PAOLO VIRZI' E I FILM DELLA SUA VITA

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 15 ottobre 2011)

L’amore per il cinema, declinato coerentemente con le proprie traiettorie artistiche ed esistenziali e secondo le inclinazioni e predilezioni di ciascuno, è al centro del format degli ultimi tre “Incontri ravvicinati” del Napoli Film Festival 2011, che da stasera a lunedì (sempre alle 20.45) vedono protagonisti nell’Auditorium di Castel Sant’Elmo i registi Paolo Virzì (oggi) e Paolo Sorrentino (domani), l’attore Filippo Timi e un interprete-romanziere come Giorgio Faletti (entrambi lunedì). Questi incontri, moderati da Antonio Monda, riprendono la fortunata formula della manifestazione “I film della mia vita”, organizzata per qualche anno dalla scuola di cinema Pigrecoemme e dalla Mediateca Santa Sofia del Comune di Napoli con ottimi riscontri.
Stasera, l’apertura è affidata a Paolo Virzì (nella foto), il regista livornese di Ovosodo e La prima cosa bella, erede della grande tradizione della commedia all’italiana più graffiante e calata nella società del proprio tempo. Però, in vista dell’appuntamento cinefilo di Castel Sant’Elmo, Virzì è destinato a sorprendere la platea napoletana con scelte inattese. “Ho risposto con entusiasmo all’invito di Antonio Monda - racconta il regista - indicandogli di getto una ventina di autori, più che semplici titoli, che istintivamente mi sono venuti in mente: da maestri del nostro cinema come Fellini, De Sica e Scola, a cineasti stranieri che amo molto come, per esempio, Scorsese. La mia passione per il cinema, infatti, è totalizzante e, per così dire, onnivora. E, dunque, anche la selezione fatta per il festival di Napoli segue questi criteri”.
Gli spezzoni che accompagneranno la chiacchierata tra Virzì e il pubblico hanno un obiettivo semplice ma ambizioso: “Quello di trasmettere l’amore che ho per questa forma d’arte. Vorrei, però, che emergesse anzitutto il mio approccio da spettatore e da cinefilo, senza troppi riferimenti al lavoro di regista o alla mia produzione cinematografica. Magari, poi, proverò a spiegare qualche meccanismo del funzionamento di un film attraverso alcune particolari sequenze. E, in questa ottica, come esempio di straordinaria recitazione cinematografica farò vedere una magnifica scena con due grandi attori come Vittorio Gassman e Philippe Noiret, tratta da La famiglia di Ettore Scola”.
A Napoli, Virzì viene sempre molto volentieri. Ma stavolta ha una curiosità in più da soddisfare: “Dall’esterno, mi è sembrato di percepire un clima nuovo che si respira in città, dopo l’elezione di De Magistris come sindaco. Dunque, ci tenevo a vedere con i miei occhi se questa impressione rispondesse a realtà. E, poi, non vedo l’ora di fare una passeggiata domenicale mattutina tra i colori, i rumori e gli odori dell’autunno partenopeo”. Della città, il regista livornese apprezza anche il cinema e alcuni suoi autori: “Proprio prima di partire per Napoli sono stato all’anteprima del nuovo film di Paolo Sorrentino, un regista che, a proposito di gusti e predilezioni, apprezzo davvero molto. D’altra parte, il suo This Must be the Place mi sembrava un titolo da non perdere”. La toccata e fuga partenopea serve anche per staccare per qualche ora dai suoi futuri progetti: “Anche se, in effetti, sto semplicemente almanaccando su alcune idee interessanti, alla ricerca di quella giusta da poter portare fino in fondo”.
Intanto, ieri mattina il protagonista di giornata delle lezioni “Parole di cinema”, cioè quel Gian Alfonso Pacinotti esordiente quest’anno in concorso a Venezia con L’ultimo terrestre dopo una carriera da star del fumetto col nome d’arte Gipi, ha svelato qualche dettaglio del suo nuovo progetto cinematografico: “Ho firmato il contratto per il mio secondo film da regista proprio due giorni fa. Sarà tratto da una sceneggiatura originale e non da un fumetto come il precedente. Quasi certamente lo girerò ancora in Toscana, nuovamente con Gabriele Spinelli come protagonista. In quanto alla mia carriera da autore di fumetti, invece, credo che sia finita, perché non ho più la giusta ispirazione”.

venerdì 14 ottobre 2011

PROIEZIONI, OSPITI E MOSTRE AL NAPOLI FILM FESTIVAL

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 13 ottobre 2011)

Tocca alla strana coppia formata da Maurizio Nichetti (nella foto) e Lino Banfi inaugurare oggi, nella cornice monumentale di Castel Sant’Elmo, al Vomero, la tredicesima edizione del Napoli Film Festival, l’ormai tradizionale rassegna cinematografica organizzata dall’associazione Napolicinema col supporto della Soprintendenza per il Polo museale. Infatti, il regista e attore di commedie visionarie come Volere volare apre in mattinata (alle 10) la sezione “Parole di cinema” rivolta agli studenti dell’Università Suor Orsola Benincasa, mentre il popolarissimo comico pugliese tanto amato dal pubblico televisivo per il ruolo di nonno Libero in Un medico in famiglia è protagonista alle 20.45 del primo “incontro ravvicinato” col pubblico dell’auditorium, al quale racconterà la sua inimitabile carriera stuzzicato dalle domande del giornalista Fabrizio Corallo. Domani, poi, sarà il turno di Gipi - il fumettista pisano Gian Alfonso Pacinotti, esordiente alla regia con L’ultimo terrestre - per le lezioni mattutine e di Alessandro Siani per gli incontri serali. E, nei giorni successivi, interverranno la documentarista Cecilia Mangini (il 15), Sergio Staino (17) e Vincenzo Terracciano (18) di mattina; e, moderati da Antonio Monda secondo la formula narrativa dei “film della vita”, Paolo Virzì (15), Paolo Sorrentino (16), Filippo Timi e Giorgio Faletti (entrambi il 17) in serata.
Detto degli ospiti, però, va evidenziato come il Napoli Film Festival 2011 proponga da oggi a martedì ben 103 film - tra corti, documentari e lungometraggi di finzione - proiettati nel corso di sei giornate piuttosto intense tra l’auditorium e le altre sale allestite all’interno del castello vomerese. Molto attesa è la retrospettiva di nove titoli di un maestro come il russo Andreij Tarkovskij, mentre saranno come al solito affollate le proiezioni delle diverse sezioni competitive di Schermo Napoli, dedicate alle sperimentazioni dei cineasti partenopei di domani e formate da 42 cortometraggi, 20 documentari e 17 corti scolastici. Altre sorprese squisitamente cinéphile, quindi, potrebbero arrivare dal concorso Europa Mediterraneo, che quest’anno propone sette film inediti in Italia, dalla commedia israeliana A cinque ore da Parigi all’erotismo dello sloveno Detto tra noi al divertimento puro del francese Dernier etage, gauche, gauche. “Abbiamo cercato alcune chicche delle cinematografie del Mediterraneo e dei Paesi dell’Est - sottolinea il direttore artistico Mario Violini - proprio per stimolare la curiosità degli spettatori, che magari potranno imbattersi in piccoli gioielli sconosciuti”.
Nel denso cartellone del Napoli Film Festival ci sono anche nomi già noti come il regista di Là-Bas, Guido Lombardi, presente col corto Vomero Travel; oppure Romano Montesarchio (col documentario Arapha, la ragazza dagli occhi bianchi), Gaetano Di Vaio (Il loro Natale), Giuseppe Gaudino e Isabella Sandri (Per questi stretti morire), Carlo Luglio (Radici). Ma nei vari concorsi sono presenti anche tanti esordienti o giovani filmaker, come per esempio il duo Alessandro De Vivo e Ivano Di Natale dell’interessante corto The Story of a Mother, la Carlotta Cerquetti del documentario Ageroland, l’Antonio Longo della video-inchiesta Una storia invisibile e di Midnight Bingo prodotti dalla scuola di cinema Pigrecoemme, il Francesco Cavaliere di (R)esistenza, la Francesca Bonfim Bandiera dell’originale Quantum, la gotica commedia partenopea. Completano il programma le proiezioni di alcune messe in scena teatrali del Museum di Renato Carpentieri, due convegni sui rifiuti (in collaborazione col Marano Spot Festival e con Legambiente Campania) e sullo scenario produttivo (moderato dal presidente della Film Commission Regione Campania, Valerio Caprara) e le mostre I volti del Napoli Film Festival di Francesco Esposito, Castello d’Irpinia - Set cinematografici tra natura e storia di Giuseppe Ottaiano, la collettiva FotoGrammi, Orbita Ellittica di Ferruccio Orioli e Wormhole - Buco di verme di Alessandro Cocchia.

mercoledì 12 ottobre 2011

ALESSANDRO PREZIOSI NOVELLO MONTECRISTO...

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 12 ottobre 2011)

Interpretare un personaggio liberamente ispirato a Edmond Dantès, il protagonista del celebre romanzo di Alexandre Dumas Il conte di Montecristo, è sempre un’esperienza piacevole per un attore come il napoletano Alessandro Preziosi, che con i classici ha una frequentazione regolare sui palcoscenici teatrali. Ed è stato proprio lo spessore del suo personaggio a fargli accettare di recitare nella fiction di Canale 5 Un amore e una vendetta, che da stasera per otto mercoledì fa rivivere le suggestioni del romanzo popolare ottocentesco, attualizzandole nella Trieste di oggi. Qui, il matrimonio di Laura (Anna Valle) e Marco (Lorenzo Flaherty) viene interrotto dal ritrovamento dei resti di una donna sulla spiaggia della villa di famiglia, nonostante Alberto (Ray Lovelock), il filantropo e ricchissimo armatore padre della sposa, abbia fatto di tutto per organizzare le nozze perfette. A questo punto, sbucato quasi dal nulla, entra in scena l’inquietante uomo d’affari interpretato da Alessandro Preziosi.
Come descriverebbe il suo personaggio, Preziosi?
“Interessante e misterioso. Insomma, il classico eroe da romanzo popolare. Si chiama Lorenzo Bermann e sembra arrivare dal nulla, mosso da una incrollabile sete di vendetta. Il suo bisogno di vendicarsi, però, è comprensibile, perché dodici anni prima tre suoi presunti amici gli hanno portato via tutto: i sogni, la donna che amava, il futuro. Lo scopo di Lorenzo, dunque, è scoprire chi sia tra loro il vero colpevole, anche se man mano che la trama si sviluppa capirà che forse le cose non sono andate come lui immaginava. La storia prende sempre più respiro, proprio come in un mélo: e lui, da uomo gelido col cuore privo di emozioni, cambia e torna sui suoi passi. Fino a riprendersi l’amore, l’amicizia, la vita: tutto ciò che aveva perduto in passato e che non ha intenzione di perdere ancora”.
In che modo si è posto nei confronti del classico letterario di Dumas?
“Il personaggio di Edmond Dantès lo conosco bene e, anzi, l’ho utilizzato come ispirazione anche ai tempi di Elisa di Rivombrosa. Comunque, nel caso di Un amore e una vendetta l’ispirazione è piuttosto libera, anche perché molti temi sono tipici di tutta la grande letteratura popolare. In ogni caso, pur essendo ovviamente imparagonabili tra loro il romanzo e la nostra fiction, sono molto soddisfatto del risultato e penso che il pubblico rimarrà affascinato dai grandi sentimenti e dall’umanità dei vari personaggi. Certo, se qualcuno dovesse scoprire Il conte di Montecristo dopo aver visto la nostra serie, sarei ancora più felice”.
Com’è stato, sul set, il rapporto con gli altri interpreti?
“Molto buono, anche perché siamo riusciti a creare un’atmosfera intima che ha contribuito al nostro affiatamento. Con Anna Valle si è creata un’ottima intesa, anche perché tutti e due eravamo molto coinvolti: per entrare meglio nei rispettivi personaggi, infatti, è stato decisivo il fatto che entrambi fossimo genitori. Però, mi sono trovato benissimo anche con Lorenzo Flaherty e Ray Lovelock”.
La lavorazione di questa fiction, comunque, non le ha fatto certo trascurare il teatro e il cinema. Quali sono i suoi impegni attuali?
“Proprio ieri sera, ho recitato un testo su San Filippo Neri a Saluzzo, in Piemonte. Però, nei prossimi mesi mi dedicherò a Cyrano de Bergerac, una grossa produzione teatrale con la quale sarò in tournée, anche a Napoli, dall’inizio dell’anno. E poi, sono curiosissimo di vedermi nel nuovo film di Pappi Corsicato, Il volto di un’altra, nel quale ho il ruolo di un chirurgo plastico che, assieme alla moglie interpretata da Laura Chiatti, si muove in uno scenario grottesco e amaro impregnato dell’ossessione contemporanea per l’immagine e la bellezza a tutti i costi”.

sabato 8 ottobre 2011

INIZIA GIOVEDI' IL NAPOLI FILM FESTIVAL 2011

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 8 ottobre 2011)

In un’ideale staffetta cinefila, Venezia a Napoli: il cinema esteso dà il cambio al Napoli Film Festival. Infatti, se ieri sera s’è conclusa la rassegna promossa dal Comune di Napoli e dalla Biennale di Venezia, con un bilancio estremamente positivo in termini di risposta del pubblico e di qualità dei film proposti, giovedì inizia la tredicesima edizione del festival organizzato dall’associazione Napolicinema col supporto della Soprintendenza per il Polo museale. Così, gli appassionati napoletani potranno godersi, fino a martedì 18, altre sei intense giornate di cinema, nella tradizionale sede vomerese di Castel Sant’Elmo.
Il Napoli Film Festival 2011, dunque, proporrà i consueti incontri ravvicinati serali con alcuni protagonisti del cinema italiano, le lezioni filmiche mattutine rivolte agli studenti dell’Università Suor Orsola Benincasa, una retrospettiva completa del grande cinema del maestro russo Andrej Tarkovskij, le proiezioni internazionali della sezione Europa Mediterraneo e i concorsi di Schermo Napoli, suddivisi nelle sezioni Corti, Documentari e Scuola. Due, inoltre, le iniziative collaterali: il concorso di fotografia cinéphile FotoGrammi e la mostra Wormhole - Buco di verme dell’artista napoletano Alessandro Cocchia.
I sei protagonisti italiani degli incontri ravvicinati saranno Lino Banfi (giovedì 13), Alessandro Siani (venerdì 14), Paolo Virzì (sabato 15), Paolo Sorrentino (domenica 16) e Filippo Timi con Giorgio Faletti (entrambi lunedì 17). Ciascuno di loro si racconterà al pubblico del festival, nel corso di una serie di faccia a faccia serali che, negli scorsi anni, sono sempre stati molto apprezzati dagli appassionati napoletani. Dopo gli incontri con Banfi e Siani, i successivi si svilupperanno secondo la formula dei “film della vita”, con ogni ospite che svelerà le proprie predilezioni cinefile oltre a soffermarsi sul suo lavoro. Altri cinque ospiti, poi, saranno al centro del ciclo di lezioni mattutine “Parole di cinema”: cinque incontri con gli studenti di storia del cinema del Suor Orsola, per capire “dall’interno” come nasce e si sviluppa un progetto filmico. Protagonisti delle varie lezioni, coordinate da Augusto Sainati, saranno Maurizio Nichetti (il 13), Gipi (14), Cecilia Mangini (15), Sergio Staino (17) e Vincenzo Terracciano (18).
Particolarmente attesa, infine, è la sezione competitiva Schermo Napoli, dedicata ai giovani filmaker attivi sulla scena partenopea e del resto della regione. In totale, si contenderanno i vari premi 42 cortometraggi e 20 documentari. Tra i registi presenti ci sono anche nomi già noti come il Guido Lombardi di Là-Bas, presente col corto Vomero Travel, oppure documentaristi come Romano Montesarchio (Arapha, la ragazza dagli occhi bianchi), Gaetano Di Vaio (Il loro Natale), Giuseppe Gaudino e Isabella Sandri (Per questi stretti morire), Carlo Luglio (Radici). Completa il denso programma la sezione di Schermo Napoli rivolta alle scuole, nella quale si vedranno 19 corti realizzati dagli studenti campani.

venerdì 7 ottobre 2011

FRANCESCO PATIERNO: UN DOCUMENTARIO SU FIORAVANTI

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 7 ottobre 2011)

La chiusura di Venezia a Napoli: il cinema esteso, la rassegna gratuita organizzata dal Comune di Napoli e dalla Biennale di Venezia, è affidata a una selezione di documentari all’Astra (dalle 20) e, soprattutto, a Francesco Patierno (qui sotto, in una foto sul set), il quarantasettenne regista napoletano del quale è appena uscito in libreria il bel documentario Giusva - La vera storia di Valerio Fioravanti, sulla controversa figura del terrorista nero dei Nuclei armati rivoluzionari condannato per la strage alla stazione di Bologna (edito da Sperling & Kupfer, cofanetto con dvd e libro di 120 pagine a 19 euro). Patierno presenta all’auditorium di Scampia, alle 19, il suo Cose dell’altro mondo, film che già ieri sera è stato proiettato con grande successo al cinema Pierrot di Ponticelli.Che valore hanno per lei, Patierno, queste proiezioni in periferia a Ponticelli e Scampia?
“Sono molto importanti. La cosa alla quale tengo di più, infatti, è comunicare col pubblico. E mi sembra che in questi contesti, spesso molto più giovani rispetto ai quartieri del centro, vi sia maggiore capacità e possibilità di attivare forme di comunicazione. Per questo, anche stasera a Scampia mi aspetto osservazioni geniali da parte dei tanti ragazzi che mi auguro di vedere in sala”.
Anche perché il suo film, che affronta un tema come il razzismo in maniera originalissima, si presta a essere interpretato dal pubblico.
“Con Cose dell’altro mondo mi sono posto una domanda paradossale: cosa succederebbe se una mattina, di punto in bianco, tutti gli extracomunitari svanissero dall’Italia? E, attraverso una commedia non convenzionale, ho provato a sviluppare questo spunto surreale nel contesto realistico della cittadina veneta dove interagiscono i protagonisti Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea e Valentina Lodovini. Tuttavia, poiché non amo indirizzare lo spettatore, ho pensato a un finale che lo lasciasse libero di risolvere a modo suo il paradosso di partenza”.
Come sono i risultati al box office?
“Sono particolarmente contento, perché pur essendo uscito a inizio settembre e di sabato invece che di venerdì e nonostante una contrazione complessiva degli incassi in sala pari al 40 per cento, finora abbiamo incassato più di un milione e mezzo di euro, con gradimento altissimo da parte degli spettatori. Tra l’altro, il film continua a girare per festival e, a fine ottobre, sarà in concorso a Tokyo, in quella che è la più importante rassegna asiatica”.
Da qualche giorno è in libreria il cofanetto col suo documentario su Fioravanti. Di che si tratta?
“E’ un progetto al quale tengo tantissimo e che cercavo di realizzare da anni. Per un periodo, ho anche provato a fare un film di finzione su Valerio Fioravanti, ma senza successo. Comunque, credo di aver affrontato questo pezzo di storia italiana in maniera equilibrata, senza edulcorare il passato ma cercando di inserire i personaggi nel contesto di estrema violenza degli anni Settanta italiani: un periodo di particolare ferocia che i ragazzini di oggi quasi non conoscono”.
In che modo ha strutturato il racconto?
“Sono partito dalla consapevolezza di come Valerio Fioravanti fosse il terrorista più noto d’Italia, grazie anche ai suoi trascorsi da attore bambino in un popolare sceneggiato Rai come La famiglia Benvenuti. Così, ho deciso di utilizzare proprio alcuni spezzoni di questa serie del 1969, inserendoli in un contesto che rimandasse a ciò che Fioravanti sarebbe diventato dieci anni dopo. E, addirittura, ho montato alcune sequenze contenenti i dialoghi di quel bambino bello e perfettino usandole come se la famiglia Benvenuti della tv fosse la vera famiglia di Fioravanti. Il libro allegato al dvd contiene un mio saggio e altri tre di Andrea Colombo, Nicola Rao e Luca Telese. Oltre all’uscita in libreria, il documentario sarà proiettato in alcuni festival e poi approderà in televisione: all’estero lo hanno già richiesto la Bbc e in Norvegia e Danimarca”.
I suoi film successivi al folgorante esordio Pater familias sono girati lontano da Napoli. Pensa mai di tornare a fare cinema nella sua città?
“Ci penso spesso e, anzi, sto concretamente lavorando per un mio prossimo ritorno a Napoli molto forte”.

IL FILM SULLA NASCITA DEL MITO DI STEVE JOBS

Steve il sognatore contro Bill il razionale. Da una parte l'eccentrico e anticonformista fondatore della Apple Computer, dall'altra il freddo e concreto padre della Microsoft. E' I pirati della Silicon Valley, film americano del 1999, che racconta, in forma romanzata, la rivalità tra Jobs e Gates, agli albori della Silicon Valley. Pensato per la tv americana, è diretto da Martyn Burke e vede Noah Wyle, il popolare dottor Carter di E.R., nei panni di Steve Jobs e Anthony Michael Hall in quelli di Bill Gates.
Il film, come più volte dichiarato dal regista, non ha mai aspirato a essere una biografia dei personaggi rappresentati. Ma, a detta di Steve Wozniak, uno dei protagonisti, i ritratti e gli eventi narrati sono abbastanza affidabili. Nel giorno della scomparsa di Jobs, però, il film torna prepotentemente alla ribalta grazie a un aneddoto accaduto al Macworld Expo nell'anno di uscita della pellicola, l'ormai lontano 1999.
A mettere in piedi la scenetta sono stati lo stesso Jobs e Noah While, l'attore che lo interpretava sul set. A presentarsi sul palco per presentare le novità Apple fu proprio quest'ultimo. Solo in un secondo momento saltò fuori dalle quinte il vero Jobs, tra applausi e ilarità del pubblico. "E' un me migliore di me", commentò allora il fondatore di Apple, per nulla infastidito dalla sua rappresentazione cinematografica. "Arrabbiato io? - ha risposto allora alla provocazione dell'attore - E' solo un film. Ma se proprio vuoi mettere a posto le cose potresti farmi avere una piccola parte in E.R.".
La pellicola e' tratta dal libro Fire in the Valley, di Paul Freiberger e Michael Swaine. A narrare la storia sono i "numeri due" dei due colossi dell'informatica: Steve Wozniak, co-fondatore di Apple e Steve Ballmer, suo omologo sul fronte Microsoft.
In un arco di tempo compreso tra il 1976 e il 1984 viene descritta, anche se con diverse "libertà", la nascita del "mito" Apple, dai primi esperimenti nel garage di Jobs al successo dei computer della mela. Sull'altro fronte Gates riesce a convincere Ibm a istallare il suo sistema operativo, l'Ms-Dos, nei personal computer, macchine che "Big Blue" aveva creato quasi per caso senza pensare potessero avere un futuro.
Fonte: Ansa.